Occupazione: per crescere gli incentivi non bastano

L’aumento della disoccupazione e il calo dell’occupazione a febbraio, che emergono dai dati Istat di oggi, ribadiscono che gli incentivi non risolvono. Serve una strategia economica, abbattere evasione e spesa pubblica improduttiva e agire per far ripartire l’economia, la capacità del sistema Italia e delle aziende di competere e crescere

Il Job Acts è stato un utile tassello per ammodernare il mondo del lavoro, anche se si doveva fare meglio e di più. L’economia non può riprendere a correre per legge o decreto. Serve fare di più qui e in altri campi, per esempio agendo su domanda e offerta, su evasione e spesa improduttiva. Serve un disegno strategico per costruire un ecosistema in grado di favorire la crescita dei business e delle aziende sane e con un futuro in settori ad alto valore aggiunto. Certo dobbiamo digitalizzare l’Italia e l’economia Italiana, tagliare burocrazia, fisco e tanto altro ancora, ma non basta. Il sistema economico deve premiare il merito e la concorrenza e tutti devono fare la loro parte, senza impropri interventi della politica e addirittura di ministri. Dobbiamo poi avere più managerialità e sinergia tra le cosiddette parti sociali a fronte di un mondo del lavoro e un’economia globale che non fanno prigionieri. E qui siamo fermi o quasi.

Occorre rilanciare la domanda, riducendo le tasse e recuperando gettito col taglio della spesa pubblica improduttiva e dell’evasione. Ma anche qui nulla di fatto. Anzi, è di ieri la notizia che nel 2014 in Italia solo il 4% dei contribuenti ha dichiarato più di 50mila euro lordi annui. Un chiaro segno di un’evasione imperante. Come indirettamente conferma una nostra recentissima analisi sui dati della Commissione Europea sull’imposizione fiscale in Italia e Francia. Infatti, emerge con forza come in Italia le aliquote per scaglioni di reddito siano ben più alte. L’aliquota massima, quasi uguale (43% da noi e 45% da loro), parte da noi sopra i 70mila euro e da loro, oltre il doppio, sopra i 152mila euro. Anche i pensionati, a parità di reddito dichiarato, pagano da noi quasi il doppio di tasse. Questo non è in larga parte spiegabile se non con un’evasione da noi esorbitante. Per non parlare della spesa pubblica e della sua iniquità e improduttività.

Insomma, dobbiamo smetterla di evadere i problemi. Serve una vera strategia economica e un vera lotta a evasione e sprechi. Senza questo non ci sono incentivi che tengano, se non quelli improduttivi concessi impropriamente a chi evade ed è improduttivo a discapito di chi rispetta la legge e crede nel merito e nella concorrenza come fattore di sviluppo.

Dallo studio di Manageritalia sui dati della Commissione Europea su fisco e redditi nel 2014 nei paesi europei, emerge che la soglia di reddito esente risulta pari in Francia a 9.690 euro, contro gli 8 mila euro dell’Italia (7.500 per i pensionati). L’impôt sur le revenu – la nostra Irpef – ha in Francia un’aliquota minima del 14% (che si applica allo scaglione di reddito fino a 26.764€) e una massima del 45% (che si applica oltre i 152 mila euro). In Italia l’aliquota minima è del 23% (fino a 15 mila euro) e quella massima del 43% (oltre i 75 mila euro). Ovviamente, in entrambi i paesi sono previste detrazioni per i carichi di famiglia, nonché deduzioni per varie categorie di spese.

Per quanto riguarda i redditi da pensione, l’aliquota media d’imposta raggiunge in Italia un valore circa dieci punti superiore a quello della Francia. Nel nostro Paese, infatti, in assenza di detrazioni e deduzioni, un contribuente:

  • con una pensione lorda di 20mila euro paga 3.702 euro di Irpef (1.443 euro in Francia);
  • con una pensione di 40 mila euro paga 11.049 euro (6.361 euro in Francia);
  • con una pensione di 60 mila euro paga 19.270 euro (12.361 euro in Francia);
  • con una pensione di 80 mila euro paga 27.570 euro (19.268 euro in Francia);
  • con una pensione di 100 mila euro paga 36.170 euro (27.468 euro in Francia).        

Il divario tra i due paesi risulta ancora più consistente se si considerano i familiari a carico, tenuto conto che in Italia l’importo delle detrazioni è davvero trascurabile, mentre in Francia è molto consistente (grazie allo splitting realizzato con le scale di equivalenza).

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