I CEO e la strategia per far ripartire l’Italia

A tu per tu con Paola Corna Pellegrini, presidente di AICEO, l'associazione italiana dei CEO, e amministratore delegato Allianz Partners

AICEO, l’associazione dei CEO che lei presiede, quali obiettivi ha e che ruolo vuole giocare?
«In una fase epocale e di grande pressione per il sistema economico del nostro Paese, i CEO delle aziende attive in Italia stanno senz’altro dando un grande contributo, cercando di gestire nel migliore dei modi l’emergenza all’interno delle imprese, salvaguardando la sicurezza dei dipendenti e la continuità del business. I CEO in AICEO intendono tuttavia dare un contributo ancor più rilevante, mettendo a disposizione del Paese la loro competenza ed esperienza nella gestione di organizzazioni complesse, e la visione che consente loro di prevedere e affrontare con velocità ed efficienza sfide interne e esterne sempre nuove, con l’obiettivo di garantire crescita e benessere in una prospettiva di lungo termine.

In particolare, per i prossimi tre anni abbiamo identificato sei temi fondamentali su cui concentrare la progettualità di AICEO:
• il lavoro e la formazione, con l’obiettivo di combattere la disoccupazione, riducendo il disallineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro, in particolare intervenendo sulla preparazione all’inserimento professionale dei giovani che escono dalle scuole e dalle università;
• l’innovazione e la digitalizzazione, che saranno naturalmente assi portanti per la ripresa, come previsto anche dal Governo Draghi, in linea con gli obiettivi di Next Generation EU;
• la meritocrazia e l’inclusione, promuovendo standard virtuosi all’interno delle aziende, che supportino in particolare i percorsi di carriera delle donne e dei giovani, che stanno pagando il prezzo più alto della crisi indotta dalla pandemia;
• la sostenibilità ambientale, per aiutare le aziende a disegnare e sviluppare nuovi processi che consentano di realizzare una transizione il più possibile rapida ed efficiente verso nuovi modelli di produzione e gestione;
• la sanità, per elaborare un nuovo modello di sistema sanitario nazionale, pubblico e privato, più sostenibile nel lungo periodo. La crisi in corso ci ha purtroppo mostrato a caro prezzo quanto una corretta gestione della sanità e del diritto alla salute dei cittadini siano una precondizione per lo sviluppo economico.
• il turismo, un settore di rilevanza strategica per il nostro Paese, anche dal punto di vista dell’occupazione diffusa, che è anche fra i più penalizzati dalla pandemia e che necessita di un vero ripensamento per potersi rilanciare».

Come vede la ripresa del Paese dal punto di vista economico, alla luce del recovery plan?
«Dall’insediamento del nuovo governo Draghi ho iniziato a guardare alla ripresa con più fiducia, soprattutto per quanto riguarda l’approvazione da parte dell’Europa del piano italiano. I fondi di Next Generation EU saranno allocati su aree strategiche, per colmare gap direi quasi “atavici” del nostro Paese: penso in particolare alla digitalizzazione, alle infrastrutture, alle scuole, alla sanità pubblica.

Questi nuovi investimenti devono portare alla creazione di nuovi posti di lavoro, ma è importante che ne beneficino tutte le categorie, in particolare le donne e i giovani. Con questo obiettivo, per esempio, AICEO ritiene fondamentale puntare anche al rilancio del settore turistico, che è particolarmente rilevante per l’occupazione femminile e giovanile. Se il turismo rappresentava il 14% (13%?) del pil italiano pre-pandemia, siamo certi che sviluppando in maniera coordinata una nuova offerta del nostro Paese, innovativa e digitalizzata, il contributo del settore possa essere ancora più determinante per l’economia italiana nei prossimi anni».

Qual è il ruolo delle imprese?
«Certamente determinante. In questa fase ancora difficile, tuttavia, le aziende devono essere messe nelle condizioni di poter mantenere i posti di lavoro e vanno quindi supportate.

È però essenziale che si guardi avanti nella pianificazione, e che si accelerino, anche all’interno delle singole realtà, di grandi come di piccole dimensioni, la digitalizzazione e l’innovazione, che portino anche ad una maggiore sostenibilità e competitività.

Per poter realizzare cambiamenti così importanti, è però fondamentale che la popolazione aziendale sia preparata, attraverso il “reskilling”, con una formazione diffusa, anche tecnica, a tutti i livelli. In fondo possiamo dire che il Covid abbia avuto almeno l’aspetto un impatto positivo, ossia di l’accelerazione all’interno delle organizzazioni di un cambiamento di mentalità, che ci ha aiutato ad esempio a comprendere meglio come l’innovazione e la tecnologia non rappresentino minacce ma siano potenti alleate per la gestione e tutela del lavoro all’interno delle organizzazioni».

Qual è il ruolo dei manager in generale e dei CEO in particolare?
«Il cambiamento nelle aziende passa senz’altro attraverso un ruolo ancor più determinante dei manager, che sono i primi interpreti di un nuovo modo di lavorare non più basato solo su controllo ed esecuzione, ma sull’empowerment, sulla delega, sulla responsabilizzazione dei lavoratori al raggiungimento degli obiettivi. È un cambio di prospettiva talvolta radicale, anche in questo caso spesso accelerato dal Covid, rispetto al quale la formazione è fondamentale. Tutti devono acquisire nuove competenze in questa fase ed essere attori del cambiamento. Naturalmente i CEO delle organizzazioni, a loro volta, devono essere i leader del cambiamento, coloro che ne trasmettono il fine ultimo, che rappresentano la “visione” a medio e lungo termine, in modo che tutti possano intendere e sposare il percorso e l’obiettivo finale.

Responsabilità e dovere dei CEO è anche individuare e perseguire non solo obiettivi di business, ma anche essere incisivi nel miglioramento e nella creazione di benessere all’interno della società. È un dovere che risponde ormai anche ad un’aspettativa precisa da parte dei consumatori (sempre più esigenti nei confronti dei brand, che non devono soddisfare solo bisogni funzionali e razionali, ma anche etici) e da parte dei giovani talenti, che scelgono le aziende anche in base alla coerenza con il loro sistema di valori».

Quali i must per aumentare produttività e competitività delle imprese e del sistema (innovazione, trasformazione digitale, organizzazione del lavoro)?
«
Sicuramente il must è accelerare la trasformazione delle imprese e del sistema in chiave digitale, semplificando i processi, cambiando paradigma e modelli di gestione del lavoro. Per esempio lo smartworking, che abbiamo adottato in emergenza, deve diventare uno strumento ben dosato e calibrato per rendere l’attività più flessibile e vicina ai bisogni degli individui e delle famiglie. Allo stesso tempo, tuttavia, dobbiamo recuperare le relazioni con i colleghi per generare nuove idee, dare impulso a processi creativi e condividere, costruire e mantenere l’identità aziendale. Nel terziario probabilmente si ridurranno o cambieranno gli spazi negli uffici. Questo potrà determinare dei savings, che potranno essere reinvestiti in continua innovazione, in strumenti per i dipendenti, ma anche per migliorare la soddisfazione dei clienti. Tutto ciò porterà certamente a un incremento della produttività, in passato ostacolato dalla “rigidità” del sistema, anche nei contratti di lavoro.

Allo stesso modo, e con lo stesso obiettivo è tuttavia necessario puntare con decisione su inclusione e meritocrazia, oggi purtroppo carenti nel nostro Paese, anche nel mondo delle aziende. Sono fattori fondamentali per la ripresa dell’Italia e per la crescita delle imprese, che vanno sostenuti con politiche precise e chiare. Molte delle aziende presenti in AICEO stanno già lavorando su questo. Noi chiediamo alle istituzioni di creare una nuova certificazione della parità di genere, che dimostri che le aziende hanno policy e risultati misurabili nelle attività di inclusione. Vogliamo che esista uno standard, perché abbiamo visto che laddove esistono norme le cose possono effettivamente cambiare. C’è ancora tanta strada da fare, ma per esempio a livello di composizione dei board delle aziende si è ormai arrivati a un 36% di rappresentanza femminile. Anche i dati sulla capitalizzazione delle principali aziende europee dell’ultimo anno hanno dimostrato che le aziende con politiche più incisive sulla diversity e sul gender balance registrano performance migliori dal punto di vista della crescita».

Come farlo non solo nelle aziende leader, ma anche a livello di sistema, anche nelle Pmi e nel pubblico?
«Anche le Pmi devono essere aiutate a compiere questi percorsi, per esempio attraverso sgravi per le aziende che investano in formazione, in digitalizzazione, nell’assunzione di donne e giovani. Investire sui giovani è un’assoluta necessità, se pensiamo che il 30% di loro non ha lavoro, ed è importante poter contare per loro su modelli di contratti che combinino flessibilità e tutela. Se in Italia non riusciamo ad aiutare le Pmi a trasformarsi su tutti i fronti (anche della digitalizzazione e inclusione) alla fine andremo a toccare solo una piccola percentuale delle aziende e dei lavoratori. L’80% dei posti di lavoro delle aziende in Italia infatti sono nelle Pmi. Dobbiamo aiutare a capire il valore aggiunto di approcci e politiche che danno risultati importanti in termini di ROI e sviluppo nel medio periodo, permettendo di superare i vincoli di breve periodo».

Qual è il ruolo dei cosiddetti corpi intermedi, cioè sindacati e organizzazioni di rappresentanza di lavoratori e imprese?
«È fondamentale, in questa fase è assolutamente importante lavorare insieme per il bene comune, mettere insieme conoscenze e competenze. Focalizzarsi sui fatti, sui dati, sulle azioni concrete, per creare posti di lavoro e riprendere il più velocemente possibile un percorso di crescita sostenibile che coinvolga tutte le categorie di lavoratori e non lasci indietro nessuno. Solo questo impegno comune e una visione realmente inclusiva potranno dare all’Italia l’impulso necessario per la ripresa da realizzare e che “dobbiamo” alle nuove generazioni. È il fondamento stesso della visione di Next Generation EU».

E quello di Manageritalia, che è il sindacato e l’organizzazione di rappresentanza dei manager?
«Mai come in questo momento è importante il ruolo di di Manageritalia, per sostenere e rappresentare i bisogni e le sfide a cui devono fare fronte ogni giorno i manager di aziende attive in settori cardine per l’economia italiana, settori attraversati da una profonda fase di cambiamento che potrà avere un esito positivo, per le aziende e per il Paese, solo grazie al massimo impegno, alla professionalità, alla competenza dei manager a cui la federazione dà voce».

Abbiamo tanti associati in comune, possiamo lavorare insieme su molti fronti anche quello istituzionale e sociale, come?
«Assolutamente, i nostri valori e la nostra missione hanno molti aspetti in comune. AICEO nasce anche con l’obiettivo specifico di portare avanti il proprio impegno facendo rete e mettendo a fattore comune conoscenze, competenze e capacità di incidere nella Società. Saremo ben felici di collaborare con Manageritalia, trovando sinergie tra i nostri programmi. Le strutture organizzative di Manageritalia e di AICEO potranno concorrere insieme, con grande sintonia, alla definizione di progetti comuni nell’interesse del Paese».


Forza ragazze, al lavoro è il libro di Paola Corna Pellegrini appena pubblicato da Guerini e Associati. Un libro sul talento femminile, elemento chiave per lo sviluppo dell’economia, dell’etica e della meritocrazia in Italia. Il libro parte da questo tema a cui si ispira il premio universitario dedicato alla memoria di Valeria Solesin, la ricercatrice italiana presso la Sorbona di Parigi scomparsa il 13 novembre 2015 durante la strage avvenuta al teatro Bataclan, per riaffermare con forza il valore della vita e dei progetti che una giovane donna può coltivare. Un libro che dà la parola ai giovani che ne hanno raccolto l’eredità, affinché diventino portavoce e protagonisti del cambiamento sulla parità di genere, per un mondo più equo, inclusivo e meritocratico.

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