Pensioni: l’analisi di Manageritalia

A tre settimane dalla sentenza della Corte Costituzionale che sancisce l’illegittimità del blocco della perequazione 2012-2013 la previdenza è al centro del dibattito: l’attenzione della politica, dei media e dell’opinione pubblica sul tema non è mai stata alta come in questi giorni.

Lunedì il presidente del Consiglio ha annunciato un provvedimento per rimborsare i pensionati colpiti dal blocco che ricevono trattamenti fino a sei volte il minimo Inps: una decisione che ci vede nettamente contrari. Matteo Renzi, però, ha anche affermato che la battaglia per abolire i vitalizi è “sacrosanta” e che le pensioni frutto di reali contributi vanno salvaguardate.

Dichiarazioni apparentemente contraddittorie che inducono a domandarsi: a che punto siamo? Cosa dobbiamo fare? Come far valere i nostri diritti? Molti pensionati, associati e non, ci contattano in questi giorni (scrivendo sul blog, inviandoci email, telefonando alle nostre sedi) per avere indicazioni su come muoversi e per sapere qual è la posizione di Manageritalia. Alcuni si aspettano una reazione immediata, una presa di posizione netta.


Ritengo quindi utile proporre una riflessione su quanto sta accadendo e sulle prospettive che ci attendono. Innanzitutto ricordo cosa succedeva soltanto due mesi fa: il dibattito sulla previdenza si focalizzava sulla proposta del presidente dell’Inps Tito Boeri di ricalcolare tutte le pensioni con il metodo contributivo. Il blocco della perequazione era una tema conosciuto da una piccola minoranza di italiani.

Attendevamo di conoscere le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale senza immaginare quello che sarebbe successo. Matteo Renzi si occupava il meno possibile di previdenza, lasciando al ministro del Lavoro Poletti il compito di definire a grandi linee una posizione rassicurante nei confronti dei pensionati preoccupati per le dichiarazioni di Tito Boeri.


In un quadro generale piuttosto confuso noi di Manageritalia continuavamo a fare il nostro lavoro: incontri con rappresentanti delle istituzioni, attività di comunicazione e informazione, condivisione di proposte di legge con parlamentari, confronto con i decisori del mondo del lavoro e della previdenza. Alcune delle nostre proposte proseguivano il proprio cammino per arrivare a trasformarsi (quello che sta accadendo) in concrete possibilità.


I punti cardine del nostro impegno per migliorare il sistema previdenziale italiano sono al centro dell’attenzione: estensione dell’”opzione donna”; flessibilità in uscita dal lavoro; sterilizzazione degli effetti del pil negativo sulla rivalutazione dei montanti contributivi. Erano argomenti di nicchia, conosciuti da pochi osservatori e addetti ai lavori, oggi sono temi di attualità, oggetto di dibattiti televisivi e di conversazione tra i cittadini (pensionati e non solo); soprattutto, sono temi sui quali la politica si appresta a varare riforme che (speriamo!) apportino benefici concreti alla collettività.

Ecco perché la nostra posizione è quella di sempre.

Non prendiamo posizioni impulsive: lavoriamo sui fatti. È la strategia che ci ha portato, negli ultimi anni, a riuscire a sollevare per ben due volte la questione di legittimità del blocco della perequazione davanti alla Corte Costituzionale. Una strategia che consigliamo di seguire anche ai tanti pensionati che, in questi giorni, si domandano e ci domandano cosa fare.

Vediamo cosa succede, valutando nell’insieme la situazione. Ricordiamo che il provvedimento che esclude dai rimborsi le pensioni sopra a 3.200 euro nasce dall’esigenza di salvaguarare i conti dello Stato. Siamo consapevoli che le risorse non sono infinite e che la coperta è stretta: se non arriva il rimborso probabilmente non arriverà nemmeno il ricalcolo col contributivo. A meno che non si facciano delle ritorsioni “punitive”, ma questo tenderei ad escluderlo.

Comunque vigileremo ed eventualmente reagiremo come sempre fatto fin’ora, con evidenti risultati.

Sarebbe facile cogliere il fermento di questi giorni e proporre affrettati ricorsi in tribunale e class action. Ma non sarebbe né serio né coerente con la nostra filosofia. Ecco perché invitiamo i pensionati a valutare con attenzione l’eventualità di intraprendere “a caldo” , magari su consiglio di qualche professionista interessato, un percorso giudiziario.


Attenzione alle strumentalizzazioni, insomma… Ricordiamo che le spese per le cause avviate dai dirigenti pensionati presso i tribunali di Vicenza e di Palermo (quelle da cui sono scaturite le pronuncie della Corte Costituzionale) sono state interamente sostenute da Manageritalia e, per quest’ultimo ricorso, anche da Federmanager. Ma nulla è stato chiesto ai diretti interessati.

Arriviamo dunque alla conclusione ovvero a quello che ci aspettiamo nelle prossime settimane. Abbiamo in mano il Decreto Legge che il governo deve trasmettere al Parlamento (si può scaricare qui): ne stiamo valutando i dettagli. Nel frattempo continuiamo a lavorare affinché la flessibilità in uscita e “l’opzione donna” estesa agli uomini diventino realtà e affinché, anche nella questione previdenziale, venga finalmente affrontato il nodo della fiscalità.


L’Italia è il Paese con la pressione fiscale sulle pensioni più alta del mondo. Alleviare questa pressione significa rilanciare i consumi e far ripartire la crescita. Crediamo che agire sulla pressione fiscale dei redditi da lavoro e da pensione sia una soluzione praticabile. Così come praticabile sarebbe trovare il finanziamento arginando l’evasione fiscale e contributiva. Con le tecnologie a disposizione basterebbe poco per stanare i furbi: serve però una precisa volontà politica.

Contando sui nostri sforzi, confortati dagli accadimenti degli ultimi mesi, ci impegniamo per farla diventare una priorità per l’Italia.

Ne parleremo con i rappresentanti del Governo che incontreremo a breve. Nel frattempo agiamo con realismo, pragmatismo, consapevolezza. Invitiamo gli associati e tutti i nostri lettori a fare altrettanto.

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