Le 3C del successo

Consapevolezza, curiosità, coraggio: questa la ricetta del successo di Elisa Piscitelli, 29enne, ceo e founder di Futurely. Abbiamo fatto due chiacchiere con lei: ci ha raccontato del suo percorso, della sua realtà e di due mondi lavorativi, l’Italia e gli Usa, più diversi di quanto si possa immaginare…

Donna, studi Stem, startupper e ceo a 29 anni. Sei un fenomeno o c’è una ricetta?

«La ricetta che ho seguito è quella che consigliamo sempre ai nostri ragazzi: consapevolezza, curiosità e coraggio. Chiedersi per che cosa si è fatti, cercando di conoscersi nella vita privata e nello studio, magari prestando attenzione alle materie e discipline che piacciono di più, o al metodo di studio che tira fuori il meglio di noi… e, in base a tutto questo, puntare sempre in alto, senza paura di rischiare o sbagliare, ma scommettendo su quello che si scopre di sé. Proprio per questo sono andata in America: mi piaceva la matematica e prendere le decisioni aziendali con un approccio analitico. Pur sentendomi un pesce fuor d’acqua a ingegneria gestionale, non mi sono rassegnata e ho chiesto ai miei professori dove potessi studiare questi argomenti al meglio. Mi sono sempre mossa seguendo la voglia di crescere e imparare, di scommettere e rischiare, con ragionevolezza, ma sapendo che non avevo niente da perdere, con la libertà di chi non dipende dal successo o dal giudizio degli altri».

Sei stata in Italia e negli Usa, anche nella Silicon Valley, ma poi sei tornata in Italia, perché?

«Principalmente per Futurely, di cui sono ceo e cofounder. Futurely è una piattaforma con corsi digitali per l’orientamento per ragazzi di fine medie e di fine superiori; è un’app gamificata, guidata e personalizzata, tramite cui gli studenti mettono a fuoco le proprie competenze, passioni, inclinazioni, per poi aprirsi al mondo oltre la scuola. Appena abbiamo visto che in Italia il business stava crescendo esponenzialmente, abbiamo capito che era importante che io tornassi per dedicarmi full time al team e alla sua crescita».

Essere donna nel mondo del business e del lavoro in Italia e all’estero, in particolare negli Usa, cambia qualcosa?

«Cambiano i pregiudizi. Negli Stati Uniti la situazione è quasi ribaltata: essere donna apre diverse porte perché gli interlocutori hanno in mente il “gender equality” come valore, soprattutto in east e west coast. C’è la consapevolezza che, per ribilanciare un retaggio storico, si debba porre più attenzione alle donne. In Italia non posso nascondere che in fase di fundraising o di vendita ai clienti si notasse, a volte, un bias intrinseco. Ci sono stati un paio di casi evidenti in cui avere un uomo al mio fianco ha ispirato più fiducia nei primi secondi di meeting».

Cosa ti ha spinto a creare Futurely e quali obiettivi hai?

«Mi ha spinto la voglia di fare la differenza nel mondo, partendo dall’educazione e dall’educazione in Italia. Troppi ragazzi hanno paura di fallire, di pentirsi delle scelte, di sbagliare… Il mondo e l’Italia hanno bisogno di una nuova spinta e io volevo farne parte attivamente. In Italia, il 13% degli studenti abbandona le superiori e il 12% l’università; tra i dispersi scolasticamente abbiamo una disoccupazione del 50%. Il mio obiettivo è abbattere questi numeri, supportando migliaia di ragazzi tutti gli anni e aiutando centinaia di aziende a investire negli Sdg 4 (educazione di qualità) e 10 (riduzione delle disuguaglianze) dell’Agenda Onu 2030».

Oggi in Italia stai avendo successo, come?

«Abbiamo trovato il team giusto, questo è il segreto. Lavoro con persone molto responsabili e orientate ai risultati, che si sentono parte dell’azienda. Con loro ho potuto instaurare fin dal giorno 0 la cultura del feedback, del rispetto, della stima e dell’ascolto: una volta che ci sono questi elementi, tutto il resto è in discesa».

Chi compra e utilizza Futurely? Perché e con quali risultati?

«Principalmente le aziende, spesso quelle leader di settore che utilizzano Futurely per avere un impatto positivo sugli Sdg, in particolare il 4 e il 10. Attraverso misurazioni qualitative e quantitative, dimostriamo che i ragazzi che completano Futurely aumentano le 3C (consapevolezza, curiosità e coraggio) e sono meno inclini alla dispersione scolastica. Misuriamo anche la percentuale di ragazzi soddisfatti degli studi intrapresi dopo il percorso: la soddisfazione passa dal 66% (media italiana) all’89% (media ragazzi Futurely)».

Non hai abbandonato gli Usa: vuoi andare anche là con la tua startup, perché e come?

«Siamo già negli Usa: abbiamo lavorato con sei scuole, ci sono aziende che ci stanno chiedendo di offrire il servizio al branch americano, ho il visto per poter lavorare là, abbiamo un ufficio a Los Angeles, abbiamo la Inc che controlla la srl… Il prossimo passo è trovare il momento giusto per decidere di scalare e crescere, dopo che avremo consolidato il mercato italiano. Disperdere le energie troppo presto potrebbe non essere l’arma vincente».

Tre must per farcela, indipendentemente dal genere?

«Le 3C: consapevolezza, curiosità, coraggio!». 


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