Manageritalia Executive Professional (Lombardia): Daniele Ferrari

Ci sono spazi per un executive professional nel mercato del lavoro? Cosa fare per ampliare le opportunità di crescita del territorio? Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro? Le risposte a queste e altre domande ai responsabili regionali della nuova associazione di Manageritalia, nata a giugno dello scorso anno, che rappresenta figure chiave per la crescita e lo sviluppo del nostro tessuto economico, imprenditoriale e manageriale. A tu per tu con Daniele Ferrari, responsabile regionale Lombardia e vicepresidente nazionale Manageritalia Executive Professional

Cosa pensa della recente costituzione di Manageritalia Executive Professional e, in particolare, delle sfide e delle opportunità che le si presentano sul vostro territorio?
«Un percorso lungo, ma grazie a molti colleghi che hanno dedicato tempo e passione l’associazione potrà finalmente permettere una rappresentanza a livello istituzionale e lavorare con specifica attenzione verso gli EP, identificando proposte di servizi e/o prodotti che considerino con attenzione tale categoria specifica e le relative problematiche».

Quali sono le tipologie di executive professional oggi più presenti localmente?
«Esperti di alta managerialità, consulenti, liberi professionisti, ex dirigenti o meno, che fanno della ricerca di attività e delle relazioni costanti nel mercato il loro business quotidiano».

Qual è lo stato dell’arte di presenza e cultura manageriale nelle aziende del vostro territorio?
«Il territorio lombardo è decisamente ampio e frastagliato in termini di presenza e cultura, amplificato inoltre da differenze dettate dalla dimensione e dalle tipologie delle aziende, dal territorio e dalla tipologia del management o della proprietà delle singole realtà. Insomma, di tutto e di più».

Ci sono spazi per un executive professional che operi a supporto di proprietà e/o management aziendale e, in particolare oggi, in quali ambiti?
«Proprio in merito alla condizione di cui sopra, sicuramente sì. La difficoltà è spesso l’incontro tra domanda e offerta, non semplice se non si ha una rete di relazioni molto allargata e, anche in quel caso, non sempre è sufficiente. Non c’è ancora un’ampia apertura mentale in merito ad alcune formule differenti di collaborazioni in formula elastica, come già avviene in altre realtà europee, ma sicuramente crescerà nel tempo anche per le esigenze di rapidità di adattamento richieste dal mercato».

Lei come executive professional in che ambito opera?
«In due realtà totalmente differenti, la prima nell’ambito della consulenza specializzata nel settore della ristorazione e dei servizi ad esso connessi. La seconda nel settore religioso, attraverso una società dedicata all’ottimizzazione degli acquisti».

Qual è una delle sue esperienze professionali più vincenti per lei e i suoi clienti che ha vissuto e/o sta vivendo attualmente?
«Ogni operazione è una storia a sé. La startup avviata per la diocesi di Milano, dove il tutto è iniziato con un’idea, poi diventata uno studio di fattibilità, poi diventata una società con l’opportunità di ricoprire il ruolo di amministratore unico, è stato già di per sé un successo, ma al tempo stesso una grande sfida, estremamente stimolante, che però necessita ancora di tempo per essere definita vincente.
Nel settore della ristorazione sono state diverse le operazioni soddisfacenti per entrambe le parti, sia nel caso della creazione di nuovi format sia per la riorganizzazione di una società, oppure operazioni di estrema complessità come Expo».

Cosa fare per ampliare l’incontro tra gli executive professional e il tessuto imprenditoriale, compresa tutta la business community, e aumentare quindi le opportunità di crescita del territorio?
«È forse il punto più complesso e stimolante. L’associazione non deve essere o divenire un ufficio di collocamento, ma assumersi la responsabilità di creare nuove formule e/o meccanismi di relazione e/o ricerca, promuovendoli presso i propri iscritti ma anche all’interno del mercato e delle società di riferimento.
Il tutto usando anche il canale delle associazioni connesse al mondo Manageritalia, dove operano altri iscritti, mantenendo il pieno rispetto dei ruoli e delle tipologie specifiche contrattuali in essere».

Qual è stata la molla che l’ha fatta entrare in Manageritalia come executive professional?

«In realtà la mia iscrizione risale al 2003, quando ero dirigente presso una multinazionale nel mondo della ristorazione, posizione poi modificata per il passaggio al ruolo di AD in altre società e, parallelamente, l’apertura della partita Iva per perseguire l’attività di consulente, ruoli e attività ricoperti ancora ad oggi.
Considerando Manageritalia un’associazione solida e ben strutturata, sia per il ventaglio di servizi offerti sia per le relazioni a livello nazionale, ho da sempre mantenuto l’iscrizione.
In seguito, l’opportunità di certificazione come EEP ottenuta nel 2017 e il processo di nascita di MEP mi hanno sempre più convinto della mia iscrizione».

Cosa si aspetta per il futuro?
«Un executive credo non sia portato ad “aspettare” il futuro ma a “cavalcarlo”. Fatta questa premessa, credo che la nuova associazione possa concretamente diventare il referente principale per una serie di figure professionali di altro profilo ad oggi non adeguatamente considerate nel mercato, mercato che però ogni giorno aumenta la richiesta di queste figure e secondo me continuerà a crescere».

Perché un executive professional dovrebbe iscriversi a Manageritalia Executive Professional?
«Proprio perché è un’associazione nata con una finalità specifica rivolta agli executive professional. È l’associazione che mancava!».

Ma quindi associandosi si entra in una community che può contare su un presidio territoriale attraverso lei e la sede di Manageritalia locale, fruendo di servizi, networking ecc. che si ampliano, on e offline, a livello nazionale e internazionale?
«Questi sono alcuni dei presupposti e delle offerte incluse “nel pacchetto”, che però devono essere ampliati concretamente con altre proposte , per esempio il welfare (sanità, previdenza, assistenza), dove è evidente una lacuna del mercato per la categoria degli executive professional, costretti ad arrangiarsi da soli. Abbiamo tanta strada e cose da fare, cominciamo a “cavalcare” anche queste!».

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