Prima di premere di nuovo il tasto start, premere reset

La gigantesca interruzione nei rituali a cui ci ha costretti il covid-19 ci dà degli spunti, ma coglierli è una scelta

Praticamente tutto il mondo ha dovuto premere il tasto “pause”. Subito dopo, ha spostato la propria attenzione sul tasto “start”, ansioso di premerlo appena sarà permesso farlo. E se prima pigiassimo il tasto reset?

In questo radicale esperimento sociologico senza precedenti, in poche settimane molti eventi sono passati dall’essere impensabili ad essere realtà con le quali conviviamo, abbiamo fatto cose che non avremmo mai pensato possibili, abbiamo scoperto dimensioni inesplorate nelle relazioni e capito che non è tutto sotto il nostro controllo.

Non ci sono dubbi che questa abbia la potenzialità per essere un’esperienza collettiva molto trasformativa, ma rimangono aperte due questioni: se l’effetto sarà permanente e se sapremo utilizzare il nuovo inizio per introdurre quei cambiamenti la cui data di scadenza è passata da tempo. Anche da eventi terribili come una pandemia possono nascere spunti positivi: non ne diminuiscono certo la portata negativa, non è algebra, ma sarebbe sbagliato sprecarli. Gli spunti che ci sono arrivati in questo periodo sono molti, ne scelgo due.

Il primo riguarda gli spostamenti: abbiamo verificato che molte delle attività che svolgevamo in presenza possono essere fatte dalla nostra scrivania. Ci siamo resi conto che il timore di perdere la relazione perché c’era più di mezzo metro a separarci dall’interlocutore era atavico e infondato. Abbiamo capito che prendere l’automobile, il treno o l’aereo per partecipare a un incontro o una riunione non era una scelta consapevole, presa “base-zero” ogni volta valutando pro e contro, ma solo un’abitudine consolidata e un rituale.

Per un breve periodo, quando la situazione sarà tornata alla normalità, avremo la possibilità di scegliere se premere subito il tasto start e salire sul primo aereo per andare a incontrare i nostri clienti e business partner o se, prima, premere reset, cioè fare con loro una conversazione diversa dalle solite e socialmente responsabile. Potremo decidere insieme di cambiare il rituale e risparmiare il pianeta, oppure no. Il global warming rimane uno dei problemi urgenti che l’umanità deve risolvere (peraltro vari esperti ipotizzano che il cambiamento climatico sia una delle concause dell’aumentato rischio di pandemie). Sappiamo che eliminare gli spostamenti inutili fa parte della soluzione, dobbiamo solo avere il coraggio di farlo.

Il secondo spunto riguarda i ruoli femminile e maschile nella società e all’interno della famiglia. In Italia (al 76° posto della classifica 2020 sul Gap di Genere del World Economic Forum) siamo ancora molto legati agli stereotipi di genere. Il covid-19 però ha costretto agli ormeggi domestici anche gli uomini più girovaghi e, contemporaneamente, come in una tempesta perfetta, ha segregato in casa eventuali figli e ridotto gli aiuti domestici esterni. Costretti alla vita casalinga priva di babysitter e colf, molti uomini (soprattutto baby-boomer e Gen-X) hanno riscoperto le relazioni di tutti i giorni con i figli, quella quotidianità che non si conosce se li si accompagna solo il sabato alle partite di calcio e se ci si limita a delle comparsate alle recite natalizie delle scuole. Molti di loro hanno finalmente imparato ad azionare la lavapiatti e altri apparecchi estremamente complessi precedentemente ritenuti impossibili da padroneggiare senza una elevata presenza di estrogeni nel sangue.

Forse le donne, parecchio più resistenti al covid-19, in alcune professioni rientreranno al lavoro prima degli uomini. Il virus si è mostrato finora un equalizzatore: non ha risparmiato né primi ministri, né reali, né ricchi e famosi e ha costretto a casa tutti senza distinzioni. Potrebbe essere anche un giustiziere che rovescia i ruoli secondo la legge del contrappasso. Non me lo auguro, per ripartire serviamo tutti, ma spero non vada disperso il cambio di prospettiva che ci è stato dato.

La gigantesca interruzione nei nostri rituali a cui ci ha costretti il covid-19, oltre a dispiaceri e preoccupazioni, ci ha dato degli spunti. Utilizzarli per evolvere, però, è una scelta.

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