Slow Brand. Vincere imparando a correre più lentamente

Chi si occupa di consumi, qualche segnale debole l’aveva già intercettato. Un diffuso senso di stanchezza verso l’essere sempre connessi, presenti sui social, la casella della posta in arrivo che lampeggia in continuazione. Articoli e interviste trattano sempre più di frequente la necessità di rallentare, di disconnettersi per riprendersi il proprio tempo. Perché il vero lusso oggi è il tempo. Tempo per approfondire, per confrontare, per scegliere.

Alcune aziende hanno colto per prime questi segnali deboli e hanno adattato di conseguenza le proprie strategie comunicative e commerciali. Il libro di Patrizia Musso, “Slow Brand. Vincere imparando a correre più lentamente” (Franco Angeli editore) intercetta la tendenza espressa da una nicchia di mercato e ci racconta di come, alcune aziende eccellenti, abbiano cominciato a soddisfarla. L’analisi parte da quello che da sempre è il settore più attento a cogliere il “sentimento” del mercato: quello dell’advertising. 

Slow advertising

Parliamo di “Slow Spot” ossia di scelte comunicative che utilizzano lo storytelling come strumento per coinvolgere il consumatore in una narrazione che perdura nel tempo. L’esempio principe, anche se non del tutto riuscito, è quello del “Carosello reloaded” ossia l’esperimento che ha riportato sugli schermi il celebre format televisivo. Per quanto appunto poco riuscito, la riedizione di Carosello aveva comunque l’obiettivo di uscire dallo schema della pubblicità “emozione-acquisto d’impulso” e di riportare il consumatore in uno spazio di racconto, di tempo da trascorrere in modo piacevole con il brand.

Slow spaces

Il percorso prosegue nel mondo dei negozi, dove l’esigenza del consumatore “slow” si è trasformata in un’esperienza di vendita, appunto lenta. Spazi dove il prodotto non è solo venduto ma raccontato. Negozio come “museo” che accoglie i visitatori e li intrattiene comunicando i propri valori, la propria sensibilità verso il sociale e le modalità produttive a basso impatto ambientale. E’ qui che, questa tendenza di mercato, si avvicina alla CSR, Corporate Social Responsibility alla ricerca di modalità etiche per fare business. 

Slow factory

È soprattutto però all’interno delle aziende che il tempo assume un valore strategico per la gestione delle risorse umane. Smart working, orari di lavoro flessibili, programmi di fitness personalizzati, possibilità di prendersi periodi di ferie retribuiti per coltivare la propria creatività al di fuori dei pressanti obiettivi aziendali e del proprio ruolo professionale. Tutti esempi di gestione “illuminata” da parte di aziende che hanno capito come la soddisfazione personale dei propri collaboratori sia correlata alla motivazione e alla produttività. 

Aziende più “buone” quindi ma anche più attente a scegliere collaboratori in linea con i principi etici dichiarati dall’azienda. Diabolico l’esperimento sociale utilizzato dalla multinazionale Heineken durante le selezioni. Improvvisamente, la selezionatrice HR con la quale il candidato deve iniziare il colloquio di assunzione, si sente male e cade a terra. Come reagirà il nostro candidato? Chiamerà aiuto? Si mostra indifferente? Certe situazioni possono dire molto di noi, più di qualunque test di selezione. 

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