Empatia: la nuova via per comunicare la salute

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COMUNICATORI E COMUNICAZIONE: NON BASTA LA PAROLA!

Ospitiamo testimonianze di comunicazione e comunicatori per valorizzare questa professione oggi primaria. Infatti Manageritalia, con la sua associazione di Executive Professional, vuole riconoscere ruolo, professionalità e importanza della professione di comunicatore sviluppando, insieme con alcune delle principali organizzazioni del settore, una norma UNI specifica e offrendo rappresentanza istituzionale e sindacale, sistemi di welfare e networking.

Negli anni ho scoperto quanto sia importante l’ascolto consapevole degli altri, la comprensione di ciò che c’è al di fuori di me. Ho capito infatti quanto sia importante l’empatia. Nella vita, ovviamente, come nel lavoro.

Durante i mesi di lockdown, e successivamente, sono emersi nuovi modi di pensare, lavorare, socializzare e interagire con gli altri, costruendo e rafforzando inediti e diversificati touch-point tra comunicatori e utenti.

Empatia è diventata una keyword della comunicazione nell’era del new normal.

Ed è ora necessario ripensare anche il marketing partendo da un vero e proprio “mantra”: gli utenti finali non sono meri consumatori ma persone, individui con sentimenti ed emozioni che li spingono a prendere le proprie decisioni.

In questo nuovo mondo in cui le certezze sono profondamente mutate, le persone (non più solo “consumer”) hanno il profondo bisogno che i comunicatori mostrino loro l’umanità e offrano esperienze personalizzate e, giustappunto, empatiche.

Le persone si ricorderanno maggiormente di chi mostrerà un volto umano.

Come ben sanno i marketing manager, e come ripeto sempre ai miei studenti, la comunicazione non è una scienza esatta, nemmeno in ambito sanitario.

Per quanto, ad esempio, l’OMS, che ha un ottimo dipartimento comunicazione, sia sempre all’avanguardia sulle modalità di sensibilizzazione della popolazione sui temi della salute pubblica e per migliorare la prevenzione di alcune patologie, progettare una campagna di comunicazione sanitaria efficace non è affatto scontato.

La progettazione di una campagna richiede un profondo brainstorming, ponendosi moltissime domande e dando quasi per scontato la possibilità di dover correggere il tiro in corsa.

Si tratta, infatti, di un lavoro molto empirico in cui non esistono formule vincenti che permettono di ottenere i risultati voluti in ogni situazione; infatti, una strategia comunicativa che ha ben funzionato in un certo ambito non è detto che sia altrettanto performante in altri contesti.

Il fulcro del discorso sulla comunicazione in generale, non solo quella sanitaria (nella quale però esistono specifici problemi di carattere etico di cui è vincolante tenere conto) è che una campagna è vincente se progettata su uno studio approfondito del target a cui è rivolta e con un’idea chiara dei goal che intendiamo raggiungere.

Ed è sulla base di queste considerazioni che si scelgono le modalità con cui diffondere un messaggio (il contenuto, il linguaggio, il mezzo di comunicazione ecc.).

Per cui sottolineo che il target deve essere ben individuato e molto specifico: se sbagliamo il target, sbagliamo la campagna.

Un’altra conditio sine qua non per una campagna di comunicazione riguarda la definizione di obiettivi misurabili.

E per comprendere quali essi siano serve uno studio preliminare che evidenzi come raggiungere i goal, che però sia realistico da raggiungere.

Insomma, solo dopo aver capito quali sono le persone a cui si vuole arrivare e quali possono essere i determinanti sociali della loro salute si può agire in termini di comunicazione con dei messaggi e utilizzando i mezzi più coerenti, in linea con gli interessi di cui hanno più bisogno.

Bisogna fare ciò che nel marketing viene definito “viaggio mentale”, che consiste nell’individuazione del target di riferimento, tenendo conto sia delle necessità che dell’immaginario di queste persone, nonché degli ambienti che frequentano.

In questo modo si può ipotizzare con una certa sicurezza quali siano gli argomenti che stanno loro a cuore e quelli che, eventualmente, li preoccupano.

Dopo aver individuato il target, un altro elemento estremamente importante è la scelta del veicolo comunicativo: social, media tradizionale, cine audiovisivo ecc.

Lo stesso messaggio, ovviamente, avrà un impatto differente se veicolato tramite TikTok o tramite LinkedIn, per rimanere al mondo social, oppure via Il Corriere della Sera rispetto a Novella2000.

Insomma, per farla breve: per progettare una campagna di comunicazione efficace bisogna tener ben presente innanzitutto questi aspetti.

Certamente però ritengo che nel mondo della sanità ci sia una scarsa consapevolezza riguardo a questi temi preliminari, fondamentali per costruire una comunicazione efficace.

E quale ne è la ragione?

Semplicemente perché queste conoscenze non fanno solitamente parte della cultura di base di chi si occupa di sanità a livello dirigenziale. O, almeno, questo era certamente vero prima della pandemia e, soprattutto, del lockdown. Oggi ciò che abbiamo passato ha reso evidenti le lacune della comunicazione istituzionale, nonché di quella sanitaria in genere.

Lacune che la pubblica amministrazione sta cercando di colmare, valorizzando finalmente il lavoro dei comunicatori e comprendendo finalmente la fondamentale importanza di una comunicazione al cittadino corretta, efficace e sostenibile.

Prima in troppi pensavano che fosse sufficiente “esistere” su questo o quell’altro social, ad esempio.

Oggi invece è del tutto evidente che i contenuti, e la loro più performante comunicazione, sono determinanti per raggiungere i target di riferimento. Anche qualora siano essi molto generalisti.

Abbiamo scoperto i drammi, e i morti, che hanno creato le fake news e compreso che anch’esse sono una forma (seppur distorta) di comunicazione che le istituzioni hanno capito di dover combattere.

E l’unica arma che esiste per sconfiggere la “notizie false” è una comunicazione ben realizzata: credibile, innanzitutto, ma che al contempo sappia usare il linguaggio delle persone, che sia in grado di parlare tanto al cervello quanto di coinvolgere il cuore.

Perché, come detto all’inizio, la nuova comunicazione non può (e non potrà più) fare a meno dell’empatia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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