Pensioni a confronto: in tv il panino dell’ipocrisia

Ancora una volta ha prevalso l’ipocrisia. E noi ci siamo ricascati. Un nostro collega, Franco Buttara, si è prestato a essere intervistato sul tema delle pensioni per la trasmissione Di Martedì, ieri sera su La7.

Franco è una persona disponibile che ha accettato il rischio di esporsi nel tribunale televisivo per “giustificare” la sua pensione di più di 3mila euro lorde al mese.

Franco ha iniziato a prendere la pensione di vecchiaia a 65 anni, dopo oltre 40 anni di contributi di cui 30 da dirigente.

Un campione di contribuzione e fiscalità che, se vivessimo in un paese meno ipocrita, dovremmo ringraziare. Non possiamo non riconoscere, infatti, che chi ha avuto un percorso professionale brillante come lui è probabile si sia meritato retribuzioni più elevate della media (se mettiamo in discussione questo, generalizzando, addio meritocrazia!) e, di conseguenza, riceva una prestazione pensionistica correlata.

Parlando degli argomenti da presentare nell’intervista avevamo pensato di sottolineare alcune cose importanti. Mettendoci la faccia, Franco avrebbe voluto spiegare che nella sua vita lavorativa ha versato circa 1,5 milioni di euro (attualizzati) di contributi, e che (pur sperando di vivere più a lungo) se andasse in pace all’età di 80,2 anni secondo l’aspettativa di vita l’Inps gli dovrebbe riconoscere “solo” 1 milione di pensione.

Avrebbe evidenziato che lui, con la pensione, continua a sostenere il sistema previdenziale tramite l’Irpef.

È noto a pochi, infatti, che dei 240 miliardi che spendiamo ogni anno per circa 17 milioni di pensionati, 138 miliardi sono sostenuti da contributi previdenziali dei lavoratori e 102 miliardi dalla fiscalità generale ovvero da persone come Franco stesso.

Avrebbe ricordato che al momento del calcolo la sua pensione ha subito una decurtazione, visto che il metodo retributivo prevede aliquote decrescenti in proporzione al reddito. Avrebbe fatto notare che la sua pensione è pari a meno del 60% della sua ultima retribuzione e non raggiunge l’80% come accade – giustamente per principi solidaristici – a chi ha guadagnato meno di lui.

Avrebbe sostenuto che i bilanci dell’Inps sono in rosso anche a causa di certe pensioni di anzianità e per gli assurdi privilegi di poche centinaia di veri pensionati d’oro.


Nei 30 secondi che sono stati mandati in onda, invece, presentato come il signor Angelo (?) il pubblico lo ha potuto solamente ascoltare mentre affermava di avere una pensione sopra ai 3mila lordi mensili e che “La stortura sta in chi ha permesso, a suo tempo, che vi fossero pensioni di anzianità di questo tipo. Non si può penalizzare chi poi le ha ricevute. Lo ritengo, sicuramente un’ingiustizia”.

Un’affermazione estrapolata da un discorso più ampio e complesso e, soprattutto, una testimonianza inserita con la tecnica del panino tra le dichiarazioni di Enzo di Fusco, della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che avallano le proposte di ricalcolo formulate dal presidente dell’Inps Tito Boeri. (vedi estratto della trasmissione, a questo link, da 1h28’50’’)



Sommando questo indigesto panino con il resto del pasto televisivo servito da Giovanni Floris è facile immaginare che alla fine il pubblico abbia digerito un messaggio demagogico, basato sull’ipocrisia del confrontare l’ammontare delle pensioni senza approfondire i meccanismi che le hanno generate; senza ricordare che di solito dietro a stipendi e pensioni elevati ci sono sacrifici e merito; senza capire che l’ingiustizia si nasconde dietro alle furbizie.

Ringrazio pubblicamente Franco per essersi prestato a questo spettacolo e per confermare a lui, ma anche agli altri nella sua condizione, che la ragione è dalla loro parte. La nostra organizzazione, con l’aiuto e il sostegno di chi crede nel merito e nella giustizia, farà prevalere questa ragione. Sarà probabilmente necessario evitare l’ipocrisia populista di questo giornalismo “di pancia”, che non fa informazione ma cucina demagogia. Troveremo altre strade.

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