“Promised you a miracle”, cantavano negli anni Ottanta i Simply Mind. Ora negli anni quasi 2020 i Deep Mind (che tra l’altro è anche un’impresa britannica di intelligenza artificiale controllata da Google) cantano “Delivery you a miracle”.
L’eccitazione è alta per la consegna di un marketing super artificiale mai banale. In realtà nessuno sa cosa sia o se esista l’intelligenza artificiale ma che importa: powered by artificial intelligence è il buzzslogan del momento sapientemente veicolato dai markettari e piazzisti tecnologici. Le cose stanno così: il marketing, già artificiale di suo (nella narrativa), sta per diventare artificiale a tutti gli effetti: pensato, realizzato e consegnato (all’utente) da menti meccaniche. Scordatevi dunque i Persuasori occulti di Vance Packard. Siamo in piena era di persuasori artificiali. L’uomo che sapeva troppo (vecchio thriller di Alfred Hitchcock) diventa la macchina che saprà (o dice di sapere) troppo. “Hey Siri” sussurra il manager attaccato all’iPhone “dove posso trovare un buon marketing artificiale in zona?” Ovunque, rispondono i vari affabulatori high-tech.
Da Cogitocorp a Persado fino a Picasso Labs è un bombardamento di pittoresche sigle, di startup, di mega società tecnologiche e di consulenza, di cose come il Marketing AI Institute e di proclami assoluti come “Artificial intelligence is the most powerful technology of the 21st century” pronunciata alla famosa Rise of AI Conference che si svolge ogni anno a maggio a Berlino e “Il marketing e il ruolo del marketing manager cambieranno drammaticamente” pronunciato da Iskender Dirik, md/ceo Microsoft ScaleUp & Startups, che si autodefinisce AI Freak, per altrettanti bombardamenti di promesse. Le promesse “pubblicitarie” dei nuovi persuasori artificiali sono allettanti.
Bigbom promette l’automazione e ottimizzazione multi-channel con relativo calo dei costi; Picasso Labs analisi creativa della concorrenza e del proprio brand supportata da AI; Automated Insights contenuti generati automaticamente partendo dai dati (produce, tanto per fare un esempio, oltre tremila articoli al trimestre per clienti come Microsoft e Yahoo); Lyrebird la creazione di script audio in pochi secondi; Persado copywriting automatizzato sui social media; Adobe Sensei tools di intelligenza per i programmi Adobe; Albert la gestione ultra veloce dei media grazie a una piattaforma di marketing integrata con AI; Phrasee i post e la pubblicità su Facebook; Reactful la valutazione del movimento del mouse per proposte mirate all’acquisto; Posterscope la programmazione ottimale dei contenuti della pubblicità esterna; AI Assist l’assistenza clienti conversazionale automatizzata; Chorus il conversation cloud intelligente; Everstring e Radius piattaforme dati b2b completamente automatizzate.
Tutti quanti promettono poi di automatizzare gli acquisti (soprattutto quelli di routine, anche se dispositivi come il Dash Button di Amazon sono state un fallimento), ricerca, insights, creatività, contenuti, copywriting, account management, canali, portali, media, tracciabilità, profilazione, personalizzazione, relazione, call center, prezzi (dynamic pricing, nel gergo), consumi e tutto quello che vi viene in mente, anche cose tipo una influencer artificiale su Instagram per la promozione di prodotti e servizi (esiste, si chiama Lil Miquela ed è generata da un software) per un’assoluta e artificiale autogestione di ogni azione, promozione e sì, anche predizione (l’oracolo in versione IA elabora modelli e scenari futuri su cui, come impresa, appoggiarsi).
Promesse e sarcasmo a parte, quali sono i concetti forti, le strategie rilevanti e le applicazioni reali di questa presunta rivoluzione?
I fondamentali
Come dice Daniel Casarin, fondatore di Adv Media Lab, “a voler semplificare, l’intelligenza artificiale applicata al marketing è un uso molto sofisticato di grandi masse di dati, macinati da algoritmi che in parte sono programmati per farlo e in parte stanno ormai imparando a farlo da soli”.
Corretto, ma non è solo questione di deep learning ma anche di deep advertising, la pubblicità che ti colpisce nel tuo profondo, magari anche con il contextual marketing come ha fatto l’emittente inglese Channel 4 che per prima ha sperimentato una pubblicità televisiva basata su IA per piazzare prodotti in scene rilevanti per il brand. Per non parlare poi del “marketing aumentato”, che grazie alla cosiddetta mixed reality (un ibrido che mischia realtà virtuale e quella aumentata) è in grado di veicolare informazioni e promozioni mirate (sui dati elaborati in tempo reale) mentre magari inquadri un albergo. Poi ci sono i classici del nuovo marketing che comprendono: voice search, Big Data Analytics, customer pattern recognition, Programmatic advertising, chatbots, Predictive behavior modeling, personalized content creation e il tanto celebrato hyper targeting. Altre cose all’orizzonte.
Dammi il cinque
Per ora si gioca in cinque, cinque come le applicazioni principali.
Numero uno, customer experience: già oggi, come testimonia bene il chatbotsummit.com, l’assistenza clienti è supportata da chatbot che forniscono esperienza personalizzata 24 ore su 24, soprattutto con conversational chatbot che danno la sensazione di interagire con una persona reale.
Numero due, advertising: grazie al content targeting la pubblicità online diventa sempre più efficiente e con l’analisi semantica del contesto gli annunci appaiono in modo mirato in base ai precedenti comportamenti (e scelte) del cliente.
Numero 3, contenuti: sempre più spesso i contenuti, specialmente quelli di routine, vengono automatizzati nella formulazione e veicolazione con analisi di quello che funziona meglio in un determinato contesto.
Numero 4, social media: molti social bot fungono da brand tracker e danno per esempio l’allarme in caso di gravi problemi di immagine, anche con diffusioni virali condivise su larga scala.
Numero 5, insights: intuire con il supporto dell’IA cosa succede “dentro” il mercato è una delle attività principali del nuovo marketing predittivo.
L’invasione
degli ultra-artificiali
Le cose stanno così: internet è pervasiva e l’AI sarà pervasiva o, detto diversamente, i campi di applicazione sono e saranno infiniti. Il traduttore DeepL si pubblicizza come l’unico che coglie le più piccole sfumature grazie alle reti neurali; Kit, l’assistente virtuale di Shopify, promette di migliorare il marketing e le vendite; booking.com offre il nuovo servizio Booking Experiences (un chatbot) che sfrutta tramite AI milioni di preferenze e suggerimenti dei visitatori; nel consiglio d’amministrazione di Deep Knowledge Ventures siede e partecipa un algoritmo di nome Vital; Google con AutoML sperimenta i software AI che si correggono da soli; l’app Unloop (come migliaia di altri) affianca gli umani nella gestione della vita quotidiana, la startup inglese Lightvert proietta la pubblicità direttamente nell’occhio del consumatore; Cogitocorp supporta imprese come l’assicurazione sanitaria Humana Inc con call center completamente automatizzati in grado di accorgersi se il cliente è stressato o di cattivo umore adeguando il servizio, Salesforce con la versione Einstein propone funzioni predittive per personalizzare le raccomandazioni ai clienti, Guuru trasforma la gente comune non solo in ambasciatori del marchio ma anche in supporto e servizio clienti, mentre i chatbot monopolizzano già oggi in parte le relazioni fra impresa e clienti.
Il cliente ignoto
“Non sappiamo chi compra da noi”. Il cliente il cui corpo (e anima) non è stato identificato appartiene al passato. L’iper promessa è l’iperpersonalizzazione, chiave della vera fidelizzazione costruita su relazioni profonde e durature. Chiaro: se riesci a mangiare e digerire grandi quantità di dati dettagliati in tempo reale e responsive il tanto ricercato “offerte solo per i tuoi occhi” è quasi cosa fatta. Velocità dunque, ma non solo. Per sapere tutto devi anche spiare tutto. I giornali, giustamente, dedicano molto spazio al gioco “così sorvegliano tutti”: dai soliti Google & Facebook fino alle più piccole imprese che con il nuovo marketing tracciano ogni gesto per prevedere ogni nostro presunto (e sottolineo presunto) desiderio. Anticipandolo. E, dunque, tentando di manipolarli anche commercialmente. In fondo l’idea di fondo di Aura Vision Labs è proprio quella: un grande negozio che vi guarda con tecniche di identificazione biometrica per studiare, catalogare e interpretare i dati dei clienti nel punto vendita. Stesso discorso per Synaps Intelligent Outdoor ads che adatta il messaggio sui display digitali esterni in base al tipo di veicolo che transita (se guidi una Bmw appariranno spot di altre auto premium). Anche gli smart speaker, ovvero gli ormai famosi assistenti digitali vocali stile Amazon Echo o Google Home (ma anche Siri su iPhone), non solo ascoltano le nostre richieste ma ci ascoltano come dire “a prescindere” raccogliendo informazioni. Per non parlare del tanto temuto e discusso riconoscimento facciale stile NtechLab o Findface. D’altra parte il rilevamento del volto per un targeting in tempo reale con contenuti mirati è una delle promesse più gettonate, vedi ADPack osannata come “winner of German Accelerator 2018”.
Prodotti predittivi
Ovvio: da predictive analytics a predictive products il passo è breve. In futuro, sempre più prodotti e/o servizi saranno dotati di una funzione per così dire predittiva, come nel caso di Square Order che consente di ordinare e ritirare un caffè quando sei pronto grazie alla tecnologia di previsione dell’arrivo esatto nel punto vendita.
Sfida creativa
Quando il bot di Botnik scrisse un capitolo dell’ottava saga di Harry Potter lo scalpore fu grande. Ok, erano solo tre pagine e molto marketing, ma intanto si comunicava che le macchine qualcosa creano. Che so: una canzone alla Beatles (a dire il vero penosa), un quadro in stile Rembrand o un verso alla Shakespeare. Imitazioni e trastullamenti ma intanto il guanto di sfida è stato lanciato.
Target algoritmo?
La domanda forse non sorge spontanea ma tant’è. Se in un prossimo futuro i consumatori demanderanno tutta una serie di scelte agli assistenti personal virtuali (anche sotto forma di personal chatbot) allora possiamo ipotizzare anche un futuro mondo del marketing dove le imprese saranno costrette a influenzare non più (solo) il cliente in carne e ossa ma l’algoritmo di turno.
Al prossimo giro?
In prima posizione al giro finale prevedo il marketing mentale. Chiedere a Zuckerberg del silent speech interface e soprattutto partecipare il 13 giugno all’evento i Persuasori artificiali (vedi box sotto).