Cosa non dire MAI ai nostri Clienti

Le parole tragiche da evitare all'inizio, durante e alla fine di una conversazione

Ti è mai capitato di rovinare l’atmosfera relazionale, semplicemente pronunciando una parola sbagliata? A me è capitato. Fino a quel momento, tutto filava liscio, il Cliente sembrava coinvolto, si respirava un clima disteso e di reciproca comprensione, poi tutto a un tratto arriva lei, forse in un momento di stanchezza, di deconcentrazione ed ecco: la parola tragica, in grado di innalzare le difese e allontanare l’interlocutore.


Le parole creano rappresentazioni mentali, generano emozioni. Fecondano il cervello e guidano i nostri comportamenti. Proferire la parola giusta in una conversazione ha il potere di convincere, indirizzare la mente dell’interlocutore verso un paesaggio disteso, confortevole, che porterà sicuramente verso una meta proficua. Al contrario, il nostro cervello è sensibile a parole che evocano immagini e sensazioni negative. Le parole tragiche fanno scattare l’allarme generale e inducono comportamenti di chiusura, di difesa e sfiducia.
Nella teoria degli atti linguistici di Austin si sottolinea l’aspetto pragmatico della comunicazione: parlare significa compiere un determinato atto, denominato appunto atto linguistico. Questo produce un cambiamento dentro di noi e intorno a noi perché nel parlare l’individuo compie sempre un’azione, perché dire è fare!


Le parole tragiche inducono cambiamenti negativi nei pensieri e di conseguenza nelle azioni.


Qui saranno esplorate alcune delle parole tragiche che comunemente vengono pronunciate in una conversazione business.
Per una maggiore comprensione didattica, le ho classificate in tre tipi: parole tragiche iniziali, parole tragiche in itinere, parole tragiche decisionali.

CHI BEN COMINCIA…

Le parole tragiche iniziali sono quelle che vengono pronunciate in fase di apertura di una conversazione, telefonica e non. È abbastanza frequente imbattersi in espressioni del tipo “Scusa, ti posso disturbare?” o durante le prime battute di una telefonata “Signor Rossi, mi scusi se la disturbo”. Se anche a te è capitato di pronunciare una di queste frasi, desidero offrirti una riflessione: se il tuo cliente non stava minimamente pensando al concetto di disturbo, ora, sappi che tu glielo hai ricordato e potresti sollecitare una sensazione di fastidio.

Ti sembra positivo creare all’inizio di una conversazione un’atmosfera legata al disturbo? Pronuncia ora, ad alta voce: DISTURBO. Che tipo di sensazioni provi? Positive? Non credo. Hai appena provato la stessa sensazione del tuo interlocutore. La stessa cosa vale per altre frasi tragiche come “Le posso rubare 5 minuti”. Il verbo RUBARE è uno di quei verbi che solo a pronunciarlo fa sorgere l’istinto di verificare se il portafoglio è ancora al suo posto. Tra l’altro questa espressione è vietatissima, ancor più se si opera in un contesto finanziario. La mia ex banca (appunto ex) mi faceva contattare al telefono da neofiti della comunicazione: “Signora, posso rubarle 5 minuti?”. Quali pensieri si possono associare a una simile domanda? Il minimo che si possa pensare è: “Se cominci a rubare il mio tempo, chissà poi cosa mi ruberai”.


Fai attenzione dunque alle prime parole che pronuncerai all’inizio di una conversazione, perché una parola sbagliata è in grado di creare un’immediata chiusura nel tuo interlocutore e di alzare barriere difensive! Ti chiederai con quale locuzione si possano sostituire queste frasi tragiche? Semplice, con un bel “È un buon momento per te/lei?”


DURANTE LA CONVERSAZIONE 

Le parole tragiche in itinere sono quelle pronunciate durante la conversazione. Talvolta vengono utilizzate nel fornire informazioni sui prodotti o servizi offerti. “Questa nostra soluzione sfrutta…”. SFRUTTARE? Ti pare un verbo in grado di sollecitare sensazioni positive? Lo sfruttamento è legato al concetto spremi il limone sino all’ultima goccia, ricava il massimo da ogni risorsa, per qualcuno “Spenna il tuo cliente fino all’ultimo centesimo!”. Il verbo sfruttare può essere sostituito dal verbo utilizzare, quindi si potrà dire: “Questa soluzione utilizza…”.

Un altro verbo incriminato è APPROFITTARE. Sovente si potrà sentire “Ne approfitto per chiederti…”. Il verbo approfittare ha il significato letterale di trarre il proprio vantaggio da una situazione. Al proprio vantaggio, non dell’interlocutore, e questo fa la differenza per il nostro cliente, che subito nel suo immaginario mentale pensa: “E io cosa ci perdo?” Nessuna accezione positiva dunque per il verbo approfittare, per questo meglio non pronunciarlo. La locuzione positiva è invece “Colgo l’occasione per…”.


Il termine PROBLEMA, anche questo evoca emozioni negative, istantanee. Del resto chi ha voglia di ascoltare dei problemi! I problemi sono sempre legati a difficoltà in cui nessuno di noi si augura di trovarsi. Il significato di questo sostantivo è legato a un ostacolo che rende difficile il raggiungimento di un determinato obiettivo o soddisfacimento di una certa esigenza. Niente di più lontano dal concetto di persuasione. Questo termine dovrebbe essere abolito dal vocabolario di un venditore, semmai ci si può concedere una frase del tipo “È una questione da risolvere”. Questa locuzione è proiettata verso una soluzione e anche a livello sonoro evoca immagini e sentimenti più positivi rispetto al termine problema.


Credo che a questo punto sia abbastanza chiaro: occorre porre molta attenzione quando si “maneggiano” le parole, altrimenti l’allarme comincia a suonare!


Durante la conversazione può capitare che l’interlocutore abbia il desiderio di dire qualcosa (giustamente!). Sarà buona pratica mettere in atto un ascolto partecipativo, lasciando spazio all’interlocutore e poi, vietatissimo, ribattere con un SÌ, MA…. Il Ma, congiunzione coordinativa avversativa, esprime contrapposizione al termine che la precede.

Così come anche l’utilizzo del PERÒ, ancora più avversativo. La formula più elegante e persuasiva per argomentare è l’utilizzo della congiunzione “e”, che ha il potere di conferire pari dignità argomentativa alle parti coinvolte. Attraverso l’utilizzo della congiunzione “e” si veicola un messaggio molto costruttivo: “Tu hai ragione e ce l’ho anche io”.


Anche l’utilizzo degli imperativi è sconsigliabile nella comunicazione persuasiva: SENTAGUARDIASCOLTI.

Molto spesso, queste forme verbali sono utilizzate come parole per intercalare il flusso della comunicazione. Ma queste forme verbali sono perentorie, non lasciano spazio di replica e, come dico spesso, hanno il dito indice all’insù, con un retrogusto direttivo.



ARRIVANDO AL DUNQUE

Infine, le parole tragiche decisionali, di solito pronunciate per indurre un comportamento nel nostro interlocutore. Una frase che mi è capitato spesso di ascoltare da parte di venditori maldestri è “LE PUÒ INTERESSARE?”, oppure “Le interesserebbe…?”. Queste domande, rivolte a un prospect, hanno il potere di incitare una vera porta in faccia verbale.

Pensaci. Il tuo interlocutore è un prospect, siamo alla prima telefonata o al primo incontro, ma come puoi pensare che lui ti risponda con un “Sì, sono interessato”? Se fosse stato interessato, ti avrebbe cercato lui, non credi? O avrebbe già soddisfatto questa esigenza! Inoltre, tutti noi siamo restii a mostrare le nostre preferenze a un venditore, perché sappiamo che se lo facessimo, da quel momento in poi, saremmo bersagliati di offerte e promozioni. Quando si entra in un negozio è un classico gironzolare tra gli scaffali facendo finta di niente, e quando l’operatrice di vendita ci segue osservandoci e chiedendoci “Come posso aiutarla?”, solitamente rispondiamo con un “Sto dando solo un’occhiata”.

Perché? Perché vogliamo sentirci liberi di scegliere, di valutare senza ricevere pressioni di alcun tipo. Se vuoi conoscere le intenzioni del tuo prospect, ti suggerisco di utilizzare una locuzione più dolce come “Le farebbe piacere …”. E poi, a seconda dei casi, potrai aggiungere: valutare, ascoltare, vedere, ricevere un approfondimento.


Infine, la frase “Ci risentiamo più avanti…”. PIÙ AVANTI, quando? Più avanti non fornisce nessuna direzione precisa, lascia gli argomenti in sospeso, senza fornire un’indicazione puntuale. Ti consiglio di dare sempre un contorno preciso alla tua call to action. Una data e un’ora precisa: “Mi annoto di richiamarla il 15 aprile alle ore…”. Questa modalità prende per mano la mente del tuo cliente. Inoltre, il messaggio psicologico associato alla precisione è di affidabilità, di organizzazione mentale e di accuratezza.


Ricordati di pesare le parole prima di pronunciarle e chiediti sempre se la parola che stai utilizzando per esprimerti evoca emozioni positive o negative. Quelle negative fanno sempre suonare l’allarme rosso e non sempre sarà possibile recuperare, soprattutto all’inizio di una relazione. Non si avrà più una seconda occasione per fare una prima buona impressione.

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