Stupidità e formazione

Molti libri di management sono pieni di luoghi comuni. O meglio, assorbono in modo acritico le mode del momento, le tendenze spesso imposte da società di consulenza brave a “generare bisogni” nei loro clienti. Vocaboli triti e ritriti, traduzioni di parole americane da appiccicare su un powerpoint o da citare in qualche staff meeting. Anche il tentativo contrario, ossia quello di accostare la neo-lingua manageriale spesso cade nella stessa banalità che cerca di combattere. Si tratta di tutto quel filone di libri che interpreta l’attività manageriale in chiave mitologica, letteraria o filosofica. L’agire dei manager è letto attraverso la saggezza, gli scritti di poeti, romanzieri, filosofi del passato.

Il paradigma è semplice: per capire il mondo nel quale viviamo, dobbiamo guardare alla storia passata. Spesso però queste contaminazioni tra letteratura, cultura “alta” e quella manageriale nascondono in sé un pizzico di snobismo, dove la prima si presta (per ovvie convenienze economiche) a parlare della seconda ma sempre con un certo distacco e superiorità.
A meno che quest’operazione non sia condotta con intelligenza. Intelligenza che contraddistingue questo libro di Massimo Bellotto dal titolo “Stupidità e Formazione. Con glossario per gli addetti ai lavori” (Guerini Next editore).

Un libro dove si parla di formazione e della stupidità di cui spesso è vittima chi la fa e chi vi partecipa. Stupidità intesa “più che un attributo o una caratteristica del singolo come una modalità di relazione che danneggia entrambi i poli del rapporto, che nuoce sia allo stupido che al suo interlocutore”.
Come si palesa la stupidità durante la formazione, attività utilizzata dalle aziende per fare crescere le proprie “risorse umane”? (con risultati profondamente diversi a seconda che l’accento sia posto sulla parola “risorsa” oppure “umana”). Qui si apre il “bestiario” umano, la grande commedia (o tragedia) che si svolge nelle aule di training. Ecco quindi entrare in scena docenti dall’Io ipertrofico che investono di parole alunni attoniti deportati dalle loro aziende in giornate outdoor che li vedranno protagonisti in un’intensa attività di action learning.

Parole troppo astruse? Troppi anglicismi? Non preoccupatevi, il libro è corredato da un completo glossario dei termini aziendali più utilizzati. Ovviamente riletti alla luce del vero significato che spesso questi termini inglesi nascondono.
Perché leggerlo
Il libro di Massimo Bellotto ripercorre lo stile dell’elegante libello letterario, critico e caustico verso i luoghi comuni, il vuoto che si cela dietro molte mode manageriali o termini inglesi in voga.

Un libro che smaschera la stupidità della formazione “fatta male” quindi, non una critica snob, di chi giudica il lavoro altrui e accomuna tutti in una piatta mediocrità. Attraverso l’accusa alla stupidità della formazione, l’autore ci racconta anche come dovrebbe essere la formazione vera, durante la quale le persone crescono, riflettono su se stesse ed elaborano nuovi comportamenti da adottare durante il lavoro quotidiano.

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