Condividere spazi della casa con altre persone: il futuro dell’abitare è il cohousing?

Si stanno diffondendo soluzioni abitative che comportano la condivisione di una parte più o meno ampia degli spazi

In Italia si stanno diffondendo – seppur lentamente – solo ora mentre nei paesi del Nord Europa sono un fenomeno consolidato. Parliamo dei progetti di cohousing, vale a dire le soluzioni abitative che comportano la condivisione di una parte più o meno ampia degli spazi. Di fatto ne esistono varie forme: si va dalla condivisione di alcune aree (per esempio la lavanderia, la palestra o la sala hobby) a quella della quasi totalità degli ambienti, compresa la cucina e la sala da pranzo.

Nel nostro paese le esperienze di cohousing hanno preso piede soprattutto nelle regioni del Centro-Nord e, in particolare, dentro e intorno alle città. Il motivo della concentrazione nelle zone urbane è duplice:

  • da una parte c’è un tema economico: lo sharing permette di abbattere i costi di acquisto e/o di mantenimento dell’abitazione. E nelle città i prezzi delle case sono in media più elevati.
  • dall’altra parte c’è un aspetto emotivo. Nei contesti metropolitani ci si sente più facilmente soli, isolati e la coabitazione permette di condividere, oltre agli spazi, le esperienze, le emozioni, i problemi.
    Molto interessanti sono, da questo punto di vista, gli esperimenti di cohousing intergenerazionale (case in cui giovani e anziani vivono sotto lo stesso tetto, si aiutano e supportano con reciproco vantaggio) e quelli che associano la residenza condivisa e collaborativa ad attività imprenditoriali, commerciali e/o culturali.

È il caso, per esempio, del Kalkbreite di Zurigo, descritto nel testo di Stefano Guidarini “New Urban Housing L’abitare condiviso in Europa” (Skira, p. 176, 25 euro). L’edificio – gestito da una cooperativa imprenditoriale non-profit a proprietà indivisa – ospita, oltre alle abitazioni permanenti e temporanee, case-atelier per artisti, bed&breakfast, un asilo nido, uffici e studi professionali dall’uso flessibile, negozi e perfino un’Alternative Bank. “Il principio decisionale e di funzionamento – scrive Guidarini – è quello della gestione partecipata, affidata a un consiglio direttivo eletto dai membri della cooperativa, che si avvale di uno staff di persone che lavora a tempo pieno alla gestione quotidiana dell’attività”. Altro che le nostre riunioni di condominio in cui non si trova un accordo neppure sulla ritinteggiatura dell’atrio…

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca