Sindacato e rappresentanza: il punto di vista di Massimo Mascini

Sull’idea che i manager hanno su sindacato e rappresentanza, anche in ottica futura (Indagine AstraRicerche per Manageritalia), abbiamo intervistato Massimo Mascini, direttore responsabile di Diario del lavoro.

I manager intervistati, parlando dei sindacati in generale, non del loro, non negano affatto un loro ruolo determinante per lo sviluppo, anche se chiedono forte innovazione. Un’opinione in forte contrasto con la “moda” di dare per morti o inutili i corpi intermedi?
«Quella di dare per morti i corpi intermedi è, appunto, una moda. Qualcosa che è stata utile a chi voleva innovare e non sapeva bene come farlo. Ma si è visto che la disintermediazione non solo non ha dato risultati, ma al contrario ne ha dati di negativi, per cui è stata poi abbandonata».

Dicono che i sindacati hanno perso parte della loro capacità di dare risposte utili ad affrontare i cambiamenti in atto. Forse non hanno tutti i torti?
«Il sindacato, come tutti i corpi intermedi, soffre del male che è un po’ di tutto il Paese, una forte crisi dei gruppi dirigenti. La selezione è molto scarsa, il merito non è un punto di riferimento nelle scelte e quindi le politiche e le capacità di rappresentare scadono».

I nostri manager confermano l’importanza del sindacato, affermando che il suo strumento principe, il ccnl, abbia senso anche e proprio a fronte di un’economia globale. Anzi, la maggioranza afferma che proprio i ccnl, se innovativi e adeguati al mondo che cambia, possono essere un vantaggio competitivo dando valore a competenze e qualità.
È un bell’endorsement per i sindacati?

«I sindacati stanno da tempo ragionando sulla politica salariale perché ci si è resi conto che tutte le scelte fatte in questi anni non hanno portato i risultati sperati. Adesso si apre una nuova stagione contrattuale e le speranze sono per un’inversione di direzione che porti a un aumento sostanzioso delle retribuzioni, a vantaggio dei lavoratori, ma anche dell’economia in generale, perché il mercato interno è asfittico, e se non cresce la ripresa non prende corpo».

I dirigenti chiedono integrativi previdenziali e assistenziali, formazione e assicurazioni che solo una bilateralità contrattuale nazionale può garantire… cosa ne pensa?
«Previdenza e assistenza integrative sono la grande scommessa del futuro e giustamente tutte le contrattazioni guardano con grande interesse a questo versante. Il pericolo è che si finisca per questa strada con l’indebolire il welfare pubblico. È troppo facile per le forze politiche pensare che è possibile spendere meno sul welfare perché tanto ci sono le forme integrative. Ma così si indebolisce il sistema».

Parlando poi del loro sindacato, di Manageritalia quindi, dicono quasi tutti che oggi hanno maggiore bisogno di essere rappresentati professionalmente perché si devono muovere in un mondo del lavoro globale, sempre più complesso e sfidante. Insomma, accettano la sfida, ma vogliono un partner affidabile che li affianchi?
«Mi sembra normale, perché per i manager il mercato del lavoro è sempre più globale ed è normale che si guardi con grande attenzione alle possibilità di crescita e formazione. Il sindacato ha mostrato di avere le carte a posto per realizzare questa assistenza e quindi è giusto che le richieste dalla base salgano».

La rappresentanza che chiedono è molto poco corporativa, perché oltre la tutela verso le istituzioni, vogliono servizi professionali e possibilità di portare il loro contributo allo sviluppo economico e sociale del Paese…
«Molto interessante, perché l’organizzazione di rappresentanza viene valutata non per i vantaggi corporativi che può assicurare, ma per l’azione categoriale a difesa dei valori di fondo propri dei manager. Una crescita di interessi e di attese che fa onore alla categoria».

Leggi anche il punto di vista del segretario generale Fim-Cisl Marco Bentivogli e del presidente Censis Giuseppe De Rita

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