Riprendiamoci il turismo: Francesco Furino (Irgen Retail Management)

Le azioni in atto per la ripresa di un settore chiave del nostro Paese. La parola ai manager

Manageritalia vuole parlare dei vari comparti e territori del turismo italiano con una serie di interviste a manager di aziende e organizzazioni dell’intero settore (alberghi, cultura, leisure, agenzie viaggi ecc.) per cogliere le azioni in atto per la ripresa. Una ripresa che ci vedrà tutti protagonisti, come operatori o come turisti. Intervistiamo oggi Francesco Furino, managing director Irgen Retail Management.

Quanto ha pesato la crisi in atto sulla sua azienda e, in generale, sul turismo del suo territorio?
«Innanzitutto è giusto sottolineare che turismo e shopping sono fortemente correlati. Il turismo dello shopping è quel fenomeno che fa spostare un potenziale turista in un determinato luogo attirato dalla possibilità di fare il suo acquisto esperienziale e che diventa quindi una delle motivazioni principali nella valutazione delle mete del viaggio. Anche noi negli anni possiamo constatare questo fenomeno presso le nostre strutture. Pertanto, in questa situazione pandemica, il settore dell’industria Retail Real Estate, che ci vede impegnati nel comparto Factory Outlet e Shopping Centre, specie nel sud Italia, nelle regioni Puglia e Campania, ha risentito enormemente delle misure restrittive tese a limitare gli spostamenti sia di un turismo domestico che internazionale, fortemente attratto dai negozi del made in Italy, registrando in generale un calo di fatturato pari al -50% nel 2020 e al -60% nel primo quadrimestre del 2021».

Come avete fatto fronte sino ad oggi alla crisi?
«La pandemia ha avuto un impatto devastante nel nostro settore e fin da subito abbiamo compreso l’importanza di mettere in campo azioni strategiche con tempestività. Siamo partiti innanzitutto dall’analisi delle azioni tese a salvaguardare i posti di lavoro, da sempre obiettivo cardine della nostra azienda, aderendo d’altronde alle misure previste dagli ammortizzatori sociali, senza dimenticare, dall’altra, di tutelare i nostri brand partner, attraverso la rinegoziazione dei canoni di locazione, sulla base delle performance realizzate e assorbendo pertanto internamente la maggior parte delle perdite, ovviamente con l’auspicio che la campagna vaccinale faccia il suo corso e tutto possa ritornare alla normalità nel breve tempo possibile».

Oltre le singole aziende, l’ecosistema del turismo del suo territorio come ha reagito in questo duro frangente? Si poteva fare meglio e di più?
«Ritengo che nella regione Campania esistano tutti i presupposti per generare un’economia di stato stazionario, ma il tutto non può prescindere dalla capacità di fare sistema tra imprese, istituzioni e società civile. Tuttavia, vanno migliorate in alcune aree, specie in quella interna, la qualità della proposta ricettiva e le proposte di attrazione, puntando alle meravigliose bellezze artistico-culturali che ci contraddistinguono in tutto il mondo, con l’obiettivo di destagionalizzare l’offerta. Vanno infatti considerate soprattutto nuove esperienze di vacanza legate alla natura, dallo slow tourism al turismo enogastronomico a quello congressuale, in cui la nostra regione deve ancora sviluppare e potenziare modelli organizzativi e promozionali di successo. La ripartenza potrà e dovrà essere un’occasione di rilancio per le strutture ricettive, i territori e gli operatori, senza avere il timore anche di reinventarsi e osare».

Quali le prospettive per il prossimo futuro?
«Difficile, ancora oggi, fare delle proiezioni precise su quali saranno i flussi turistici per quest’anno e per il futuro e come impatteranno sulla nostra economia. Il persistere dello stato di emergenza sanitaria e le conseguenti restrizioni agli spostamenti lasciano operatori e viaggiatori in una sorta di limbo, impattando in modo significativo sulla dinamica delle prenotazioni, solitamente già consistenti in questo periodo dell’anno, con ovvie conseguenze negative anche sui nostri business, che sostanzialmente vivono di flussi importanti di visitatori».

La pandemia e la conseguente crisi hanno innescato dei cambiamenti irreversibili per il settore turismo e quali?
«Dobbiamo affrontare la questione con approccio positivo, cercando di non lasciare indietro nessuno, con l’ovvio presupposto che tutte le attività del comparto necessitano di misure ad hoc per restare in vita, come i ristori, la riduzione dell’Imu, i crediti d’imposta sugli affitti, la riduzione delle tassazioni locali. Servono, inoltre, cospicui investimenti privati sul settore, per riqualificare l’offerta turistica e migliorarne l’impatto ambientale, al fine di essere più attrattivi quando riprenderà la domanda turistica. In questa chiave, i fondi del Recovery Plan giocano un’occasione unica e irripetibile».

Avete in atto di cambiare qualcosa nel modello di business e nelle strategie per cogliere al meglio la ripresa e come?
«Siamo consapevoli che è giunto il momento di fare un’adeguata riflessione sul modello dell’industria dei centri commerciali nel quale la nostra azienda è impegnata. Il Covid non ha fatto altro che accelerare un processo di trasformazione che mette sempre di più il “cliente” al centro delle nuove strategie, ormai attratto da differenti metodi d’acquisto, primo tra tutti l’e-commerce. Siamo inoltre convinti che i centri commerciali debbano reinventarsi e una delle principali strategie deve essere volta all’implementazione del “commercio esperienziale”, che porta a una conversione dei centri da luoghi adibiti al mero shopping a luoghi in grado di favorire un’esperienza completa, attraverso anche l’intrattenimento e l’esaltazione del Food».

Il vostro territorio come si sta preparando alla ripresa?
«In questo momento c’è ancora tanta confusione, dettata sicuramente dalle norme del coprifuoco alle 22 fino al 31 luglio, ma anche dalle azioni degli altri governi atte a promuovere territori Covid Free. Riteniamo pertanto corretta la volontà di vaccinare il comparto turistico della nostra regione, al fine di evitare di perdere importanti flussi spinti oltre confine. In merito alla necessità di fare sistema e investire nelle adeguate managerialità speriamo fortemente che questa pandemia abbia dato e darà una forte spinta ad affrontare il settore con altre prospettive».

E la vostra azienda, in particolare?
«Noi abbiamo pensato di evolvere la nostra offerta con Shopping Resort Maximall Pompeii. La scelta della denominazione “resort” non è casuale, in quanto l’investimento è volto principalmente ad assicurare alla clientela uno stato di benessere durante la sua visita. Se è vero che oggi l’e-commerce ci avvicina digitalmente, lo stesso ci allontana fisicamente. E questa tendenza diffusa a non socializzare in luoghi fisici – si veda anche la crisi del cinema, dei parchi di divertimento, dell’entertainment in tutte le sue sfaccettature – ha talvolta purtroppo preso il sopravvento. In questa logica, confidiamo che il nostro nuovo format possa arrestare tale trend offrendo al pubblico una combinazione di vari fattori innovativi con l’aggiunta di tanti effetti “wow” mai visti prima, soprattutto nell’edutainment».

Come vi aspettate che sia la domanda, i clienti… nell’immediato e nel prossimo futuro?
«Per quanto ci riguarda, le nostre strutture sono attente alle esigenze della Generazione Z e guardano con estrema attenzione, attraverso un cannocchiale galileiano, a quella che sarà la futura Generazione Alpha, a come essa si muoverà sui territori e, soprattutto, a cosa la spingerà a scegliere un luogo rispetto a un altro. In questa chiave, i nostri asset si pongono l’obiettivo di essere parte integrante e tappa obbligata del percorso turistico, investendo anche in nuovi modelli tecnologici capaci di attrarre le esigenze dei più giovani e, quindi, dell’intera famiglia».

Sostenibilità, digitalizzazione… sono opportunità e come?
«Dobbiamo partire da questa situazione di debolezza e trasformarla in un’occasione di opportunità, garantendo il rispetto dei principi di un’economia circolare. Serve a tal riguardo una strategia comune e una vision chiara da perseguire, investendo in contemporanea da un lato sulla ricerca e sulla formazione mirata alle competenze digitali e dall’altra sulla capacità di assicurare adeguate infrastrutture di rete che consentano nell’intero territorio nazionale di ridurre il gap con altre aree del Paese, stimolando soprattutto l’interesse di nuovi investitori esteri del settore. Abbiamo bisogno di attrarre nuovi capitali e, per fare ciò, abbiamo bisogno di generare i presupposti».

Insomma, come si immagina il turismo in Italia e per l’Italia da qui a cinque anni?
«Gli esperti parlano di un crollo mondiale del turismo del 70% e stimano che si tornerà, in termini di voli e turismo ad esso legati, all’epoca pre-Covid entro il 2024. Tale stima è sicuramente ribaltabile grazie alla campagna vaccinale, anche se le ingenti perdite economiche scatenate dalla crisi rendono la definizione di una data precisa di ripresa un atto quasi di fede».

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