Il concetto di leadership porta di frequente a confrontarsi col carattere individuale, singolare e apicale del termine. Quando parliamo di leadership è spesso la figura di un leader, reale o immaginario, a guidare la nostra riflessione, l’immagine di un “uomo solo al comando” dotato di carisma evidente a tutti e di virtù, abilità e skill fuori dal comune messe al servizio di una comunità sociale piuttosto che di una organizzazione di business.
Tutti noi, nel nostro percorso di vita personale e professionale, abbiamo incontrato o incontreremo un “volto” a cui assoceremo la nozione di leadership, una figura o idolo giovanile, un “capo” o collega più senior a cui guardare col rispetto e l’ammirazione dovuta, qualcuno a cui tendere e che intimamente proveremo a emulare, magari inconsapevolmente. Io stesso, a quasi 20 anni di distanza dall’esatto momento, ho ben preciso e nitido nella mente il ricordo di quella sensazione, l’immagine, le parole e i gesti della persona che avevo deciso di prendere a modello, senza esitazioni. Il leader da cui volevo essere guidato e a cui volevo “rubare” tutto il sapere, la retorica, la capacità di convincere e creare con- senso ma anche prevalere “muscolarmente” in situazioni di conflitto.
Il passare degli anni, così come il confronto con aziende, culture e paesi diversi, mi ha aiutato a “raffinare” la riflessione sulla leadership e arricchirne significativamente sia i contenuti, non sempre evidenti o lampanti, sia la sua natura.
Ricordo con gratitudine e piacere il periodo trascorso in Germania e il manager che mi aveva chiesto di trasferirmi presso l’headquarter di uno dei più grandi retailer mondiali. Ricordo la sua capacità di programmazione, l’analisi di ogni aspetto progettuale e il grande focus dedicato alla preparazione di un evento o meeting, inclusa la gestione dei vari stakeholder coinvolti nel flusso.
In quegli anni era del tutto evidente l’efficacia di quello che stavo vivendo, eppure il mio leader aveva caratteristiche e tratti assolutamente non sovrapponibili alla prima esperienza descritta. Un’azienda e una cultura diverse, studi differenti e modalità relazionali agli antipodi, non influivano minimamente sulla mia percezione di lui o sull’impatto positivo che lui aveva a livello organizzativo.
Lo stesso potrei dire per i successivi esempi di leader e capo che ho incontrato negli anni a venire. Personalità differenti, età disparate, radici anglosassoni, americane, centro-europee, eppure, seb- bene con risultati non sempre assimilabili, modelli di leadership vincenti, capaci di far leva su asset personali costruiti nel tempo, su conoscenze tecniche specifiche e grande capacità di vivere e adattarsi al tempo e alle “fasi” delle loro organizzazioni.
È peraltro importante notare come alcune dimensioni fossero comuni, seppure con sfumature e accenti non identici. Grande comprensione del business e del mercato di riferimento, capacità di individuare i driver in grado di far evolvere l’organizzazione verso il successivo stadio di sviluppo, la sensibilità alle tematiche di change management ma, oserei dire, materialmente più impor- tante, la genuinità e trasparenza dei loro messaggi, l’inclusività e l’attenzione ad avere tutte le opinioni e prospettive “intorno al tavolo”, l’essere accessibili a tutti a prescindere dallo status o livello gerarchico e, ultimo non ultimo, la priorità data alla crescita del talento e alla formazione della classe dirigente del futuro.
Concetto di leadership al plurale
Oggi, giocando io stesso un ruolo da leader e dovendo fronteggiare sfide di business e organizzative in un contesto globale altamente competitivo, mi rendo conto che il termine leadership ha una varietà di sfaccettature che ne arricchiscono il contenuto. L’elemento individuale che si integra con quello più collettivo o di team, il carattere strettamente competenziale che si sovrappone alla capacità di adattamento e “learning agility”, la crescente necessità di creare “significato e ingaggio” per le persone coinvolte, tema tanto cruciale quanto la capacità di guidare le continue, e non sempre indolori, trasformazioni attraverso cui tutte le aziende sono obbligate a passare.
Mi piace spendere alcune parole aggiuntive sul concetto di leadership al “plurale”. Definire e comunicare una vision e una mission aziendale è esercizio sicuramente impegnativo, ma di certo non risolutivo o sufficiente a far avanzare un’organizzazione. Il tempo e le risorse investite nel declinare una narrativa a volte simbolica in significati comprensibili e “attaccabili” a tutte le persone coinvolte è, senza ombra di dubbio, attività largamente più importante e impattante.
Mantenere poi vivo quell’ingaggio e quella comprensione nel medio-lungo periodo è ovviamente il fine ultimo ed elemento che garantisce la sostenibilità e il successo delle organizzazioni. Quanto brevemente descritto ha a che fare con la maturità, consapevolezza di business, capacità di guida e visione di tutti i leader, manager, team leader che occupano una posizione di responsabilità e questo senza per forza aver stampato sul proprio biglietto da visita un titolo da vp, chief executive o senior director.
Leadership inclusiva aperta alla diversità
La leadership di cui hanno bisogno le aziende oggi è consapevole, accountable, condivisa, visibile, presente a tutti i livelli organizzativi, una leadership dai molti volti e dalle molte parole eppure unica, consistente, identificabile e riconoscibile “nei molti” piuttosto che in un singolo. Una leadership che si adatti, che continui a evolvere, a imparare e studiare, un modello di leadership inclusivo e aperto alla diversità.
Detto questo, non è certo mia intenzione declassare o sminuire l’importanza e la centralità della leadership e dei leader intesi nella loro accezione singolare, semmai l’esatto opposto. Sta proprio nella solidità e simbiosi totale delle due dimensioni, individuale e collettiva, la forza delle organizzazioni e la caratteristica differenziante e vincente nel lungo periodo.
Obiettivo ultimo di ogni leader, a prescindere da ruolo e livello gerarchico, dovrebbe essere quello di lasciare la propria organizzazione meglio di quanto l’abbia trovata. Una tale sfida si può vincere solo se questo commitment riguarda e ingaggia i “molti leader” che ogni giorno si impegnano per il presente e il futuro delle loro organizzazioni.