Brand e creatività: Clarice Pinto (Campari)

Come si parla oggi al cliente? Qual è il ruolo della creatività per lanciare e consolidare un brand sul mercato? Dopo il confronto con Giuseppe Mastromatteo di Ogilvy, Manageritalia continua ad approfondire il tema coinvolgendo sette marketer con una lunga carriera manageriale alle spalle che sono osservatori attenti dei mutamenti in atto. Iniziamo con Clarice Pinto, senior marketing director Italian market Campari Group

Oggi, in tempi di digital e big data, quanto conta la creatività per i brand e perché?

Digital e big data non hanno cambiato il ruolo della creatività per i brand, bensì il processo di come si arriva a questa creatività e di come essa viene portata in vita. Il big data ci aiuta, in qualità di marketers, a conoscere meglio le esigenze e le abitudini dei nostri consumatori, permettendoci così di realizzare idee creative che vadano incontro alle loro necessità. Individuando codici e linguaggi di comunicazione adeguati, il digital consente invece di creare un dialogo diretto con i consumatori, condividendo esperienze e costruendo un legame più stretto.

Cos’è oggi per voi e per il vostro settore la creatività, è quella che serve davvero alle aziende per stare e posizionarsi sul mercato e nella mente dei clienti? E come?

La creatività è tuttora un aspetto fondamentale che consente ai brand di differenziarsi nell’ambito del settore di riferimento. In un contesto di continua sovraesposizione a stimoli diversi, è necessario sorprendere il consumatore con linguaggi e messaggi nuovi mai visti che parlano al suo cuore più che alla sua mente. 

Come e quando chiedete aiuto alla creatività nel costruire un rapporto con i clienti?

Sempre. La creatività è uno dei principali filtri che usiamo per raccontare ai nostri consumatori chi siamo, come vediamo il mondo e come possiamo essere rilevanti nelle loro vite. La creatività si conferma una leva indispensabile per garantire una costante tensione verso il nuovo e per individuare soluzioni che, in ciascuna attività, offrano al consumatore una vera esperienza.  

Per un marketing director la creatività è la ciliegina o il lievito della torta e quindi del brand?

Il lievito, perché non si tratta di un “Nice to have” ma di un aspetto fondamentale per costruire un rapporto con il consumatore. 

Nel dare un’anima al brand quanto conta oggi andare oltre un rapporto di consumo/fruizione passando a condividere situazioni e valori?

I consumatori non desiderano più guardare alle aziende in modo aspirazionale sentendosi raccontare monologhi di marca, bensì interagire a pari livello con un brand. La sfida maggiore, a mio avviso, consiste nel saper ingaggiare gli interlocutori ai quali ci si rivolge condividendo interessi e passioni e trasferendo il patrimonio delle competenze aziendali attraverso contenuti ed esperienze sempre più innovativi. Solo così potremo veramente toccare i loro cuori e creare legami più profondi e longevi.  

Quando e quanto un brand può e deve mettere in campo un activism che tocchi aspetti politico-sociali?

Oggi l’attivismo di brand sembra essere “the next frontier” poiché le generazioni più giovani mostrano molta più sensibilità alle tematiche ambientali e sociali rispetto a quelle precedenti. Al tempo stesso, i giovani sono ancora più sensibili all’autenticità dei messaggi che vengono loro veicolati. Per questo, penso che un brand debba sposare una causa sociale solo se ciò viene fatto in modo del tutto sincero e con coerenza da parte di tutti i livelli dell’organizzazione. Diversamente, l’effetto che si ottiene può essere più negativo che positivo. 

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