I segreti della longevità manageriale

Come rimanere professionalmente attraenti e appetibili a lungo

La natura più autentica delle esperienze che ogni giorno viviamo è il cambiamento, il movimento. Senza movimento non c’è vita. Mi piace partire da questo concetto perché questa è anche la chiave per comprendere i criteri su cui si fonda la longevità manageriale, che porta con sé i concetti di evoluzione e di allenamento. Rita Levi Montalcini amava sottolineare come il cervello sia l’unico organo non soggetto a usura: più lo usiamo, meglio funziona. Ma come allenarlo? 

Longevità manageriale
e cervello: le parole chiave 
Flessibilità, capacità di adattamento e propensione al cambiamento. Sono elementi che aumentano la longevità manageriale e sono inversamente proporzionali allo stress, che crea rigidità e un atteggiamento di difesa. Se siamo stressati, siamo anche rigidi e incapaci di adattarci e cambiare. Proprio come nella fisica meccanica un metallo diventa fragile se accumula tensioni interne e si rompe più facilmente, così noi “ci spezziamo” (con acciacchi fisici e malesseri psicologici) quando siamo rigidi e tesi, in una parola stressati.

La longevità si fonda innanzitutto sulla capacità di adattamento alle condizioni esterne e interne. Questa è anche una caratteristica fisiologica del cervello encefalico, che oggi sappiamo essere plastico. Gli scienziati ci assicurano che il cervello può potenzialmente rigenerarsi e rinnovarsi anche in età molto avanzata. Plasticità significa che i neuroni possono cambiare forma e funzione in risposta ad alterazioni del loro ambiente, continuando a rinnovarsi anche a 90 anni.

Identità, forza e padronanza di sé. Se l’elasticità, cioè la capacità di adattamento al cambiamento, è il primo pilastro della longevità, il secondo è una forte identità, avere una direzione chiara, una voce dentro di noi che ascoltiamo. Se coltivo la mia identità e conosco i valori che mi guidano, controllerò il mio percorso di carriera e difficilmente mi lascerò destabilizzare da cambiamenti repentini che mettono in discussione il mio ruolo, poiché la mia identità è indipendente dal mio ruolo in azienda. Questo è un punto importante. È necessario quindi allenare ogni giorno l’autoconsapevolezza, che a livello neurologico si trova in una piccola porzione della corteccia cerebrale, l’insula, tra i lobi temporale e frontale.

Strategico per la longevità manageriale è anche l’ascolto attivo, cioè l’attenzione verso i segnali provenienti dall’ambiente, le nuove idee, le tendenze, i movimenti spesso sotterranei del mercato. Intuizione, attenzione, ascolto. Anche queste caratteristiche hanno specifici corrispettivi fisiologici nel nostro cervello: la ghiandola ipofisi, l’epifisi, l’emisfero destro.

Focus, concentrazione. Ogni leader sa che avere la leadership significa saper scegliere la direzione e concentrare l’attenzione su una sola cosa, la più importante, mettendo da parte le altre. Gli psicologi parlano di “controllo cognitivo”, una delle funzioni esecutive superiori del cervello. Fisiologicamente ne sono responsabili i lobi frontali, che sono la sede del pensiero strategico.

Queste facoltà possono essere allenate e rafforzate?
Ci sono essenzialmente due modi per allenare e rafforzare queste facoltà: uno reattivo e uno preventivo. Perché il nostro sistema nervoso apprende attraverso l’esperienza oppure grazie all’allenamento.

La prima modalità consiste nel non fare nulla e attendere l’“incidente” che provocherà uno shock, ovvero un “attacco di realtà”. Esempi classici: vengo licenziata, la mia azienda viene acquisita oppure fallisce. In questi casi sono costretta ad agire (meglio “reagire”) spinta da una sfida. Se supero con successo la sfida, ho costruito una nuova competenza che mi aiuterà a vincere le sfide future e rafforzerà la fiducia in me stessa. Questa è l’esperienza, traumatica ma efficace. E se non supero la sfida?

Esiste un’altra modalità, grazie alla quale il rischio di insuccesso viene quasi azzerato: è l’allenamento neurologico preventivo delle variabili psico-fisiche endogene. Detto con parole più semplici, uso l’intelligenza del corpo, cioè del mio cervello, per rafforzare la leadership e l’efficacia manageriale. Le sfide esterne continueranno a sollecitarmi, ma mi troveranno preparata a superarle. Questa è la soluzione che prediligo e consiglio. 

Il neuro-training come modalità per allenare il cervello
Uno dei modi più diretti ed efficaci per farlo è una disciplina messa a punto dal ricercatore australiano andrew verity, il neuro-training. Si tratta di una modalità d’avanguardia destinata ad allenare le diverse aree e funzioni del cervello per integrarle tra loro.

Il sistema nervoso diventa un alleato che produce scelte competenti capaci di tradursi in azioni e performance elevate. Del resto lo sappiamo tutti che il cervello umano è il software più sofisticato che esista, perché utilizza il patrimonio genetico, ma ogni giorno apprende e si adatta attraverso l’esperienza. Grazie al neuro-training, il sistema nervoso può essere allenato in “atmosfera protetta” rispetto agli shock delle esperienze reali, così da essere preparato ad affrontare le esperienze che vivremo. Attraverso semplici esercizi di allenamento neurologico (per esempio stimolazioni di punti riflessi), il neuro-training permette di avere accesso al nostro subconscio e rimuovere conflitti, stress e schemi neurologici che assorbono energia e risorse destinate invece ad alimentare quelle facoltà tanto importanti per la longevità manageriale.

Da oltre sette anni studio in contatto diretto con Andrew Verity e sono testimone di come, attraverso questi allenamenti, il sistema nervoso scopra strade nuove e più coerenti e ci porti al successo nel lungo periodo. Il cervello viene ri-allenato a utilizzare le proprie risorse e a raggiungere risultati elevati in modo spontaneo e naturale. 

Brain & career longevity
. Come rimanere professionalmente attraenti a lungo 
I temi della career longevity e del mantenimento della piena employability fino a fine carriera sono d’attualità fra i manager in quest’economia “liquida”. Il manager misura il suo successo professionale su quanto il suo ruolo in azienda garantisce sufficiente libertà d’azione e possibilità di incidere, oltre che sui risultati e sulla condivisione delle strategie aziendali. Ma soddisfare questi parametri in maniera continuativa dopo i 50 potrebbe essere meno fluido, e a questa fase è meglio prepararsi ben prima.

Quali sono le qualità chiave che permettono a un dirigente di mantenere employability e “appetibilità” nel tempo? Creatività e capacità di rinnovarsi? Flessibilità e disponibilità a imparare e mettersi in discussione o invece chiarezza di obiettivi e talento nel mantenere salde le posizioni? Quanto conta lo stile di vita e l’extra lavorativo?

E in tutto ciò, quanto conta la “brain fitness”, ovvero l’attitudine a muoversi con freschezza, chiarezza, energia e motivazione anche quando la carta d’identità farebbe immaginare una certa ruggine? Quali elementi aiutano a evitare, fin dalla giovane età, di dover cedere ad altri il controllo sulla propria carriera? Quali consigli, trucchi e strumenti possono aiutare a rimanere professionalmente attraenti a lungo?

Su questi temi è in programma un corso di formazione a Milano a Cura del Cfmt, il 30 gennaio dalle 18 alle 20. Info: http://bit.ly/braincareer ascirea@cfmt.it 

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