Dobbiamo avere paura dell’intelligenza artificiale o no?

Le nuove tecnologie plasmeranno ogni aspetto del nostro lavoro. Prepariamoci a una rivoluzione inarrestabile, con il mindset giusto. Ne parliamo con Carl Benedikt Frey, professore di AI & Work alla Oxford University, dove ha anche diretto il programma Future of Work. Frey è inoltre autore del libro La trappola della tecnologia, edito in Italia da FrancoAngeli

Il lavoro è il vissuto di profonde trasformazioni, pensiamo a quella della prima rivoluzione industriale, con l’avvio di fabbriche e catene di montaggio. Quella in atto oggi è una delle tante o ha qualcosa di diverso e nuovo? 
«L’intelligenza artificiale è ciò che gli economisti chiamano una tecnologia multiuso. Come il motore a vapore, l’elettricità e i computer, può essere utilizzata per diversi scopi, quindi è una delle poche trasformazioni di tale importanza. Credo che il parallelismo più calzante sia con l’elettricità, che non ha solo trasformato il modo in cui lavoriamo, ma anche come viviamo, coinvolgendo le nostre case. Se pensiamo agli elettrodomestici per la cucina, tutti, dal frigorifero al tostapane, non esistevano nel 1900. E come l’elettricità e i computer, l’IA, con ogni probabilità, trasformerà anche come approcciamo la scienza. È in questo settore che si vedranno i maggiori vantaggi in termini di produttività. Ad esempio, dal Rinascimento ad oggi, se avessimo semplicemente automatizzato il lavoro che si svolgeva a quel tempo, non saremmo poi tanto più ricchi oggi. Avremmo semplicemente meno lavoratori nel settore agricolo. Oggi siamo molto più ricchi poiché abbiamo utilizzato la scienza per sviluppare nuove tecnologie quali gli antibiotici, i vaccini, le automobili e gli aeroplani. E l’IA è verosimilmente la metodologia di invenzione che potrebbe dare una grande spinta alle scoperte»

Qual è, oggi e in ottica futura, il ruolo delle tecnologie quando parliamo di lavoro e del lavoro che vede al centro le persone?
«Dieci anni fa partecipai alla stesura di un articolo accademico nel quale si stimava che circa il 47% dei lavori svolti negli Usa potesse essere, in teoria, automatizzato, dal momento che l’IA e la robotica mobile aumentavano la varietà di azioni che i computer possono compiere. Le nostre stime erano basate sulla premessa che mentre i computer probabilmente saranno in grado di svolgere la maggior parte dei compiti, gli umani continueranno ad avere il vantaggio competitivo in tre ambiti principali: creatività, interazioni sociali complesse e interazione con ambienti non strutturati (ad esempio, la propria casa). Tuttavia, è importante riconoscere che, in questi ambiti, c’è stato un significativo progresso, grazie ai Large language model (LLM), come GPT4, in grado di produrre risposte di testo simili a quelle umane su un’ampia varietà di richieste».

Fino a che punto?
«Nell’era dell’IA generativa, una macchina potrebbe persino scrivere per te delle lettere d’amore. Tuttavia, se GPT4 scrive lettere d’amore per te, i tuoi appuntamenti dal vivo diventano ancora più importanti. Il punto è che dal momento in cui le interazioni sociali virtuali sono sempre più supportate dagli algoritmi, la migliore qualità dell’interazione in persona, che nessuna macchina può riprodurre, diventerà ancora migliore. Inoltre, l’IA può scrivere una lettera nello stile di Shakespeare solo perché le opere di Shakespeare esistono già e su di esse viene impostata l’intelligenza artificiale. L’IA dà generalmente buoni risultati quando si tratta di compiti che hanno informazioni e obiettivi chiari, come, ad esempio, massimizzare il punteggio in un videogioco o creare un testo con un linguaggio quasi shakespeariano. Ma se si desidera creare qualcosa di completamente nuovo, piuttosto che riformulare idee esistenti, per cosa si dovrebbe ottimizzare? È nella risposta alla domanda sul vero obiettivo che risiede la creatività umana».

Più e nuove tecnologie vogliono dire meno lavoro o un lavoro diverso per l’uomo? E come?
«Come abbiamo osservato nel nostro articolo accademico del 2013, ci sono molti lavori che possono essere automatizzati, ma l’IA generativa – sottosettore del settore più ampio dell’IA – non è ancora una tecnologia automatizzata. Necessita delle istruzioni dell’essere umano, che deve inoltre selezionare, verificare ed editare il risultato. Inoltre, crea un contenuto che rispecchia la qualità dei dati esplicativi forniti: se metti dati pessimi, avrai un risultato pessimo. E questi algoritmi richiedono di inserire una considerevole mole di dati quali, ad esempio, segmenti molto ampi estratti da internet, invece di insiemi di informazioni più piccoli e specifici sviluppati da esperti. Di conseguenza, gli LLM sono predisposti a creare un testo che sia allineato a contenuti nella media, piuttosto che a contenuti straordinari estratti da internet. Se le informazioni inserite sono di qualità mediocre, tale sarà anche il risultato».

Quindi, cosa implica tutto ciò per il futuro dell’occupazione?
«Per prima cosa, l’IA di ultima generazione necessiterà comunque dell’intervento dell’uomo. Inoltre, i lavoratori meno qualificati si preparano a guadagnarci in modo sproporzionato poiché possono ora generare del contenuto in linea con uno standard “nella media”. Ad esempio, una recente ricerca mostra che gli assistenti all’IA aumentano la produttività del 14% automatizzando compiti di routine e offrendo supporto agli agenti in carne e ossa: sono i nuovi lavoratori, e quelli poco qualificati, che guadagnano di più in termini di produttività. Questo mette alla prova la consolidata credenza che l’automazione porti prima di tutto benefici ai lavoratori più qualificati. Mette in evidenza come la tecnologia possa rendere più accessibili a più persone alcune industrie: il settore legale, quelli dell’istruzione, dell’informazione e dell’intrattenimento».

Quali sfide e nodi da sciogliere?
«Tutto ciò implica anche una maggiore concorrenza e, potenzialmente, minori guadagni per coloro che già lavorano in questi campi. Pensiamo a Uber e al suo impatto sui taxi. Con la tecnologia GPS, un’ottima conoscenza della viabilità locale è diventata meno essenziale per i tassisti. Con la crescita di Uber negli Usa anche gli autisti con una conoscenza minima della viabilità locale hanno potuto quindi lavorare con successo, generando concorrenza maggiore e guadagni inferiori per gli autisti con esperienza. Lo studio che abbiamo svolto con Thor Berger e Chinchih Chen di Oxford ha dimostrato che quando Uber approdava in una nuova città i guadagni orari degli autisti diminuivano del 10%, ma aumentava l’occupazione. L’effetto generale dell’IA generativa sui salari dipenderà maggiormente dalla crescita del consumo dei contenuti, a sua volta dovuta al fatto che l’IA rende la creazione di questi ultimi più economica. Questa considerazione è simile al chiedersi quanto di più una persona utilizzerebbe Netflix se il suo contenuto fosse più economico e di maggiore qualità. La risposta probabile è: non molto di più, considerato il fatto che il tempo è una risorsa limitata».

L’industrializzazione ha portato al centro del mondo del lavoro la fabbrica, lo sviluppo del terziario ci ha aggiunto l’ufficio… sono e saranno ancora questi i cardini del lavoro futuro? O anche qui cambieremo?
«L’occupazione nelle fabbriche è in declino da decenni ormai, sta accadendo persino in Cina, sia come quota dell’occupazione totale che in termini assoluti. Mi aspetto che questa tendenza proseguirà con il miglioramento e la maggiore economicità dei robot. D’altra parte, mi aspetto una crescita dei lavori d’ufficio, ma anche una loro trasformazione. Il lavoro di back office sarà automatizzato, mentre quello a contatto diretto con il cliente diventerà sempre più importante. Come detto in precedenza, le interazioni di persona acquisiranno più importanza poiché ChatGPT dà la possibilità di automatizzare più attività virtuali, incoraggiando più persone a venire in ufficio e a viaggiare per incontrare i propri clienti»

L’organizzazione aziendale e quella del lavoro in generale come cambieranno?
«La storia ci insegna che quando vengono introdotte nuove tecnologie le aziende decentralizzate migliorano le loro performance. Per questo motivo, l’America ha raccolto i benefici della rivoluzione introdotta dal computer molto più di quanto non abbiano fatto le industrie europee. Quando una tecnologia è nuova e non la si conosce bene si deve concedere maggiore autonomia agli ingegneri e ai manager più preparati per innovare ed esplorare».

Quale è il ruolo dei manager e del management nel lavoro del futuro e per avvicinarci ad esso?
«In futuro, l’IA generativa sarà come un nuovo collega, o più di uno. I manager avranno a loro disposizione maggiore assistenza virtuale per una varietà di compiti. Significa che potranno lavorare a più progetti contemporaneamente e che avranno bisogno di saper gestire questa crescente complessità. Il ruolo del manager diventerà sempre più simile a un coach. Un’abilità particolarmente importante sarà il saper motivare le persone a migliorare. Ciò necessita la capacità di comunicare di persona e non potrà essere sostituita dall’IA».

Quale è il ruolo della formazione, ma ancor più delle competenze nel lavoro del futuro?
«La buona notizia è che con l’IA generativa tutti avranno il loro tutor personale che li assisterà nell’apprendimento di nuove abilità. Questo tutor sarà anche in grado di rispondere in modo personalizzato. Se ti piacciono il calcio o la moda, ad esempio, utilizzerà esempi ad essi collegati durante l’apprendimento. La vera sfida sarà quella di incoraggiare i lavoratori ad approfittare di queste nuove opportunità poiché l’apprendimento sottrae del tempo ad altro».

A seguito di tutto questo, come può e deve cambiare il senso del lavoro per l’uomo?
«A meno che non si andrà nella direzione di un mondo nel quale tutto il lavoro sarà svolto dall’IA, anziché dagli uomini, non credo che il senso del lavoro cambierà significativamente. Ciò che facciamo per guadagnarci da vivere resterà una parte essenziale della nostra identità».


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