Marco ha chinato il suo sguardo sul blocco degli appunti innanzi a sé. Ha smesso di muoversi per un lungo attimo, dandomi l’impressione di concentrare tutte le sue energie in un punto solo. “Io non mi riconosco in questa parola. Io non voglio comandare. Ciò che voglio fare è aiutare i miei ragazzi a fare ciò che, ne sono certo, vogliono già fare. Insomma essere un Open Leader”.
Marco è nato nel 1988 ed è il coachee che incontro un paio di volte al mese perché in azienda ha da poco cambiato ruolo. Da pochi mesi è il nuovo responsabile del Customer Service e si è reso conto di non aver risorse sufficienti per farcela. “Non so come fare per dire delle cose spiacevoli. Non so come si fa a gestire le obiezioni dei colleghi oppure le loro resistenze”.
Marco tuttavia è dentro allo spirito del tempo, poiché è in relazione con persone che hanno circa trent’anni come lui. Sono diversi dai loro genitori, ma anche dai loro fratelli maggiori. Sono figli di un tempo per il quale la gerarchia non è il principale meccanismo di ordinamento del reale. La conoscono, l’accettano, ma non sono disposti a considerarsi dentro di essa, ai suoi principi, alla sua logica.
Sono individui, ma fanno se stessi a pezzetti. Ne depositano alcuni nelle istituzioni che vorrebbero essere “totali”. Si riprendono i pezzetti alla fine della giornata o alla fine della carriera, poiché ciò che conta è essere padroni di se stessi.
Questa è ciò che caratterizza il mondo nuovo. Il mutamento delle persone che va di pari passo con il mutamento del lavoro.
La condivisione di informazioni
Oggi possiamo pensare all’impresa come a un wiki. Un sistema Open, senza confini, collaborativo e auto-organizzato. Le persone ormai fanno al lavoro ciò che fanno nella loro vita privata: nel gruppo del calcetto oppure nel gruppo dei genitori. Aprono WhatsApp e liberamente scambiano messaggi per condividere informazioni e prendere decisioni. Nel far ciò inciampano nelle cadute di stile, nei commenti oziosi, nei diverbi senza rete, a cui i social ci hanno abituato. Ciò che c’è di buono (lo scambio e la condivisione) convive con il cattivo (la perdita di tempo, la fatica a gestire le relazioni).
L’impresa è basata sul modello collaborativo
Nelle aziende sono sempre più diffusi questi stessi fenomeni.
Il Capo Area fa un gruppo WhatsApp coi suoi venditori per condividere informazioni. Le infermiere parlano dei turni e dei pazienti. I membri dell’associazione si scambiamo commenti su temi dell’ultima assemblea.
Le aziende più evolute adottano degli strumenti collaborativi al proprio interno. Sono ormai molto diffuse le suite di collaboration, che è facile integrare nei propri processi di lavoro. Frequentemente in azienda vediamo usare Microsoft Teams, Slack o Trello. Come profetizzava Stewart Brand, il guru della Silicon Valley che ispirò Steve Jobs, questi non sono solo strumenti.
Gli strumenti impattano il pensiero e l’azione
Questi strumenti hanno un impatto epistemologico, culturale. Attraverso di essi costruiamo la nostra conoscenza della realtà, dunque definiamo il nostro rapporto con essa. Poiché il mondo digitale “aumenta”, il mondo reale, gli strumenti ci fanno costruire un’idea nuova delle relazioni. Non stiamo pensando tutti, sempre di più alla nostra vita attraverso alcuni concetti come velocità, personalizzazione, immediatezza?
La squadra di Marco deve rispondere ai clienti subito. Deve gestire le loro ansie, dimostrare di comprendere il problema in fretta e gestirlo in velocità.
In casi come questi, qual è il ruolo del capo? Quale è il ruolo del capo quando il problema richiede la velocità di reazione? Quando si tratta di fare un miglioramento organizzativo in un reparto? Di produrre innovazione o dare un servizio di qualità ad un prezzo risicato? Infine, il capo tradizionale è in grado di gestire tutto questo?
L’importanza dell’idea che parte dal basso
Nella mia attività di consulente (Forma del Tempo) e di studioso del mondo del lavoro incrocio tante storie. Sono entrato in contatto ultimamente con l’esperienza straordinaria di Amazon. Un’azienda da 600.000 dipendenti che ha speso nel 2018 22 miliardi di dollari in Ricerca e Sviluppo. Amazon tuttavia non ha concentrato questa funzione in un solo dipartimento.
Amazon adotta un approccio che si chiama Working Backwards che consente virtualmente ad ogni dipendente dell’azienda di fare una proposta di innovazione/miglioramento partendo dall’esigenza di un cliente interno o esterno. Si lavora su narrative (testi word e non presentazioni ppt!), in cui partendo dai bisogni del cliente e dai benefici che cerca si costruisce una proposta in grado di dare risposte. Capi che non sono gelosi delle buone idee, l’essere critici in modo costruttivo, l’essere disposti a rischiare e a fallire rende possibile far emergere dal basso molte buone idee in grado di aumentare il valore dell’azienda. Non vige più la logica di separazione (top-down, oppure funzionale), ma quella della distribuzione. Leadership distribuita, a disposizione di chi vuole prendersela. Di chi vuole rischiare, giocare i propri talenti, incidere.
Il caso Nova Coop
Più vicina a noi (FDT) è l’esperienza che abbiamo promosso come consulenti di una realtà italiana. Nova Coop (società leader della Grande Distribuzione nel nord ovest), che ci ha chiesto come incrementare l’efficienza dei reparti di un proprio ipermercato: la soluzione che abbiamo proposto è stata di affidarsi alle capacità di autodiagnosi degli addetti. Mettiamo in standby per un po’ gli esperti, oppure i capi, nel comprendere quali sono le criticità del negozio e decidere le soluzioni. Mettiamo gli addetti nelle condizioni di capire cosa non funziona e successivamente decidere il percorso da fare. Ma, attenzione, niente trucchi.
Non “consulenti buoni” e “capi cattivi”. Alla fine i consulenti se ne vanno e i capi rimangono. È inevitabile che tutto torni come prima. L’azienda ha intrapreso una strada coraggiosa e illuminata. Sono stati formati i capi a interpretare un ruolo nuovo che si chiama Open Agent. La mentalità è quella di chi sa passare dal “comando” alla “facilitazione”. Ancora una volta la chiave sono gli strumenti, i tool.
I benefici di un approccio Openness
Quando fai cento discorsi sull’importanza della Openness, del fare un passo indietro, del supporto, del coaching, le persone hanno reazioni di stupore prima e di entusiasmo poi. Intravedono nuove possibilità, un’idea diversa di leadership, una revisione della cultura del comando e controllo. Il tema tuttavia è sempre quello di applicare questi temi, al di là dell’iniziativa individuale, del buon senso, dello stile di management preferito.
Come fare per produrre un effetto concreto nell’organizzazione senza stravolgerla? Dare strumenti: è la risposta.
Alcuni capi e gli assistenti del personale di un negozio di Nova Coop, hanno conosciuto e imparato a usare un buon numero di strumenti per supportare i loro gruppi nell’analisi e soluzioni dei problemi organizzativi. Ho uno strumento? Se lo so usare sono più potente, posso avere fiducia in me stesso, posso fidarmi che sarò in grado di gestire la situazione. In definitiva fidarmi di quelli con cui lavoro.
Il risultato? I capi si stupiscono di non dover “motivare le persone” per farle lavorare bene. Le persone alzano la testa, raddrizzano la schiena. Letteralmente alzano gli occhi e cercano quelli degli altri. Smettono di rintanarsi o cercare vie di fuga.
Marco ha alzato gli occhi dal foglio e ha detto: “Io voglio essere un capo diverso”.
Non è questo un buon motivo per “aprire le organizzazioni”? Per renderle luoghi più degni in cui passare parte della propria vita?
Risorse
Open leadership, l’azienda senza capi è una nuova idea del comando (Il Sole 24 ore)
Il potere che cambia, la leadership diventa collettiva (Il Venerdì di Repubblica)
Vademecum aziende senza capi
- Per essere più vitali serve più leadership
- Dare fiducia a chi se la vuole prendere
- Le conoscenze e gli strumenti distribuiscono la leadership
- Gli strumenti cambiano il modo di vedere il mondo
- Gli strumenti cambiano le abitudini, spingono le persone a muoversi
- Il capo fa tre cose: insegna, insegna, insegna
- Il capo non risolve i problemi, li fa risolvere a chi è vicino ai problemi
- Accettare che non tutti vogliono prendersi la leadership
- Sapere che tutti, proprio tutti, hanno qualcosa da dare
- Scrivi_tu il tuo principio in questo spazio, perché darsi dei principi è già un atto di leadership