Cosa vuol dire oggi essere country manager di un’azienda estera della logistica in Italia?
«Vuol dire essere sempre e comunque vicini al territorio e quindi dare una connotazione “locale” a una multinazionale, in particolare se parliamo del nostro Paese, la cui economia si basa su pmi che hanno sempre più necessità di essere competitive, di internazionalizzarsi e di essere al passo con i tempi».
Quali i must da mettere in campo?
«Innovazione, digitalizzazione, comunicazione. Sono obblighi per tutte le aziende per restare competitive, offrire servizi e prodotti innovativi e proporre soluzioni che sfruttino il mondo digitale e le indubbie possibilità che i mercati, soprattutto quelli emergenti, possono offrire».
Come un country manager può dare contributo e valore all’azienda?
«Attrarre talenti, puntare sulle risorse umane e combinarle con i mercati e l’innovazione in modo da creare eccellenze. Essere ciò che si dice un role model, comunicando con efficacia, puntualità e trasparenza quelle che sono le strategie e le iniziative che riguardano l’azienda, spiegandone i motivi e gli obiettivi».
Lei è da sempre nella logistica, ha gestito terra, aria, mare e oggi gestisce la logistica integrata a livello globale. Un’esperienza che consiglierebbe?
«Fare esperienze diverse nella logistica accresce conoscenze e capacità e permettere di confrontarsi con modelli di business. E poi è molto importante fare delle esperienze all’estero. Si ha così la possibilità di conoscere le realtà logistiche di altri paesi, arricchendo il proprio bagaglio personale e professionale e mettere a frutto l’esperienza al servizio dei clienti».
Lei ha gestito integrazioni tra aziende e oggi lavora con il colosso Deutsche Post. Cosa c’è di vincente e istruttivo in questa esperienza?
«La considero la migliore esperienza della mia carriera, anche se integrare due aziende, con culture, modelli e processi diversi, non è stato un esercizio facile. Ci vuole molta programmazione e l’elemento chiave rimane il fattore umano. Il successo o insuccesso di un’integrazione, così come un progetto in generale, dipende moltissimo dall’accettazione, che si ottiene solo con un lavoro paziente di comunicazione efficace, costante e continua».
Cosa fare per crescere professionalmente nella logistica?
«Come dicevo prima, è importante fare un’esperienza all’estero. Un’altra cosa che dico sempre, soprattutto ai giovani, bisogna essere curiosi, cercare notizie, essere pronti al cambiamento, soprattutto aperti al cambiamento, uscire dalla propria confort zone e fare esperienze in diverse funzioni aziendali. In aziende che hanno la possibilità, come la Deutsche Post, di guardare alla logistica a 360 gradi. Fare esperienze in diversi settori legati a questo mondo è una possibilità di crescita notevole».
Come è cambiato negli anni questo settore?
«È cambiato moltissimo via via che innovazione tecnologica, nuovi servizi e nuove possibilità di offrire servizi combinati hanno modificato il nostro modo di operare. La quantità di informazioni che oggi gestiamo rispetto al passato è enorme, la necessità di ricevere aggiornamenti e informazioni sull’attività logistica è immediata, così come la risposta da dare ai clienti e al proprio network: immediata, costante e continua».
La logistica oggi è una commodity o fa la differenza?
«Da molti viene percepita come una commodity perché a volte ci si concentra maggiormente sul prezzo. Il valore della logistica è invece spesso molto importante per un’azienda che deve distribuire i propri prodotti sul territorio e all’estero. Trattarla quindi come una commodity è un errore, può portare a dei vantaggi immediati ma si possono nascondere insidie che possono portare inefficienze molto più costose e dannose».
Come sta impattando invece la tecnologia?
«I droni in un futuro potranno modificare la modalità con cui vengono svolte alcune attività, così come automezzi self drive. Dobbiamo anche pensare però all’utilizzo di mezzi elettrici che hanno meno impatto ambientale. A questi si aggiungono le migliorie tecnologiche e digitali con cui vengono gestite le attività logistiche, sistemi informatici che dialogano in tempo reale, la possibilità di collegare gli attori della catena logistica tra di loro e con clienti e fornitori».
Managerialmente parlando, Bari e la sua regione come sono messi, che ambiente professionale c’è?
«Ho iniziato la mia carriera nella logistica a Bari, ma 10 anni fa mi sono trasferito a Milano in Dhl Global Forwarding. In Puglia ci sono eccellenze manageriali e aziende con grandi potenzialità, purtroppo se parliamo di logistica la carenza di infrastrutture resta un problema. Credo ci voglia la partecipazione di tutti per rilanciare la regione dotandola di infrastrutture adeguate e manager preparati per supportare la crescita delle aziende locali».
Lei è associato a Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata pur risiedendo a Milano: che rapporto e quali vantaggi ha?
«Sono ancora iscritto a questa associazione per questioni affettive. Apprezzo molto l’assistenza che mi viene fornita, così come la puntualità e la precisione nelle risposte in caso di necessità».