Oggi il ministero del Lavoro e i rappresentanti delle parti sociali si incontreranno per fare il punto sulla previdenza. Conclusa la fase interlocutoria necessaria ad avviare il dialogo, si dovrebbero iniziare a quantificare le risorse in gioco, fattore discriminante per capire l’ampiezza del cantiere delle riforme.
Le riforme saranno presentate alla fine di settembre e, probabilmente, avranno un impatto meno incisivo rispetto a quanto annunciato, come emerge anche dalle dichiarazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, incaricato di seguire il dossier previdenza per conto del governo: “Non potremo rispondere a tutti i punti sul tavolo, ci vorrebbe uno sforzo finanziario che al momento non è nelle nostre possibilità”.
Aumenti dell’anzianità per i lavoratori precoci, gratuità per il cumulo di chi ha percorsi contributivi discontinui, ampliamento della platea dei lavori usuranti e aumenti delle pensioni minime, insomma, potrebbero avere solo un finanziamento esiguo o essere accantonati.
Che la coperta sia corta lo ribadisce anche il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, spiegando che il governo vuole puntare sulla produttività e che, per farlo, pensa tra l’altro di estendere fino a 60mila euro lordi la soglia di reddito fino alla quale si possono ottenere sgravi sui premi di produttività, citando come destinatari del provvedimento i quadri dirigenti.
È vero che il provvedimento accoglie una proposta che con le altre organizzazioni dei manager spingiamo da tempo ma crediamo sia una misura insufficiente: per dare risultati la soglia deve essere più alta.
Pur comprendendo le ragioni di cassa credo sia quindi utile ribadire un concetto chiave: fare le cose a metà è spesso inutile. Se la novità più significativa delle riforme previdenziali finirà per essere l’Ape (l’anticipo pensionistico obbligatorio) si risponderà in modo solo marginale ai bisogni dei pensionandi dal reddito medio e medio-alto ovvero della dirigenza. E si finirà per non dare risposte urgenti a quelle categorie che più contribuiscono al gettito fiscale italiano.