Destination manager e management, destinati a contare di più!

Chi oggi fa destination in modo professionale sente il bisogno di una community per scambiarsi informazioni, best practice, collaborare ognuno per la sua parte su progetti territoriali

Ieri, al BTO2020 (Buy Tourism Online) di Firenze, eravamo in tanti a parlare di Destination Management e Manager. Organizzato da Manageritalia con la sua #CommunityTurismo, l’incontro “Aperitivo con i destination manager” è stato un successo ed è destinato a mantenere le promesse e creare qualcosa che sia utile ai destination manager, alla business community del turismo, alle istituzioni e alla politica.
Certo, il tutto come sempre fa Manageritalia: non pensiamo di scoprire l’acqua calda, ma vogliamo essere un catalizzatore, integratore e incubatore di un upgrade di quello che c’è già, per rafforzarlo e metterlo a fattor comune.
Tanti gli interventi che hanno mostrato in modo chiaro alcuni aspetti core.

In primo luogo, chi oggi fa destination in modo professionale sente il bisogno di una community per scambiarsi informazioni, best practice, collaborare ognuno per la sua parte su progetti territoriali… Insomma, c’è voglia di community, come hanno detto tutti tra le prime parole dei loro interventi. C’è bisogno anche di contarsi e valorizzarsi in una professione che coinvolge organizzazioni, ma di fatto singoli professionisti con le loro specifiche caratteristiche che un giorno potrebbe essere utile anche certificare.

Passando alle competenze, sintetizzando, è emerso che quelle che oggi servono di più sono capacità gestionale, quindi management e managerialità, marketing e innovazione. “Bisogna puntare ancor più sulle competenze manageriali che su quelle tecniche, perché il destination manager deve essere un playmaker”, ha detto qualcuno trovando ampio consenso. Poi, a livello soft, capacità di fare relazioni, di relazionarsi con la politica e il settore pubblico… capacità di darsi dei kpi e misurare in corsa i risultati per ritarare eventualmente in itinere il piano.

Il purpose deve essere quello di dare corpo e anima a un territorio – e qui è determinante sfruttare geografia, cultura, storia ecc. – per venderlo e farlo sognare nella mente dei clienti. E qui gioca tanto anche l’irrazionale, il partire dai numeri, ma poi andare al sogno che può essere legato a qualcosa che è anche del tutto avulso dai must del territorio (per esempio, puntare sul distacco dai cellulari, come nel caso Dolomiti).

L’obiettivo vero e ultimo del destination management e manager, si è detto, deve essere di aumentare l’attrattività del territorio per aumentare gli arrivi e le permanenze, magari anche la spesa media, ma di fatto per far sì che nuovi e più turisti vogliano dire crescita delle imprese e dell’occupazione e quindi del benessere di quel territorio.

Il ruolo del destination è quello di far collaborare ancor più privato e pubblico, non puntando solo sulle disponibilità e gli investimenti di quest’ultimo, che certo sono determinanti, ma agendo anche sul privato dando ancora maggior forza e armi a progetti comuni dell’imprenditoria privata.
Alla fine un arrivederci on e offline. Di fatto si tratta di fare place management, guardare ad una gestione e proposizione sistemica dei luoghi – nella loro accezione più ampia di territori, mercati, città, spazi extraurbani finalizzata a valorizzarne gli asset distintivi con un marketing strategico applicato ai territori.

“Un incontro molto partecipato per qualità degli interventi e passione, prima ancora che per quantità” ha detto Mario Mantovani, vicepresidente di Manageritalia. Adesso andiamo avanti spediti costruendo e ampliando questa community di destination manager all’interno di quella del turismo e continuiamo a dialogare con il pubblico come abbiamo fatto a fine 2019 a Bari. Perché, anche se non dobbiamo contare solo sul pubblico, il pubblico è importante per il giusto ruolo che svolge nei territori e per la possibilità che ci dà di attingere a fondi anche europei per mettere queste professionalità al servizio del territorio facendo crescere attrattività, benessere e managerialità. Tre aspetti profondamente sinergici e determinati per lo sviluppo”.

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