Fare marketing oggi

Le prospettive per i professionisti, tra sostenibilità e difficoltà. Ne parliamo con Sara Caprasecca, docente presso Rome Business School

Quali sono oggi le sfide per chi si occupa di marketing, in un momento storico così sfidante? Per tracciare lo scenario abbiamo raccolto il punto di vista di Sara Caprasecca, docente di Digital Marketing presso Rome Business School. L’istituto internazionale offre programmi di master in marketing and sales, Mba e formazione fruibili sia in modalità on campus che online.

Di quale marketing dovremmo parlare in tempi così difficili, dopo pandemia, guerra e inflazione…?
«In questi tempi incerti e di repentini cambi di prezzo – pensiamo alla benzina, al gas o al grano dall’inizio della guerra fra Russia e Ucraina – e di paura generica per il futuro, è importante che i brand rivalutino i comportamenti e le reazioni dei diversi segmenti di clientela con empatia e mentalità aperta. È fondamentale aprirsi alle loro reazioni agli aumenti e a quali sono i nuovi punti deboli del cliente in tema di spesa. Dopo due anni di emergenza, vedo ancora conferenze di settore che costano come crociere, abbonamenti in streaming ingiustificatamente alti e potrei fare molti altri esempi. Attenzione ai furbetti che cercano di spremere il cliente fino all’ultimo, l’inflazione non colpisce tutti allo stesso modo ed è inevitabile sviluppare di conseguenza nuove strategie di prezzo e promozionali».

Mai come oggi, poi, al centro dell’azione di marketing c’è il brand e la condivisione di valori con i clienti, vero?
«Esattamente. Le nuove generazioni ci stanno abituando al rispetto imprescindibile di valori come la diversità, la parità di genere, l’inclusione, la sostenibilità, l’etica e il rispetto della privacy. Non si può né tornare indietro né fingere di essere interessati a tali valori – pensiamo alle operazioni di greenwashing,facilmente smascherate sui social – perché è facile, per il cliente, capire quando un’azienda sta mentendo o bluffando. C’è stata una marcia inarrestabile verso una maggiore trasparenza e una narrazione condivisa: è fondamentale avere una comunicazione chiara, concisa e convincente per le azioni di gestione dei prezzi, del packaging, dei prodotti e dei costi/valori promozionali».

Dunque ora quali sono i fattori portanti di un buon marketing?
«Esattamente questo: un marketing che non mente, allineato con i valori del cliente, che non insegue l’onda dei nuovi trend solo per vendere ma per migliorare il mondo in cui viviamo: pensiamo alle nuove proposte di packaging che vogliono evitare lo spreco, oppure le aziende che raccolgono l’usato senza farne necessariamente motivo di vanto, ma sana pratica condivisa col cliente. Il buon marketing è inoltre quello delle aziende, la cui proposta di valore non solo è sostenibile e inclusiva, ma completamente condivisa da chiunque lavori nell’azienda stessa e in cui ogni minima azione sia sottoposta e influenzata da tali principi. Dal primo all’ultimo dell’organigramma».

Digitalizzazione, data driven… è qui che si fa la differenza?
«Non è il futuro, bensì il presente: chiunque sia ancora in difficoltà con gestione da remoto, orari flessibili, campagne customizzate per canale e segmento di clientela, non può sperare in grossi guadagni. La competizione è troppo veloce, i clienti sono ormai abituati a servizi veloci, intuitivi e altamente personalizzati. Consiglio di iniziare dalle piccole cose, di familiarizzare anche solo tramite corsi semplici, se proprio si è totalmente a zero, e poi magari affidarsi a un esperto che possa aprirci nuovi orizzonti sui social, sulle campagne Google, sugli analytics. Gli imprenditori della media realtà italiana, o chi si occupa di piccole realtà a gestione familiare devono necessariamente simpatizzare numeri, statistiche e gestione del Crm. Il futuro è nella matematica e simpatizzare con essa può solo essere un vantaggio».

Quali strategie di marketing sono oggi efficaci per rimanere competitivi sul mercato e nella mente del consumatore?
«Delle strategie ancora focalizzate su video contenuti veloci e di rapido consumo, flessibilità nella pubblicazione sui diversi social senza tralasciare quelli che spesso vengono reputati ad uso esclusivo dei giovanissimi e invece non lo sono affatto. E poi il proximity marketing, le campagne Google, che sono sempre le prime, secondo me, su cui investire se si vuole un ritorno d’investimento rapido, con spazi su YouTube e campagne display. È ovviamente in forte crescita tutto ciò che è connesso agli eventi virtuali: informiamoci e sbizzarriamoci con dirette live, eventi su Minecraft, contenuti su Twitch e nuovi spazi nel Metaverso. E non spaventiamoci di queste novità: per anni i millennial hanno giocato a Second Life e The Sims, che erano sempre mondi alternativi».

Un marketer come può e deve gestire tutto questo?
«Tenendosi costantemente aggiornato, istruito, mettendosi in gioco. Parlando coi giovani, scaricando ogni nuovo social, senza spaventarsi mai di nuove metriche e funzioni. In fondo è un lavoro estremamente divertente e mai ripetitivo! Inoltre è fondamentale non tenere queste conoscenze per sé: supportiamo i colleghi meno digitalizzati, organizziamo workshop, partiamo dalle piccole cose. Dal condividere un file in cloud a una gestione più sana dei task, capendo bene cosa può essere risolto con una mail, cosa con un breve messaggio in chat e cosa con una call. Snellire i processi e trovare un linguaggio comune, transgenerazionale, un dialogo in cui nessuno si senta escluso».

La formazione che ruolo ha?
«Appunto, vitale! E non solo per chi lavora nell’ambiente, ma anche per gli imprenditori e i professionisti che vogliono contattare i marketer stessi. Non affidiamoci ad agenzie che fanno copia-incolla senza chiederci nulla sul nostro prodotto, e arriviamo già istruiti su cosa sono gli analytics, quali sono le necessità dei nostri segmenti di mercato, cosa fa la competizione. L’agenzia non può e non deve essere lasciata a sé stessa, come viceversa l’imprenditore non può fare campagne social da solo. Insomma: il minimo per il marketer di oggi è investire un tot dei propri introiti l’anno per conferenze, corsi di specializzazione e webinar, che, incredibilmente grazie all’emergenza Covid, sono diventati sempre più accessibili. E attenzione ai guru online: la vera pandemia del marketing è quella. Leggo di corsi in cui si suggerisce una doccia fredda alle 5 di mattina o di non leggere più il giornale per “mantenere un mindset positivo”, di investire ossessivamente in cryptovalute o in cui ci si spaccia per competenti perché si ha una villa a Ibiza: non sono queste cose a fare di noi dei bravi specialisti. Attenzione alle truffe e attenzione al portafoglio!».

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