Oltre ai libri di management, dovremmo riscoprire la lettura dei classici. E tra questi, i libri di Honoré de Balzac, a partire dalla Commedia umana.
Il manager che ambisce a favorire l’innovazione sa che è necessario sospingersi nel territorio scivoloso degli intendimenti: le inclinazioni del mercato, la volontà dei competitor, i propositi più nascosti dei colleghi. Balzac è tuttora l’insuperato maestro delle intenzioni. Nei suoi libri si colgono i propositi in azione e si comprende bene che i meccanismi che trasformano la potenza in atto sono tanto stringenti quanto imprevedibili e, proprio per questo, per poterne presidiare gli effetti, è necessario studiarne senza sosta le dinamiche. La commedia umana può dunque anche essere letto come un manuale di buona condotta manageriale, dedicato a tutti quei manager che considerano le persone la materia prima del proprio lavoro, qualunque sia il lavoro che svolgono.
Le organizzazioni d’impresa, proprio come le scuole, possiedono raffinatissimi strumenti per misurare i risultati ma sono del tutto prive di un qualsiasi attrezzo che garantisca un’oggettiva valutazione dell’impegno. Eppure l’intenzionalità è un elemento di crescente importanza nella vita del manager.
Un tempo ai dirigenti che dovevano esprimere un parere sul lavoro dei collaboratori era consentito limitarsi alla lettura dei risultati. A volte poteva essere richiesto di spingersi sino al giudizio sui comportamenti. Ogni performance review che si rispetti soppesa il cosa (risultati) e pondera il come (comportamenti), quindi assegna speditamente un voto complessivo alla prestazione. Quel che rimane fuori, l’impegno, non ha rilievo nell’organizzazione moderna del lavoro.
Negli ultimi anni, viceversa, è divenuto evidente che l’innovazione ha poco a che fare con la sola misurazione degli atti: se il collaboratore si limita a raggiungere gli obiettivi assegnati, agendo i soli comportamenti attesi, verrà apprezzato dai colleghi della compliance, ma difficilmente aiuterà l’azienda a rimanere competitiva.