Donne al vertice in azienda per far crescere il margine di profitto netto fino al 6%: come scrive Marisa Montegiove, coordinatrice del Gruppo donne manager di Manageritalia su Prospettive in Organizzazione, un’indagine recente di Peterson Institute for International Economics e Ey mostra dati inequivocabili sull’importanza della diversità di genere nel management.
La ricerca ha coinvolto 21.980 aziende quotate in borsa in 91 paesi provenienti da varie industrie e settori e mostra come un fattore determinante non sia tanto la presenza di una donna nel ruolo di CEO, ma di un buon numero di donne nei board e nei livelli C.
La gestione della diversità è dunque un fattore determinante per essere più competitivi. La ricerca mostra anche un altro dato curioso: una maggiore percentuale di donne manager si registra soprattutto quando la responsabilità parentale risulta equamente distribuita. Infatti, solo così la donna ha il tempo e la possibilità di costruire un network professionale che la potrà favorire sul lavoro.
“Sono situazioni che ho vissuto sulla mia pelle come CEO in azienda”, scrive Marisa Montegiove “e che quando vedo applicate oggi nelle poche aziende veramente illuminate portano a risultati straordinariamente positivi sul fronte economico e in tutti gli altri ambiti.
Quindi, non ci sono dubbi che culturalmente ci sia tanto da fare non per arrivare alla parità, ma per raggiugere una forte competitività economica, sociale e politica.
Pensiamo infatti che il 94% degli Europei (Gender Equality, Eurobarometro 2015) ritiene l’eguaglianza tra uomo e donna un diritto fondamentale. Ma il 68% degli Italiani (62% la media europea) pensa che oggi l’ineguaglianza di genere sia ancora diffusa nel loro Paese. Lo pensano più le donne (74%) degli uomini (62%, in Europa donne 68% e uomini 57%). E l’ambito nel quale gli stereotipi di genere sono più diffusi è proprio il mercato del lavoro (63% italiani e 51% europei). Ma è proprio in famiglia e nella società che dobbiamo cambiare, considerato che a causa dell’alta incidenza di stereotipi socio-familiari siamo nelle retrovie. Il 71% degli Italiani (50% Europei) ritiene che, in generale, gli uomini siano meno competenti delle donne nello svolgimento dei compiti domestici. Il 43% (29% europei) crede che un padre debba anteporre la carriera agli impegni familiari, come l’accudimento dei figli, e il 38% (29% Europei) pensa che le donne siano meno predisposte degli uomini a fare carriera.
Allora per competere serve cambiare davvero le cose e incidere soprattutto a livello culturale su famiglia, società e quindi mondo del lavoro”.
Sono proprio i manager a richiedere un migliore work-life balance: secondo un’indagine dell’Osservatorio Manageriale Manageritalia effettuata nell’ottobre 2015 con la partnership tecnica di Job Pricing il giusto bilanciamento tra lavoro e vita personale è al primo posto, citato dal 53% degli intervistati a pari merito con l’indipendenza/autonomia sul lavoro, tra i parametri con cui definire il successo professionale. E, cosa per nulla scontata, lo è ancor più per gli uomini (55% e qui è il primo parametro in assoluto) che per le donne (35%, che prima di questo mettono nell’ordine indipendenza/autonomia 47%, percorso di crescita effettuato in azienda 44% e riconoscimento da parte degli altri 43%). Altro aspetto curioso e molto probabilmente legato al rimpianto di averne avuto poco, il bilanciamento lavoro-vita privata, come parametro rilevante del successo professionale, cresce al crescere dell’età: 45% per gli under 45, 52% per chi ha tra 45 e 54 anni e 59% per gli over 54enni.
Occorre cambiare il mondo del lavoro e puntare su maggiore produttività e benessere: non a caso Manageritalia ha lanciato un progetto che va proprio in questa direzione. Cambiare cultura e modelli organizzativi si può e si deve: i manager ne sono consapevoli e vogliono avere un ruolo da protagonisti in questo passaggio determinante per la crescita e lo sviluppo.