Il caso Fiat-FCA dal punto di vista del lavoro in fabbrica è al centro del saggio Fabbrica futuro di Marco Bentivogli e Diodato Pirone. Gli autori puntano i riflettori su come si lavora in concreto lungo le linee di montaggio di un moderno stabilimento automobilistico italiano, nei suoi aspetti positivi e nelle sue contraddizioni. Lo sguardo alla vicenda Fiat-FCA è un viaggio nelle fabbriche moderne, non più luogo di rivoluzioni ma crocevia della grande trasformazione del lavoro e delle produzioni perché sono una frontiera tecnologica, un aggregatore di conoscenze e una molla della vitalità del Paese. Le fabbriche sono il luogo più autentico dove si coniugano le esigenze di produttività, di sostenibilità e soprattutto di umanizzazione del lavoro.
Nell’immaginario collettivo quegli stabilimenti sono ancora “fabbriche inferno” mentre nella realtà sono paragonabili a qualcosa che assomiglia più a sale chirurgiche. La realtà riferisce di una drastica compressione della fatica che si sta traducendo anche in un incremento dello “stress” degli operai 4.0, chiamati a una maggiore attenzione e a far funzionare la mente e non solo le mani. In queste fabbriche sta crollando il muro fra lavoro manuale e intellettuale e nuove competenze stanno ricomponendo le mansioni di lavoratori e “capi”.
Gli autori fanno emergere anche il messaggio “politico”, rivolto implicitamente all’Italia immobile, della rivoluzione culturale frutto della nuova visione dell’azienda e del coraggio di una parte del sindacato. L’Italia non può permettersi di restare ai margini. “E invece – scrivono gli autori – il Paese appare in larga misura inconsapevole e distratto. In Italia non curiamo e non valorizziamo il nostro patrimonio manifatturiero e ci ricordiamo delle fabbriche, troppe volte considerate luoghi di oppressione, solo quando esplode la vertenza sindacale di turno. In televisione i lavoratori, non solo gli operai, non sono mai visti come protagonisti dell’evoluzione del lavoro, fenomeno che viene semplicemente negato. È vero invece l’esatto opposto: in un’economia aperta e ben gestita, il lavoro nell’industria non solo non si riduce quantitativamente e non precipita verso l’alienazione ma, come nei capitoli di questo libro si tocca con mano, evolve verso forme di «ingaggio» e di partecipazione”.
La fabbrica “nuova” non è dunque figlia dei tecnicismi e dello strapotere dei robot, ma di una svolta culturale molto complessa, che ha cambiato in profondità il modo di lavorare non solo lungo la linea di montaggio ma anche di tutta la catena gerarchica.
Fiat-FCA, ben nota per la sua catena di comando rigidamente verticale e militarista, si sta trasformando, fra mille difficoltà, in un’impresa orizzontale o a bassa gerarchia. Nelle fabbriche FCA verticalismo e paternalismo sono oggi sostituiti da un’ampia responsabilità diffusa, non per generosità gratuita, ma per una nuova cultura industriale che deve saper cogliere la sfida reciproca tra le parti sociali sulla partecipazione dei lavoratori.
Fabbrica futuro, Marco Bentivogli, Diodato Pirone, Egea, pagg. 236, € 22.