La persona che aggiusta la stampante, l’uomo o la donna da chiamare quando il gestionale si blocca, la wifi non prende o il ceo non riesce a condividere lo schermo su Teams. Insomma, la figura che assicura il pronto soccorso digitale di tutti i reparti: operativa, reperibile, onnipresente, ma mai strategica. Così viene ancora vista la figura dell’IT Manager in molte, troppe aziende italiane, ma questo è un grave errore: nel 2025 è assolutamente sbagliato considerare l’IT un mestiere tecnico, sarebbe come considerare un chirurgo un bravo tagliatore di bistecche.
L’analisi di Paolo Borghetti, ceo di Future Age, sottolinea un punto fondamentale: le aziende che non vogliono restare fuori mercato devono comprendere che l’IT Manager non è un tecnico, è il manager più importante dell’impresa moderna.
La miopia delle Pmi italiane
Sono circa 390.000 le imprese manifatturiere presenti in Italia, oltre il 90% delle quali fattura meno di 10 milioni di euro. Secondo i principali osservatori (Assintel, Politecnico di Milano, Istat), più del 70% di esse non ha un IT Manager interno. Non ha dunque un responsabile che governi infrastrutture, sicurezza, processi informativi o innovazione per il semplice fatto che nella maggioranza delle imprese l’informatica viene esternalizzata: spesso in uffici e corridoi si sente dire: “ci pensa il fornitore”, “c’è il cugino del titolare”, “abbiamo un sistemista a chiamata”. La conseguenza di tutto ciò è che la tecnologia non è uno strumento di crescita, ma solo una stampella di emergenza. A guidare ogni decisione non è la strategia aziendale, ma il commerciale di turno. Il risultato è la mancanza di una visione interna che porta a comprare licenze inutili e chiamare “digitalizzazione” la sostituzione dei pc.
Non uomo software, ma uomo processo
Cambiare un sistema Erp non significa cambiare un software, bensì cambiare la spina dorsale dell’organizzazione, ridisegnare processi, responsabilità e flussi decisionali. L’IT Manager moderno è un architetto di processi, non un semplice installatore di sistemi. È un ruolo manageriale che ha una visione trasversale su tutta l’azienda: è la figura professionale che deve capire come far dialogare reparti che oggi si ignorano, come eliminare sprechi, come usare i dati per prendere decisioni migliori. Invece, spesso accade che venga trattato come un elettricista con un Excel in mano.
Sepolti dall’operatività spiccia
Oggi l’IT Manager, invece di fare innovazione, è costantemente impegnato nelle seguenti attività:
- resettare password per colleghi che le dimenticano ogni lunedì mattina;
- inseguire chi “non riesce a stampare in fronte-retro”;
- rispondere a email con oggetto “URGENTE: non trovo il file sul desktop”;
- fare da psicologo informatico a chi “non capisce perché la VPN non va”;
- disinstallare toolbar piene di pubblicità dai browser del reparto acquisti;
- spiegare per la cinquantesima volta che “Excel non è un gestionale”.
E mentre combatte con mouse, cavi e stampanti, nessuno si chiede chi stia pensando al futuro digitale dell’azienda. Il tempo per pensare a come innovare, del resto, si riduce a zero tra un antivirus da aggiornare e una riunione di emergenza.
Il futuro delle imprese italiane passa da questa figura
Nel prossimo decennio, non saranno il prodotto o il prezzo a determinare la competitività, ma quanto velocemente un’azienda saprà cambiare i propri processi interni. A orchestrare questo cambiamento può essere solamente l’IT Manager per:
- introdurre l’intelligenza artificiale nei flussi decisionali;
- automatizzare i processi ripetitivi;
- ridurre i costi e migliorare la produttività;
- unire persone, processi e tecnologie in un’unica visione coerente.
Ma finché sarà sepolto da ticket, assistenze e cavi Usb, nessuna trasformazione sarà possibile.
Conclusione
L’IT Manager è la mente digitale dell’azienda, il suo sistema nervoso centrale, non il mero braccio tecnico. Finché continueremo a trattarlo come un “aggiustastampanti”, continueremo a cambiare software senza cambiare davvero azienda.