Steve Jobs, il geniale fondatore di Apple – la prima società al mondo a raggiungere il valore di mercato di un trilione di dollari – a 30 anni fu licenziato in maniera clamorosa e pubblica dall’azienda che aveva fondato quando ne aveva 21 portandola al successo e alla quotazione in Borsa. Il licenziamento avvenne a seguito di un aspro contrasto con l’allora amministratore delegato, John Sculley, che lui aveva assunto qualche anno prima soffiandolo alla Pepsi-Cola.
Il confronto, scatenato dai pessimi risultati dell’ultimo personal computer ideato dal team di Jobs, che avevano messo la Apple in difficoltà, vide il consiglio di amministrazione schierarsi con Sculley, revocando a Steve ogni tipo di potere, senza troppi complimenti (la società era quotata in Borsa e il CdA aveva facoltà di farlo).
Ecco come Jobs descrive la situazione e le sue emozioni iniziali: “[…] a 30 anni io ero fuori. E in maniera plateale. Quello che era stato il principale scopo della mia vita adulta era perso e io ero devastato.
Per alcuni mesi non ho saputo davvero cosa fare. […] Era stato un fallimento pubblico e io presi anche in considerazione l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley”. Poi, però, si fa strada in lui la consapevolezza di non avere alcun desiderio di accantonare le proprie idee e i propri progetti: “[…] ancora amavo quello che avevo fatto. L’evolvere degli eventi con Apple non aveva cambiato di un bit questa cosa”.
Dopo qualche mese di amare riflessioni sull’accaduto, arriva la svolta psicologica: “Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo”.
Steve era stato estromesso dalla Apple a primavera e a inizio settembre dello stesso anno ricomincia la sua avventura di imprenditore fondando una società, la NeXT, per produrre personal computer e, nel 1986, acquisendo la Pixar, che creerà il primo film in animazione digitale, Toy Story, diventando lo studio di animazione di maggior successo al mondo.
La storia non finisce qui perché, come è noto, in un susseguirsi di eventi, Apple compera NeXT e nel 1997 Jobs riprende lo scettro della sua “creatura”, che nel frattempo aveva perso quote di mercato, portandola di nuovo alla gloria. Si può dire che la fece nascere due volte, la seconda dopo aver dovuto ricominciare altrove, sentendosi per questo più forte di prima.
Quello che interessa a noi è la restartability di Jobs, che credo sia catturata bene in queste sue frasi: “Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato
da Apple. È stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente. Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non bisogna perdere la fede, però”.
La capacità di vedere, a posteriori almeno, come un evento negativo possa averci mandato nella direzione giusta è importante perché supporta l’idea che in ogni situazione, anche avversa e dolorosa, ci sia potenziale positivo da cui poter ricominciare.
Per Steve, come per tante persone, l’àncora di salvezza è stata la passione per il proprio lavoro.
Il suo suggerimento famoso, che vale sempre la pena di ricordare, è questo: “Dovete trovare quel che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi”.
Lezioni chiave:
Si può venire licenziati anche dall’azienda che si è fondata e anche se si è un genio. Una professione, una competenza, un settore o qualsiasi cosa amiamo è un buon punto per ricominciare.
Eventi che appaiono molto sfavorevoli possono essere funzionali alla nostra realizzazione.
Testo tratto da Il magico potere di ricominciare, Odile Robotti, Mind Edizioni.
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