Il Referral Marketing si conferma un modello di business vincente: quali prospettive vede per i prossimi anni in Italia?
In Italia i professionisti e gli imprenditori che seguono questo modello di business sono circa 9.000 e il numero è in costante aumento. Mentre uscirà questa intervista sono 120 i capitoli in via di costituzione. E il numero è in costante aumento. Già questo dato fa capire che il Referral Marketing è ormai un modello consolidato di marketing. Da molti decenni ha accompagnato professionisti e imprenditori nella strada per uscire dalla crisi o li ha aiutati a contrastarla in modo efficace o ha apportato una forte spinta. Quando, 15 anni fa, iniziavo a parlare di networking e poi di Referral Marketing come strumento di sviluppo del business, l’espressione più frequente che vedevo sul volto dei miei interlocutori era un misto di scetticismo e incredulità. Oggi è un modello che potremmo definire evergreen. E sarà un modello efficace fino a che le persone avranno bisogno di conoscersi e instaurare relazioni di fiducia per poter lavorare insieme, in una civiltà digitale e globalizzata. Il Referral Marketing, in quanto modello collaborativo, aiuta a crescere passando attraverso il reciproco aiuto.
Il networking sembra uno degli strumenti più efficaci per cogliere nuove opportunità nel lavoro e nella vita privata: quali sono i suoi consigli per manager e non, per ottimizzare il tempo ed essere efficaci in tal senso?
Cogliere opportunità è il concetto che sta alla base del networking e del Referral Marketing. Si è chiusa da poco la dodicesima edizione dell’International Networking Week, un’iniziativa che organizza, in tutto il mondo, eventi, seminari e workshop in collaborazione con istituzioni e altre organizzazioni di networking per parlare proprio di come il networking sia uno strumento estremamente efficace per il business. Il tema di quest’anno è stato Un nuovo mondo di opportunità proprio per sottolineare come ogni persona, ogni momento, ogni storia può diventare un’opportunità di connessione, di contatto e, quindi anche di nuovo business.
Essere soggettivi e attivi nel networking però può sembrare un processo dispendioso in termini di tempo e per questo a da taluni è ancora trascurato.
Ecco alcuni trucchi del mestiere per imparare ad essere efficaci:
Ascoltare: un buon networker ha due orecchie e una bocca e le usa in proporzione, dice Ivan Misner, il massimo esperto mondiale di Referral Marketing (Fondatore di BNI Int’l, ndr). Spesso quando parliamo con gli altri siamo più propensi a parlare di noi stessi e a non prestare la dovuta attenzione a quello che stanno dicendo. Provate ad ascoltare attentamente le parole delle altre persone e vedrete che ogni “Ho bisogno di” “Mi piacerebbe” “Ho necessità” “Mi è successo” si può trasformare in un’opportunità di connessione con qualcuno che offre quel prodotto o servizio specifico. E chi dà riceverà.
Tenere in ordine la/le rubrica/rubriche delle proprie referenze: tutti noi abbiamo decine, centinaia, migliaia di contatti. Così come vale per un armadio o una casa anche per la propria rubrica, l’ordine ha un potere davvero magico. Fate mente locale sui contatti che avete, distribuiteli in elenchi ben definiti, distingueteli per professione, per tipologia di evento, per rilevanza. Non dimenticate i vostri amici, parenti, compagni di sport. Anche loro hanno una professione.
Avere l’attitudine giusta: per fare networking in modo efficace il metodo migliore è trasformarlo da abitudine in attitudine. Iniziate a mettere in pratica le buone abitudini del networker, a praticare l’ascolto attivo e a considerare i contatti e le relazioni un vero e proprio patrimonio. Le possibilità di successo saranno maggiori.
Il mondo dei social ha facilitato le relazioni professionali o le ha complicate?
La tecnologia e l’avvento dei social network hanno permesso di eliminare molte barriere che rendevano il contatto e lo scambio di idee e opportunità difficoltoso o troppo dispersivo in termini di tempo. Grazie ai social network, e in generale a tutte le opportunità offerte dal web, possiamo connetterci in modo immediato con persone dall’altra parte del mondo, totalmente diverse da noi. Possiamo ascoltare e vedere ogni giorno modi diversi di intendere la vita e, anche, la professione. Facciamo parte di un vero e proprio villaggio globale. Attenzione però a non confondere il semplice contatto con la relazione vera e propria che si nutre di fiducia. Se è vero che bastano pochi clic per entrare in contatto con un’altra persona, instaurare una relazione invece prevede un iter ben diverso e richiede una conoscenza approfondita. Quindi in definitiva possiamo definire i social network come dei facilitatori, ossia strumenti che contribuiscono alla costruzione della relazione, non che si sostituiscono ad essa.
Lei si è occupato anche di business ethics per lo sviluppo commerciale: il marketing deve essere sempre più etico, al di là delle operazioni di facciata? Qual è il nesso con il Referral Marketing?
Business ethics e Referral Marketing sono connessi per un motivo ben preciso. In entrambi i casi il punto di partenza è l’interesse nei confronti dell’altro. Quando si parla in ambito di Referral Marketing di marketing etico si intende partire da un presupposto di collaborazione, non di competizione. In un panorama economico in cui la crisi è uno spauracchio sempre presente si ha la tendenza in molti casi a concepire il business con l’approccio della scarsità. In poche parole: ci sono poche risorse a disposizione, faccio in modo di accaparrarmene il più possibile. Quante volte vediamo pubblicità di aziende o professionisti che offrono “servizi a 360 gradi”, “tutti i prodotti di cui hai bisogno”? Sembra quasi che il cliente, una volta entrato nel loro negozio/studio/ufficio, trovi lì tutto quello che gli serve e non debba più cercare altrove. Invece il Referral Marketing ha alla sua base un approccio ben diverso: la cultura dell’abbondanza. Questo approccio si basa sul fatto che grazie alla collaborazione con altri professionisti e imprenditori non soltanto fornisco un miglior servizio al mio cliente, ma, allo stesso tempo, genero opportunità per altri colleghi o persone che hanno una specializzazione diversa dalla mia. In questo senso il mondo del business non è più il “mors tua vita mea” ma, al contrario, del Givers Gain, chi dà, riceve.
Dagli Usa all’Italia: BNI festeggia in questi giorni il suo quindicesimo compleanno. Qual è il bilancio di questi anni nel nostro Paese e che cosa bolle in pentola in termini di nuovi progetti?
Quando facevo i primi incontri informativi per parlare alle persone di cosa fosse BNI spesso mi sentivo dare, in maniera nemmeno sempre troppo bonaria, del pazzo. Era difficile nel 2003 far comprendere i confini che separavano BNI da tante altre forme di organizzazione con cui veniva spesso confusa e far comprendere le opportunità di questo metodo che viene sì da lontano, ma che invece ha trovato terreno molto fertile nella personalità degli italiani naturalmente orientata alle relazioni.
Il bilancio di questi anni è sicuramente un bilancio positivo. E non solo in termini numerici. Il fatto che BNI Italia sia uno dei Paesi a maggior crescita a livello mondiale, insieme a Francia e India, è un dato importante che mostra quanto la cultura del Referral Marketing si stia sempre di più affermando nel nostro Paese. Inoltre la diffusione sempre maggiore sul territorio ha fatto in modo che BNI sia ormai una realtà affermata in gran parte delle regioni italiane. E i progetti futuri riguardano proprio la sempre maggiore diffusione di BNI lungo lo Stivale. Stiamo lavorando infatti all’apertura di nuovi Capitoli al Sud Italia e sulle Isole Maggiori, territori in cui BNI fino a ieri non era presente. Nasce il primo Capitolo di Napoli mentre sono iniziati i lavori per i primi Capitoli BNI in Sicilia (a Catania e Messina) e nel sud della Sardegna (a Cagliari).
Tutto questo ha portato al mio personal branding un risvolto sicuramente positivo: se prima mi davano del pazzo, adesso vengo definito un visionario, per aver avuto appunto la visione di quale potenziale potesse avere BNI anche nel nostro Paese. Chissà tra 15 anni come mi definiranno…