Tfr: si tenta di incentivare il secondo pilastro

La contrattazione collettiva potrà determinare una quota minima di Tfr da destinare alla previdenza complementare. Lo prevede un emendamento al Ddl concorrenza presentato dai senatori Maurizio Sacconi e Aldo Di Biagio (Ap) e approvato l’8 marzo scorso dalla commissione Industria del Senato.

Alcuni contratti collettivi già prevedono la possibilità di conferire il 50% del Tfr maturando al Fondo pensione e mantenere la restante parte in azienda, come avviene ad esempio nel Fon.Te (il Fondo pensione complementare per i lavoratori del commercio, del turismo e dei servizi), ma tale opzione è limitata ai cosiddetti “vecchi iscritti” cioè a coloro che erano lavoratori dipendenti già al 28 aprile 1993.

L’obiettivo dichiarato è quello di cercare di agevolare i conferimenti anche nelle aziende con meno di 50 dipendenti, per le quali – come sottolineato dalla Covip nel corso di un’audizione al Senato –  continua a registrarsi un basso livello di adesione, “anche in ragione delle difficoltà connesse alla perdita integrale di tale forma di liquidità” da parte delle aziende.

In pratica, si sostiene che chi opera presso un’azienda con meno di 50 dipendenti non ha la piena disponibilità del proprio Tfr e non è libero di aderire o meno ad un fondo di previdenza complementare, perché ciò può creare un disagio al proprio datore di lavoro.

Non abbiamo difficoltà a credere che, per quanto grave e contraria alle disposizioni di legge, tale situazione possa realmente verificarsi, ma la soluzione ipotizzata ci sembra di dubbia efficacia poiché, anche se si riuscisse ad incrementare il numero dei conferimenti di Tfr, si apporterebbe un investimento minimo nella previdenza complementare che non potrebbe, poi, dare luogo a un trattamento pensionistico sufficiente ad integrare la pensione pubblica erogata dall’Inps.

A nostro parere, per convincere un lavoratore restio a investire nella previdenza complementare occorrerebbe, innanzitutto, operare sul fronte dell’informazione, spiegando i motivi che rendono opportuno il ricorso ad un secondo pilastro previdenziale, viste le penalizzazioni che i pensionati futuri subiranno per effetto dell’introduzione del calcolo contributivo, ed illustrando anche la convenienza fiscale e i migliori rendimenti conseguibili.

Il provvedimento approvato ieri potrebbe illudere quei lavoratori che, investendo anche solo una quota parte del Tfr in previdenza complementare, potrebbero ritenere di aver adempiuto alla costruzione del secondo pilastro previdenziale. Dovrebbe invece essere noto che versando poco si capitalizza poco e che pertanto alla povera previdenza obbligatoria non potrebbe che aggiungersi una poverissima integrazione.

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca