In modo irritante, la cultura italiana spesso associa al successo la perdita della propria dimensione umana. Il successo economico e lavorativo è vissuto come una colpa, in qualche modo da espiare pagandola con risultati mediocri in altri aspetti della propria vita personale. Questo sembra essere il filo principale anche del film “The Startup”, da aprile al cinema. Il film del regista Alessandro D’Alatri racconta la storia di un sogno, quella del 19enne romano Matteo Achilli che inventa un social network che mette in collegamento domanda e offerta di lavoro. Il grande sogno di qualunque “nativo digitale” cresciuto con il mito di Facebook: creare la killer application che lo renderà milionario nel giro di breve tempo.

La svolta, per il giovane Matteo, arriva davvero e lo scaraventa dalla periferia romana fino al centro di Milano, nel cuore economico dove ci sono le persone che contano e che soprattutto fanno girare un sacco di soldi. Fama, interviste, copertine di giornali proiettano Matteo nella realizzazione di un “italian dream” che però, essendo italiano, ha anche i suoi lati negativi: l’allontanamento dai suoi affetti, dagli amici e dalla famiglia. Che cosa sceglierà Matteo di fronte a questa “scelta di Sophie” in chiave digitale?

Tratto da una storia vera, quella di Matteo Arpini, richiama quella di Facebook e del suo fondatore Marc Zuckerberg. Anche il giovane romano, studente universitario in partenza per la Bocconi, inventa un social network con l’aiuto di un suo amico programmatore. Il film, a tratti didascalico ma comunque solido, ha già suscitato in Rete parecchie polemiche che accusano il film di essere solo un grande spot pubblicitario a sostegno del vero Matteo Achilli, l’imprenditore al quale la storia è ispirata.

Al di là delle polemiche, questo esercizio di ambientare in Italia una storia di successo che richiama i vari Facebook e Twitter è comunque interessante e merita di essere visto.