Uno di noi: Luciano Mirarchi

Luciano Mirarchi è il general manager di Principe, azienda specializzata nella distribuzione di accessori per serramenti. Associato a Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata, Luciano è uno dei pochi dirigenti del terziario in servizio sul territorio calabrese

Cosa vuol dire oggi essere general manager in un’azienda b2b?
«Vuol dire tante cose. Tutto parte dalla vendita, quindi bisogna innanzitutto avere una buona conoscenza dei meccanismi che scuotono l’interesse del cliente verso il fornitore. Questo porta a dover riadattare continuamente i processi e le strategie. Insomma, il cambiamento è la costante. A monte però c’è una visione, che sta lì da anni a fornirci stimoli e suggerimenti».

Quali i must da mettere in campo, indipendentemente da azienda e settore?
«La capacità di coordinamento è una delle qualità fondamentali. Poi c’è il rapporto umano con i clienti, i fornitori e i collaboratori. E il coraggio, che serve per fare scelte difficili e improcrastinabili. Le capacità si possono acquisire nel tempo, l’empatia devi averla già dentro, il coraggio viene fuori dalla consapevolezza».

Come un manager può dare contributo e valore all’azienda?
«Portando in azienda qualcosa di sé. Io sono figlio del secolo scorso… Il mio background culturale vibra di riferimenti novecenteschi. La mia estrazione sociale mi ha aiutato a comprendere meglio alcuni fenomeni che si ripropongono anche nella vita aziendale. Credo di essere uno dei pochi manager attivi che non ha conseguito una laurea, e anche questo, probabilmente, mi ha tenuto al riparo dalla deriva tecnicista che governa l’economia di oggi».

L’emergenza Covid come ha inciso sul vostro business?
«Pesantemente. Ma meno del previsto. Durante il lockdown di marzo e aprile abbiamo avuto tanta paura, incerti se alla riapertura avremmo ritrovato il nostro mercato o solo i cocci di un ricordo. Ci siamo subito attrezzati a gestire un’emergenza all’insegna dell’austerity. Poi abbiamo capito che il mercato c’è ancora e, tutto sommato, meno malconcio del previsto».

E sul suo lavoro?
«Abbiamo una peculiarità che tutti ci riconoscono: curare molto l’aggiornamento e la formazione dei clienti. La nostra azienda è sempre stata una “casa”, aperta quasi settimanalmente a eventi con clienti e operatori di settore che non vediamo l’ora di poter riprendere. Durante il lockdown abbiamo utilizzato molto il webinar come strumento d’emergenza, ma il contatto umano è tutta un’altra cosa». 

Quali altre esperienze ha avuto e come l’hanno fatta crescere portando valore a quello che fa oggi?
«Ai miei tempi, con il diploma di ragioniere finivi spesso a fare pratica in uno studio commerciale, ma chiudere un bilancio non mi ha mai appassionato più di tanto. Ho avuto la possibilità di “specializzarmi” su un software di gestione di magazzino che ho utilizzato per alcuni anni nel campo della distribuzione alimentare. Poi il salto “imprenditoriale”: ho gestito per due anni un’edicola. Alla fine la pregressa esperienza lavorativa mi ha portato a incontrare Luciano Principe… Non mi poteva succedere di meglio! Quasi tutte le esperienze mi hanno lasciato qualcosa di buono e tutte qualcosa di utile. Oggi ho 54 anni e da 22 lavoro in questa bellissima azienda che conserva in seno qualcosa di me e che sarà la mia ultima Thule».

Cosa fare per crescere professionalmente?
«Formazione, formazione e ancora formazione. Ma attenzione, questo termine non va circoscritto al solo ambito professionale. Ho frequentato corsi per il lavoro che mi hanno aiutato nella vita, e anche corsi di letteratura che mi hanno aiutato sul lavoro. Devo molto ai corsi  del Cfmt, di cui sono un assiduo frequentatore».

Lei è da sempre nel b2b, quali punti di forza di business e manageriali ha colto qua e là?
«I nostri clienti sono quasi tutti artigiani che costruiscono serramenti. Alcune aziende sono già alla terza generazione, quella che la vulgata vorrebbe sciupona ed epigona di una storia iniziata dai nonni. Io invece vedo tanti giovani volenterosi, depositari di competenze preziose, decisi ad andare avanti tra mille difficoltà. Quando penso al futuro del nostro settore questo aspetto mi conforta parecchio».

Dal punto di vista manageriale, a Catanzaro e in Calabria, dove lei lavora, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo?
«I lettori calabresi di questa intervista mi tireranno delle pietre, ma ho l’età giusta per schivare le banalità di circostanza. La mia è una terra infausta per tanti aspetti e l’ambiente manageriale di un’economia molto approssimativa non fa eccezione. L’eco dell’impiego statale garantito è ormai spenta e se non hai la fortuna di lavorare in un’azienda privata seria, resta solo il treno per il Nord o l’aereo per l’estero. Non vedo svolte decisive all’orizzonte».

Com’è fare networking con vantaggi per sé e l’azienda, magari anche divertendosi?
«Domanda insidiosa. Se vuol dire costruirsi un brand personale e tessere relazioni “di plastica” a destra e a manca non fa per me. Non lo trovo neanche divertente. Il mio brand è la mia azienda, che tiene attivi tutti i canali disponibili e fa rete con tanti colleghi in tre dei grandi gruppi nazionali (Azzurro Group, Dialfer e Alsistem) più importanti del settore».

Lei è associato a Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata: che rapporto e quali vantaggi ha?
«In quel poco che ne usufruisco trovo molta disponibilità ed efficienza. Mi piacerebbe essere più partecipe agli appuntamenti associativi, specie quelli congressuali, ma ogni volta c’è qualche impegno che me lo impedisce. Più avanti… chissà». 

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