Part-time in uscita, un passo in avanti

Per garantire una reale flessibilità servono però ulteriori misure

Con la firma di ieri da parte dei ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, e dell’economia, Pier Carlo Padoan, del decreto attuativo sul part time “agevolato” si supera una tappa significativa del perorso di riforma volto a introdurre elementi di flessibilità nelle regole del pensionamento. Un percorso che, tuttavia, deve essere ancora in buona parte compiuto, visto che le poche risorse messe in campo per finanziare il provvedimento (60 milioni per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018) e il suo carattere sperimentale ne limitano la portata.

Consentire a chi ha i requisiti minimi per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e maturerà il requisito anagrafico di anzianità entro il 31 dicembre 2018 (per gli uomini 66 anni e 7 mesi, per le donne 65 anni e 7 mesi nel biennio 2016-17 e 66 anni e 7 mesi nel 2018) di uscire gradualmente dal lavoro, trasformando il rapporto di lavoro in part time, con una riduzione dell’orario compresa tra il 40% e il 60%, significa comunque offrire una prospettiva rassicurante a molti dei lavoratori rimasti penalizzati dalle riforme degli ultimi anni.

Per i dirigenti nostri associati, può trattarsi di una risposta alle necessità di riduzione del costo del lavoro che molte aziende ancora hanno, permettendo alle stesse di mantenere in servizio professionalità preziose che possano anche svolgere la funzione di tutor nei confronti delle giovani leve.

Alla riduzione dell’orario di lavoro non corrisponderà una analoga diminuzione della retribuzione netta, in quanto la norma prevede in capo al datore di lavoro il versamento di una somma corrispondente ai contributi previdenziali a suo carico, non versati all’Inps per effetto della riduzione della retribuzione lorda. Tale importo sarà esente da contribuzione previdenziale e da imposizione fiscale. Inoltre, i lavoratori che scelgono il part time non avranno penalizzazioni sul piano pensionistico perché l’Inps riconoscerà la contribuzione figurativa sulla retribuzione corrispondente la prestazione lavorativa non effettuata.

Facciamo un esempio pratico, prendendo a riferimento un dirigente che percepisce una Ral pari a 100.000. Con la riduzione dell’orario del 40% la retribuzione netta si ridurrebbe solo del 20,62% per effetto dell’integrazione sul netto che nel caso specifico sarebbe pari a 9.524,00 euro annui. I contributi figurativi a carico dell’Inps sarebbero invece pari a 13.200,00 euro annui. Se invece si opta per la riduzione massima (60%) il netto si ridurrebbe del 31,18%, con un’integrazione sul netto pari a 14.286,00 euro, mentre la contribuzione figurativa sarebbe pari a 19.800,00.

La norma si applica ai soli dipendenti privati che hanno almeno 64 anni e 7 mesi d’età (63 anni e 7 mesi per le donne che raggiungono l’età pensionabile entro il 2017) e si auspica possa aprire spazi all’assunzione di giovani, anche se non c’è alcun obbligo in tal senso per le aziende. Il decreto ministeriale è stato trasmesso alla Corte dei Conti e sarà operativo una volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Prima di procedere alla stipula dei contratti di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part time, il lavoratore interessato dovrà richiedere all’Inps la certificazione che attesta il possesso del requisito contributivo (20 anni) e la maturazione di quello anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Il contratto dovrà essere trasmesso alla Direzione territoriale del lavoro che entro cinque giorni dovrà esprimere la propria autorizzazione (vale la regola del silenzio-assenso), infine, in altri cinque giorni si otterrà l’autorizzazione conclusiva da parte dell’Inps. Gli effetti del contratto decorrono dal mese successivo.

Manageritalia, da tempo, ritiene l’introduzione del part time in uscita come uno degli strumenti chiave da predisporre per innovare la previdenza, rispondere all’evoluzione del quadro demografico e ai cambiamenti del mondo del lavoro e preservare la tenuta dei conti previdenziali. Abbiamo e avremo sempre più lavoratori senior di cui non vogliamo né possiamo permetterci di disperdere le competenze; il sistema previdenziale e il welfare nel suo insieme devono tenere conto di tutto questo, adeguandosi e trovando il modo di garantire l’equità tra i contribuenti, la sostenibilità economica e la certezza delle regole. Speriamo quindi che la misura venga adeguatamente rafforzata e seguita da altre riforme più incisive.

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