Esiste un limite d’età per il mantenimento economico dei propri figli? Sulla stampa italiana hanno avuto eco di recente alcuni casi che impongono una riflessione in tal senso. Quello più clamoroso riguarda un padre divorziato che ha chiesto al Tribunale civile di Modena di eliminare o ridurre l’assegno di mantenimento del figlio di 28 anni, il quale dopo aver conseguito una laurea triennale in Lettere non ha proseguito il percorso di studi accademici per conseguire la magistrale, ma si è iscritto a un corso di cinematografia sperimentale a Bologna, dove avrebbe richiesto ulteriori rimborsi spese per trasferte e alloggio. Soprendente la decisione dei giudici di Modena, secondo cui i corsi di cinematografia sono “in linea con le aspirazioni personali del figlio, anche in ragione delle attitudini familiari e del clima culturale vissuto in famiglia, certamente non estraneo a tendenze artistiche e propensione alla creatività” e che “non si possono mortificare le aspirazioni personali” del ventottenne.
Un altro caso che ha fatto molto discutere ha riguardato un padre obbligato a mantenere la figlia 25enne che viveva ancora con la madre con un impiego a tempo indeterminato. La motivazione è stata che l’occupazione trovata non rispettava le sue aspirazioni in quanto faceva la commessa con un diploma di ragioneria.
Il confronto con l’estero pone l’Italia in una situazione ridicola: i nostri ragazzi possono andare fuori corso senza alcuna conseguenza.
Esiste poi un problema di disallineamento dei percorsi scolastici rispetto alle esigenze del mercato del lavoro: Manageritalia, da sempre sensibile su questi temi, ha lanciato a questo proposito una serie di iniziative rivolte ai giovani e progetti di successo come Food4Minds.
Cosa fare dunque per agevolare l’ingresso dei ragazzi nel mondo del lavoro, responsabilizzarli sulle scelte scolastiche e universitarie e arginare certe prassi diseducative e dannose?