Il mondo della cultura in Italia

Nel 2023 si registra un’affluenza importante nelle destinazioni più note, come i grandi musei e siti archeologici. Cresce la consapevolezza che le strutture e le azioni culturali devono diventare parte di una strategia di sviluppo locale. La parola a Michele Lanzinger, direttore del Muse, il Museo delle scienze di Trento, e presidente di Icom Italia

Come è andata quest’anno la stagione per il mondo della cultura, musei e mostre in testa?
«Non posso ancora portare dati numerici specifici, ma l’anno ha confermato la ripresa della frequentazione dei musei, in linea con i dati del turismo in Italia. Numeri importanti nelle destinazioni più note, come i grandi musei e siti archeologici. Da notare un forte allungamento stagionale verso l’autunno. Se vogliamo, questo sta facendo emergere nuovamente il problema del cosiddetto overtourism. Alcune destinazioni fanno il pieno, al punto da limitare la qualità della visita, altre sono desolatamente neglette. Dobbiamo lavorare di più su questi contrasti».

La cultura, in generale, e quella che è parte integrante e importante dell’offerta turistica, è fatta di paesaggi e città d’arte, gastronomia, design. Ma forse non abbiamo ancora fatto davvero sistema anche in questo ambito e ci perdiamo tante opportunità di attrazione in Italia e ancor più all’estero?
«Devo dire che nel mondo culturale ormai siamo pienamente consapevoli di far parte del concetto di sviluppo locale. Non ci sono più “i direttori di una volta”, che badavano solo alla ricerca e alla conservazione del patrimonio culturale. Ora i dirigenti dei musei, e forse anche i responsabili politici, sono consapevoli che le strutture e le azioni culturali devono operare per divenire parte di una strategia di sviluppo locale. Forse, ed è un dato oggettivo, molti musei non hanno strutture organizzative di base per essere attivi ed efficaci in questi ambiti. La cultura è uno stakeholder importante per lo sviluppo locale e andrebbe assistita». 

Quali sono stati quest’anno gli aspetti vincenti e positivi di questo importante segmento del nostro turismo?
«Non intenderei riportare singolarmente questa o quella mostra “blockbuster”, anzi, stiamo andando verso un percorso integrato in cui stiamo puntando a promuovere i musei in quanto tali, con le loro qualità e specificità come oggetto di promozione e di inserimento nelle strategie turistiche. Penso ad esempio all’ampliamento delle stagioni. A proposito di mostre, si faccia questo ragionamento: quante volte i tanti segmenti di turisti sono già stati in un museo? Forse non tantissimi. Per quale motivo, dunque, si dovrebbero organizzare mostre “monstre” che destabilizzano i bilanci dei musei e delle rispettive amministrazioni?».

Cosa ci dice riguardo al Muse di Trento, il Museo delle scienze che lei dirige?
«Noi facciamo sistematicamente delle mostre temporanee, non enormi in termini di spazio e investimento, ma riteniamo di farlo più per la comunità dei nostri visitatori locali che per il mondo del turismo. Per loro gli spazi permanenti sono nuovi, attrattivi, meritevoli di essere consigliati agli amici, che continua ad essere una delle forme di marketing più efficace. Ritengo, infine, che i sistemi di accoglienza, di racconto, lo storytelling museale in altri termini, e soprattutto la qualità dello spazio espositivo, siano fattori altrettanto attrattivi e meritevoli di promozione. Si tratta di aiutare i musei a sviluppare bene questi aspetti e divenire davvero luoghi accoglienti e interessanti per quello che sono».

Dove potremmo fare meglio?
«Se lo spazio di miglioramento è quello di considerare la qualità percepita di un territorio e non solo la singola conta dei biglietti venduti, il museo, con la sua dimensione plurima, può contribuire complessivamente al brand territoriale. Possiamo citare ad esempio il concetto di extended museum, ovvero il museo diffuso. I musei e i loro professionisti hanno le conoscenze per interpretare i valori – artistici, storici e naturali – di un luogo. Che sia una città, un borgo, un percorso ciclabile, le conoscenze e le capacità di interpretare da parte di chi opera nei musei dovrebbe essere messa a disposizione dei sistemi di valorizzazione locale. Questi asset poco utilizzati dei musei andrebbero meglio sfruttati per incrementare sia la rilevanza dei musei stessi in termini di partner delle strategie di sviluppo locale sia per il loro inserimento nell’ambito delle “infrastrutture” culturali che davvero contano».

Come sta cambiando il mondo della cultura in Italia?
«Da un anno sono presidente di Icom Italia, un’associazione che opera con il sostegno di più di 3.000 operatori museali. Direi che i concetti sopra espressi sono ormai parte integrante del nostro operare. Le difficoltà risiedono più nella capacità delle amministrazioni locali (in Italia gran parte dei musei sono gestiti da enti pubblici) di comprendere le potenzialità dei musei e di contribuire a rendere queste strutture meritevoli di visita. Se la cultura espressa dei musei è limitata al tema della conservazione patrimoniale e non è agganciata a modi efficaci di valorizzazione, ne va della sua stessa ragion d’essere». 

Guardando al futuro, cosa serve al turismo per crescere e qual è il ruolo della cultura a 360°?
«Nel rapporto tra cultura e turismo credo che in prospettiva si abbia sempre meno bisogno di turismo “mordi e fuggi”. Sembra ci sia un comune convincimento che il turismo dovrebbe lavorare sempre più sulla qualità dell’offerta. Lo si dice da tempo: un turismo attento alla dimensione esperienziale dove sono tanti e diversi i valori che contribuiscono a definirne l’attrattività. Per questo l’immagine di una località turistica deve caratterizzarsi per l’unicità dell’esperienza e della proposta. L’integrazione con la dimensione dell’outdoor, l’enogastronomia, i luoghi culturali dovranno essere precisati non solo in termini di informativo e logistico organizzativi, ma dovranno sviluppare, e in un mondo globale questo sembra un paradosso, una sorta di personalizzazione dell’esperienza stessa. Non più consumo culturale ma interazione con il territorio, con i suoi autori e interpreti. Anche con i residenti o coloro che propongono un’interazione autentica con il territorio. Una scommessa che, in tempi di metaverso, mette ancora al centro le persone e le loro relazioni». 


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