Cosa vuol dire oggi essere il division
director delle principali fiere italiane del lusso?
«Vuol dire avere la responsabilità di supportare molte centinaia di aziende nella loro crescita e in particolare nel loro export, con servizi innovativi e in linea con le attese e i codici del luxury».
Quali sono i punti di forza da mettere
in campo?
«È fondamentale comprendere il business delle varie filiere che serviamo. Siamo “industry expert”. La fiera è la piattaforma di business di settore e per essere credibile deve poter rappresentare bene gli operatori e le dinamiche di oggi e di domani».
Come dare contributo e valore al
made in Italy?
«Lavoriamo quasi giornalmente con il ministero allo Sviluppo economico e le associazioni nazionali di categoria su progetti e iniziative condivise. Questo approccio di “sistema” sta dando un contributo
significativo al made in Italy».
Come sono cambiate le fiere con
l’avvento del digitale?
«Sono diventate ancora più importanti. Il momento fisico dell’incontro, della stretta di mano, è fondamentale in una relazione di business e la dimensione digitale sta integrando e rafforzando quella fisica. L’evoluzione del digitale ha reso più efficace il matching tra domanda e offerta, che può avvenire anche sul web, anche prima della fiera, e poi si conclude o si consolida in fiera».
Quale il contributo dei manager?
«Le fiere nascono come enti pubblici e la managerializzazione è fondamentale in questo momento di confronto con competitor globali, molto spesso più grandi. Il settore delle fiere si sta consolidando e sono richieste sempre più competenze in grado di gestire cambiamenti organizzativi e di lavorare in sistemi complessi, dove tra gli stakeholder
ci sono anche il territorio e il Paese».
Come presidiare da quest’ottica un
settore come quello del lusso che cambia alla velocità della luce?
«Continuando a capire e conoscere il mercato, studiando le dinamiche dei consumi, della distribuzione e della produzione. Rimanendo costantemente in contatto con i brand, i produttori e i compratori. Alla fine il loro successo è il nostro successo».
Lei è stato in precedenza nel noleggio
auto, nella consulenza e nell’abbigliamento: un percorso premiante e cercato?
«Ho volutamente alternato consulenza e azienda, senza focalizzarmi troppo sui settori ma puntando su competenze di general management e internazionalizzazione. È sempre difficile ripartire da un settore completamente nuovo, ma spesso è più semplice portare innovazione o nuovi punti di vista. Credo che le aziende punteranno sempre più su manager trasversali, i settori evolvono troppo in fretta per puntare sulla super specializzazione».
Cosa fare per continuare a crescere
professionalmente?
«Curiosità e umiltà. C’è sempre qualcosa da imparare, da qualsiasi collega, partner o amico. Aver fatto molte esperienze in Italia e all’estero, incluso l’Mba con in classe
39 nazionalità diverse, mi ha insegnato che c’è sempre qualcuno più bravo di te in qualcosa… c’è poco da essere arroganti, fai solo brutta figura nel lungo termine. Quindi cerco di imparare sempre e ogni giorno provo a essere meglio del “me stesso di ieri”».
Bisogna guardare anche all’estero?
«Fondamentale. Ormai il mercato cosiddetto domestico è almeno l’Europa. E con Italian exhibition group guardiamo anche a Usa, Middle-East, Cina e India, che sono i mercati di consumo più interessanti per la gioielleria. Conoscere lingue e culture non è più un plus, è una condizione almeno necessaria per poter fare bene il manager».
Lei vive a Padova, che ambiente
professionale c’è e come sfruttarlo?
«Sono rientrato nel Nord-Est italiano solo due anni fa, dopo quasi 15 in giro per l’Europa e a Milano. Qui si respira molto di più l’imprenditoria, la dimensione aziendale media è più piccola e sembra tutto un po’ più provinciale. Ma invece c’è profonda cultura, tanta competenza e una bella attitudine al darsi da fare e inventarsi qualcosa».
Quali i modi per fare networking
con vantaggi per sé e l’azienda?
«Le piattaforme web aiutano moltissimo a rimanere o entrare in contatto, LinkedIn è una risorsa insostituibile. Partecipo il più possibile
a eventi di settore e convegni».
Managerialmente parlando, Vicenza
e il Veneto come sono?
«Prevale un po’ la figura dell’imprenditore e del libero professionista in Veneto, almeno quando si sente parlare di “uomini di successo” al bar. Vista la storia di questa regione, piena di imprenditori illuminati, immagino crescerà l’esigenza di manager professionisti per affiancare la proprietà e affrontare le sfide di un mercato più complesso e globale. E i manager qui ci sono e sono bravi».
Lei è associato a Manageritalia
Veneto: che rapporto e quali vantaggi ha?
«Frequento con continuità gli incontri di Manageritalia e partecipo molto volentieri agli eventi di networking del “Business Club”. È il miglior modo per entrare in una community e costruire il tuo network di valore, professionale e personale. Soprattutto per me che sono friulano, di madre svizzera tedesca e moglie francese…».