Sicurezza informatica:
a tu per tu con un ex hacker

“Conoscere le tecniche con cui i sistemi informatici vengono attaccati è fondamentale per capire come difenderli dalle minacce del cybercrime”, mi spiega Luca Piovesan, account manager della società specializzata in sicurezza informatica Eurosystem. “Per questo, per tutelare maggiormente il nostro cliente, abbiamo pensato di offrire il punto di vista dell’ex hacker Athos Cauchioli e di fare informazione su quali sono i rischi in fatto di sicurezza IT, attraverso una serie di webinar (i prossimi il 16 aprile e ai primi di maggio). Cauchioli analizza le criticità delle reti aziendali, mettendo a disposizione le sue conoscenze e noi subentriamo con le soluzioni tecnologiche di messa in sicurezza delle infrastrutture, offrendo ai clienti la nostra esperienza trentennale in progetti di consolidamento dei sistemi IT”. 

Non capita tutti i giorni di conoscere chi per anni ha svolto l’attività di hacker informatico. Ho voluto approfondire con Athos Cauchioli gli obiettivi e i confini di questa attività.

Chi è e cosa fa esattamente un hacker?

Per rispondere a questa domanda bisogna ricorrere alla definizione della parola “hacker”, che in italiano viene tradotta come “smanettone”, persona che sa gestire in modo complesso l’informatica hardware e software. Io preferisco definirla “una persona con una spiccata curiosità del mondo informatico, in grado di eludere con molta eleganza gli aspetti di sicurezza informatica”. Un hacker riesce a guardare il tutto da una prospettiva diversa da quella con cui sono stati concepiti i meccanismi informatici, gioca con l’informazione digitale e la sicurezza a suo piacimento. 

Restiamo sempre nell’ambito della legalità, dunque?

Occorre sgomberare il campo dagli equivoci. Un hacker vero è un hacker etico, un hacker corretto, che non crea danni, anzi risolve i problemi legati alla sicurezza dei dati. Oggi questa figura è stata sopraffatta dalla nuova definizione di hacker, ovvero di predatore di dati e conti bancari. Un hacker collettivo è considerato un truffatore informatico. Negli anni 80 era una persona capace di capire le problematiche di un cervello artificiale e di trovare una soluzione, oggi è solo un criminale che fa danni e ruba le identità degli altri per compiere operazioni losche. 

Per quali motivi si decide di intraprendere questa attività? 

Un tempo non si decideva di intraprendere questa strada, a meno che non si facesse dell’informatica un’ideologia e della sua sicurezza una missione. Oggi invece si fa questo “lavoro” per degli intenti completamente opposti: derubare la gente. 

Qual è il pericolo reale che si nasconde dietro all’azione di un hacker e quali sono invece i luoghi comuni da sfatare?

Non ci sono tanti luoghi comuni da sfatare, anche perché oggi la complessità della nostra vita porta ad avere in parallelo un’identità reale e una virtuale: i nostri dati, i nostri soldi e le nostre attività viaggiano per lo più in digitale. Questo mette in serio pericolo la nostra vita perché in giro ci sono associazioni criminali pronte a infettarci. Il consiglio che mi sento di dare è di mettere sempre al sicuro i propri dati e la propria identità digitale, in quanto oggi i predatori informatici posso arrivare ovunque.

Il problema della sicurezza informatica è sottovalutato?

Il problema della sicurezza informatica è sempre stato sottovalutato, sin dai primi anni in cui è nata l’informatica. Solo in questi ultimi anni la percezione del pericolo è cresciuta, osservando il tipo di attacchi cui siamo sottoposti, con conseguenze spesso pesanti.

I danni più gravi?

Vuole un esempio? Pensi al “CryptoLocker”, che prende in ostaggio i nostri dati per essere rilasciati solo se paghiamo un riscatto: mette in evidenza la nostra fragilità in fatto di sicurezza informatica sia per le aziende sia per i privati. 

Oggi però esistono software che vengono in nostro soccorso.

Esistono software che possono limitare i danni. Il primo consiglio è sempre di farsi fare un’analisi della propria infrastruttura da un esperto, in maniera da conoscere le possibili falle e programmare quindi delle contromisure.  

Lei ha deciso di mettersi al servizio delle aziende: quando e perché ha fatto questa scelta?

Io sono stato un hacker etico dall’1989 al 1996, poi ho deciso che questa parola non mi rappresentava più, in quanto legata alle frodi, e quindi ho deciso di combattere chi vuole truffare e sottrarre dati in maniera becera, invece di usare il proprio talento al servizio della sicurezza informatica. Ovviamente un vero hacker ha un’esperienza sulla sicurezza informatica che non ha eguali, neanche una persona che ha studiato informatica può competere. 

Qual è il valore aggiunto che può dare la consulenza di un hacker?

Il valore aggiunto che può portare la consulenza di un hacker è di un livello molto più alto, perché conosce nel profondo il “lato oscuro” dell’informatica. È nata una collaborazione tra me e Luca Piovesan di Eurosystem perché abbiamo capito che insieme potevamo offrire un servizio al cliente completo: da parte mia un’analisi approfondita dell’infrastruttura ed Eurosystem per fornire il software per sanare le eventuali criticità nella rete. 

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