People Analytics: un mondo di dati per far crescere la produttività

Al centro dell’ultimo Friday’s Manager, organizzato da XLabor, la divisione del mercato del lavoro di Manageritalia, l’utilizzo dei dati relativi alle HR per una strategia volta a far crescere le performance e il benessere del capitale umano

“Il 40% delle competenze chiave cambia ogni 5 anni”: sulla base di questa premessa è iniziato l’appuntamento di ieri del ciclo Friday’s Manager di XLabor (divisione del mercato del lavoro di Manageritalia) con Anna Saccon di Bosch Rexroth, che ha puntato i riflettori sui People Analytics.

Cosa sono i People Analytics? Con questo termine intendiamo il metodo basato sull’analisi dei dati e focalizzato sugli obiettivi che studia processi, funzioni, sfide e opportunità di lavoro delle persone per raggiungere un successo aziendale sostenibile.

L’analisi delle persone che impiega informazioni statistiche sulla base di dati raccolti sui lavoratori per prendere decisioni strategiche sulla gestione dei talenti fino a non molto tempo fa era ancora un’idea provocatoria con molti scettici che temevano che potesse portare le aziende a ridurre le persone a numeri.

Ma in un mondo come quello di oggi basato sui dati, l’analisi di quelli relativi al capitale umano all’interno delle organizzazioni in che modo può sbloccare il potenziale della nostra forza lavoro?

Sulla base di alcuni trend (demografia, livello di istruzione, salute pubblica, ambiente, innovazioni, governance ecc.), i dati ci consentono di individuare dove sia il talento, mappare le competenze e, allo stesso tempo, di creare uno storytelling efficace in grado di favorire l’engagement delle persone.

Chi pensa che i dati in ambito HR servano per omogeneizzare processi e ruoli si sbaglia di grosso: siamo nell’epoca della customizzazione, sottolinea Saccon, e i People Analytics sono utili per creare percorsi su misura per i nostri collaboratori, con un talent forecasting che ci permette di individuare le competenze che non ci serviranno più nel prossimo futuro.

In estrema sintesi, i People Analytics sono rilevanti per una serie di motivi: la talent retention, le politiche retributive, la talent acquisition, la formazione e lo sviluppo professionale, la valorizzare della diversity, per pianificare meglio la nostra forza lavoro e, in definitiva, per far crescere la produttività.

Con questa mole di dati possiamo prevedere il turnover dei nostri collaboratori (pensiamo al caso di Credit Suisse, che raccoglieva informazioni su coloro che lasciavano l’azienda, il motivo e dopo quanto tempo, arrivando a determinare una serie di criticità, come le scarse prestazioni, un problema di burnout, il tempo trascorso in un determinato ruolo e la dimensione del team).

I dati possono anche permetterci di trovare soluzioni a problemi pratici, come la scelta degli uffici, o, in senso ampio, per migliorare la nostra relazione con i clienti esterni. Nei prossimi anni l’intelligenza artificiale farà crescere il loro numero, fornendoci informazioni che oggi possono ancora apparire controverse, come i biodata.

L’obiettivo finale del profitto non va sottovalutato: secondo un’indagine recente di Deloitte, le organizzazioni che utilizzano i People Analytics in modo approfondito registrano un profitto medio triennale superiore dell’82%.

Saccon ha chiuso la sua interessante presentazione con l’esempio dello smart working implementato nella sua azienda, che ha previsto un vero approccio scientifico verso questa opportunità, arrivando a stabilire dopo un periodo di osservazione del contesto interno quanto, come e chi potesse farne ricorso.

Ultimo punto: chi estrapola i dati? È un lavoro di squadra, ma sostanzialmente i data scientist collaborano con il team delle risorse umane, il quale dovrà essere formato adeguatamente per la comprensione dei people analytics e per la presentazione di questi ai lavoratori.

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