Alle radici dell’eccellenza con Eleonora Voltolina

Il punto di vista della Giuria del Premio Eccellenza 2018

Abbiamo chiesto a Eleonora Voltolina, giornalista che ha fondato e dirige  la testata online Repubblicadeglistagisti.it e giurata del Premio Eccellenza 2018, cos’è per lei l’eccellenza in generale e per quanto riguarda il management e i manager.

Cos’è l’eccellenza?
L’eccellenza, in generale, è la capacità di fare qualcosa in modo sensibilmente migliore rispetto alla media. In alcuni casi ciò è evidente in maniera immediata e incontrovertibile, si pensi a un centometrista, la cui eccellenza è testimoniata dal cronometro. Nella maggior parte dei casi, però, l’eccellenza non è così immediatamente evidente. Ci sono modi per camuffarla e perfino per contraffarla, per far apparire eccellenti cose, situazioni, persone che in realtà non lo sono. E anche quando sembra incontrovertibile, non è detto che l’eccellenza sia sempre pulita: il centometrista potrebbe essere smascherato, dopo la gara, da un esame antidoping. Dunque l’eccellenza è quel connubio speciale tra capacità straordinaria e onestà.

È un talento innato o si può coltivarlo?
Emile Zola diceva che “L’artiste n’est rien sans le don, mais le don n’est rien sans le travail”: l’artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza il lavoro. La frase si adatta bene anche al concetto di eccellenza. Eccellere in qualcosa, avere un dono, saper fare qualcosa in maniera speciale, è un vantaggio, ma vale poco se non lo si allena giorno per giorno. Un buon metodo per coltivarlo è quello di allargare lo sguardo e approfondire “pezzetti” limitrofi, nutrendo il proprio talento su un tema con linfa proveniente da altri temi. Imparare a essere poliedrici, a mio avviso, è un modo per potenziare la propria capacità professionale.

Parlando solo di manager, oggi essere eccellenti cosa vuol dire?
Saper coniugare le esigenze del business, “dei numeri”, dell’orientamento al risultato e al fatturato, con un comportamento socialmente responsabile, e saper anche guidare la propria azienda verso policy virtuose. Mi riferisco soprattutto, com’è naturale dato il mio background, alle policy che riguardano le risorse umane: un manager può anche eccellere nei risultati di bilancio, ma se lo fa triturando i suoi collaboratori, sfruttando appieno i cavilli del diritto del lavoro per sotto inquadrare e pagare il meno possibile i suoi dipendenti, oppure consentendo un clima di terrore in azienda, non sarà mai un manager eccellente.

Che immagine e esperienza tangibile ha dei manager?
Una parte del mio lavoro con la Repubblica degli Stagisti mi ha portato a costruire negli anni un network di aziende virtuose che hanno a cuore il destino dei giovani italiani e che capiscono bene il valore della corporate social responsibility e dell’employer branding: dunque la mia esperienza “tangibile” dei manager è buona perché il mio lavoro mi espone il più delle volte a persone illuminate. Naturalmente però l’altra parte del mio lavoro, quella giornalistica, mi porta spesso a scontrarmi con un’altra realtà e devo ammettere che alcuni ancora non comprendono appieno quanto sia importante, oggi più che mai, che il manager dimostri anche un impegno nella società in cui la sua azienda opera.

L’eccellenza dei manager a chi dovrebbe giovare oggi?
Alla società, appunto. Un manager eccellente è un elemento prezioso per la sua azienda: non solo perché riesce a gestire al meglio la sua area, raggiungendo e magari addirittura superando i risultati previsti, portando innovazione ed efficienza nelle procedure aziendali, ma anche e soprattutto perché con il suo lavoro diventa automaticamente un ambasciatore della reputation dell’azienda. E attraverso le sue scelte professionali, le policy che decide di adottare, può incidere molto sulla società che lo circonda: questo è particolarmente evidente nel mio campo, perché un manager può davvero fare la differenza nella qualità dell’occupazione e se consideriamo che l’occupazione giovanile e quella femminile sono due dei temi più problematici del nostro tempo, si capisce bene quanto i manager possano fare la differenza.

E un manager che voglia essere eccellente nell’inserimento dei giovani al lavoro cosa dovrebbe fare e come dovrebbe essere?
Innanzitutto prevedere l’utilizzo di contratti adeguati. Il diritto del lavoro italiano è molto complesso e c’è spazio purtroppo per molti abusi: ma un manager eccellente non sfrutta i contrattini precari per risparmiare sul costo del personale. Usa ogni formula con coscienza: se propone stage, sono stage con un serio progetto formativo, una durata commisurata alle mansioni da apprendere, una congrua indennità che permetta la sostenibilità economica e non escluda chi invece non ha una famiglia abbiente alle spalle. Un manager eccellente non ha paura della trasparenza dei dati HR della sua azienda e fornisce con chiarezza informazioni ai candidati su quali sono le prospettive di assunzione, di retribuzione, di carriera. Un manager eccellente non preferisce, tra due candidati con cv simili, automaticamente il candidato maschio perché non c’è pericolo che vada in maternità; considera l’eventualità di una assenza per maternità un normale step del percorso nella vita di un dipendente. Un manager eccellente mette nelle condizioni i giovani di crescere, imparare, venire valorizzati e non organizza la gerarchia in base esclusivamente all’anzianità o, peggio, alle dimostrazioni di fedeltà e sottomissione, bensì in base al merito, all’efficienza e alla capacità di innovazione. Un manager eccellente non ha paura dell’innovazione, non si trincera dietro il “Si è sempre fatto così”: guarda al presente e si prepara per il futuro.

In vista della serata di premiazione del 9 novembre, la Giuria del Premio Eccellenza Lido Vanni 2018 selezionerà i vincitori entro fine settembre.

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