Gift shop: un business per i musei

Oggi nei bookshop dei musei si può acquistare (quasi) di tutto

Exit through the gift shop. E magari fermatevi e comperate. Sì, perché oggi nei bookshop dei musei si può acquistare (quasi) di tutto. Così, per esempio nello store del Victoria & Albert Museum di Londra si possono trovare accessori per la casa (piatti, bicchieri, cuscini, attaccapanni, vasi) e per il giardino, mentre nel negozio della Galleria dell’Accademia di Firenze si può comperare il David di Donatello in versione saponetta. Al bookshop del Rijksmuseum di Amsterdam sono andati ancora oltre e propongono una serie di marmellate ispirate alle nature morte esposte nel museo.

Insomma, un business potenzialmente profittevole per i musei, che va a sommarsi a quello dei così detti servizi aggiuntivi (audioguide, caffetteria, ristoranti, visite guidate). E una tentazione a cui i visitatori spesso non resistono. Di solito quello nei bookshop è, infatti, un acquisto di impulso, favorito da tre elementi:

  1. l’effetto souvenir. Si compera spinti dal desiderio di avere qualcosa che resti, ricordi l’esperienza della visita. Oppure di fare sapere agli altri che si è stati in quel museo;
  2. il prezzo. Molti prodotti sono poco più che gadget e hanno un prezzo limitato. Il sapone con l’effigie del David di Donatello costa 4,50 euro mentre la marmellata si ferma poco sotto la soglia dei 5 euro. Certo, non mancano pezzi ben più costosi – al Moma di New York si trovano i gioielli hand-made della designer giapponese Mariko Kusumoto a 500 dollari – ma si tratta di eccezioni;
  3. l’esposizione. In molti casi il visual merchandising è curato tanto quanto nei concept store di tendenza. È quasi impossibile non essere attratti da una tazza, una t-shirt o un foulard. E da lì alla cassa il passo è breve.
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