Un progetto di Branded Content & Entertainment (BC&E) è ogni contenuto (output) finanziato totalmente o parzialmente da una marca. Tale contenuto ha lo scopo di promuovere i valori del brand e ingaggiare l’audience in una logica attrattiva (pull), con il fine di intrattenere e/o informare e/o educare. Il contenuto viene veicolato all’utente finale tramite un mezzo di comunicazione owned o paid. Questa definizione, di derivazione anglosassone, mi sembra conciliare la prassi più ricorrente nel nostro Paese e più in generale in Europa. Come ho occasione di spiegare nel primo capitolo del libro Branded Entertainment, esistono due macro forme di branded content & entertainment: la brand integration e il branded content, che si generano a partire dalla sovrapposizione di tre aree di contenuto: i contenuti della marca distribuiti sui canali della marca (nell’ottica del content marketing, come viene codificato dal CMI – Content marketing institute americano); i contenuti commerciali (gli spot, i publiredazionali, le telepromozioni ecc.) e i contenuti editoriali veicolati dagli editori (programmi radio-televisivi, news ecc.).
Proprio dall’intersecazione di queste tre aree possiamo andare a definire la brand integration, che è una forma derivata di product placement, più complessa, articolata e potenzialmente efficace; e il branded content che è un progetto costruito ad hoc a 4-6-8 mani dall’inserzionista (ma qui l’etichetta inizia ad essere restrittiva), l’editore/media, la casa di produzione, l’agenzia creativa, il centro media. Il principale obiettivo di questa forma di comunicazione è veicolare i valori della marca rivolgendosi all’utente/spettatore prima che al consumatore: il contenuto deve essere rilevante (interessante, divertente, educativo..) per chi lo fruisce, che lo consuma in una logica pull (se lo va a cercare) e non più push (ciò che tipicamente succede nel modello interruttivo dell’adv classico, degli spot così come dei pre-roll, per intenderci).
Attraverso il branded entertainment infatti le aziende possono accedere e influenzare il contenuto editoriale vero e proprio (il palinsesto di televisioni, radio, gli articoli di giornale…) superando la barriera degli spazi interstiziali (e secondari, dal punto di vista dell’audience) nei media (break pubblicitari, pre-roll, banner, in pagina ecc.). Non solo, possono diventare media loro stessi.
App, serie web, giochi
I formati in cui si può declinare un progetto di BC&E sono vari, dai generi più “tradizionali” ai più innovativi, rispondendo alle diverse esigenze di budget, creatività e adattandosi a molteplici obiettivi di comunicazione.
Nell’era dei social media, della proliferazione degli schermi e della digitalizzazione della comunicazione, l’unione tra creatività e capillarità ha portato allo sviluppo di digital branded content dalle forme più diverse: dalle app alle web serie, al gaming, gli esempi sono molti. Tra le web serie brandizzate con una componente narrativa in grado di fidelizzare e mantenere l’audience mi piace citare l’esempio di Casa.it, portale immobiliare italiano, che per la sua pagina YouTube ha realizzato Gli Sgami della Nonna, una web serie dal registro ironico che ha come protagonista Nonna Lea in-da-house, una simpatica nonnina che usa lo slang dei ragazzi milanesi per insegnare loro alcuni rimedi casalinghi. Lanciata a gennaio del 2011 con l’obiettivo di rendere il brand più ironico, divertente e utile, la web serie ha totalizzato milioni di views ma, soprattutto, ha permesso a Casa.it di costruire una solida community di fan del personaggio e del brand.
Altro fenomeno recente e dirompente è quello degli influencer. Sono sempre più numerose le aziende inserzioniste che hanno colto l’opportunità di collaborare con le web star. Carrefour Italia ha ingaggiato Frank Matano per una sit-com in cui il supermercato diventa pretesto per originare gag sempre divertenti, adattandosi al format originale Vita tra Coinquilini – di grande successo – e al tipico “stile Matano”, riuscendo così a ingaggiare il pubblico del creator, generando per ogni puntata un numero di views pari alla serie originale. D’altronde, perché i canali degli influencer siano uno strumento di storytelling potente per le aziende la vera sfida è creare branded content tagliati esattamente sul tipo di linguaggio o “tone of voice” trasparente che li ha resi delle vere e proprie social star. Altrimenti il rischio flop è dietro l’angolo.
Come l’Italia sta sviluppando il branded content & entertainment
Nel nostro paese gli sviluppi più interessanti sono quelli legati alla tv. Il riemergere del branded entertainment televisivo risponde da un lato alle nuove abitudini di media consumption degli utenti, dall’altro al ruolo sempre più centrale dei brand che sono passati dalla posizione di “interrupter” a quella di “enabler”, aiutanti e facilitatori. In Italia poi abbiamo una normativa che riguarda il settore audiovisivo e una serie di codici di autoregolamentazione adottati dalle emittenti televisive che di fatto hanno permesso il proliferare di progetti sia di branded content che di brand integration. La mia opinione è che fino ad ora siano più interessanti le sperimentazioni a livello di integrazione: penso a The Apprentice o a Boss in incognito, programmi che hanno definito l’estetica e il modello della brand integration “pura” nei quali l’inserimento di brand ha conferito verosimiglianza al racconto stabilendo un patto di fiducia con il telespettatore che, immerso nell’espediente narrativo, si fa trasportare all’interno dei valori della marca esibiti.
Formati o canali oltre a digitale e tv
Quello del cinema è un territorio ad altissima potenzialità, che deve ancora essere esploso. Ne è una prova il film Lo and Behold di Werner Herzog, che ha appena vinto al Festival Branded Entertainment di Cannes tre Ori ed era in programma al Sundance Film Festival, senza dubbio una tra le più riuscite operazioni di branded entertainment del 2016. Netscout, inizialmente intenzionato a produrre uno spot celebrativo per i suoi clienti, con il supporto strategico dell’agenzia Pereira O’Dell di New York, è giunto a produrre un magnifico documentario sul mondo di internet e della tecnologia, sulle sue potenzialità e sul suo impatto sociale. Lo and Behold è un perfetto esempio di come un brand, attraverso un prodotto di qualità, possa rafforzare la sua autorità in un campo nel quale esercita una leadership. E a costo zero, poiché i diritti del film sono stati acquisiti da Magnolia Films, che ha coperto interamente i costi di produzione.
Dalla musica alla narrativa
Altri due territori di ulteriore sperimentazione su cui mi aspetto una rapida evoluzione sono la musica e la narrativa. La musica rappresenta uno strumento strategico attraverso cui le marche da sempre coinvolgono i propri clienti. Gli esempi che ho portato variano da esperienze dirompenti e spettacolari a progetti più sofisticati, di raffinata composizione, come i brani composti da Gener8ion per Audemars Piguet o il videoclip degli OKGO girato per S7 Airlines.
Quello della narrativa è un altro ambito che si espanderà ulteriormente nei prossimi anni. Se è pratica diffusa per il branded entertainment l’adozione dei principi della narrazione, non altrettanto diffuso è l’utilizzo della narrativa come output di progetti di comunicazione di marca. In questo caso siamo nella sperimentazione pura, e non ho rintracciato direttrici. I pochi casi che ho reperito lasciano però presagire un ulteriore sviluppo creativo della tipologia e immaginare che sempre più illustri scrittori, come hanno fatto i grandi registi e i musicisti, possano essere interessati a collaborare alla scrittura di testi narrativi per le aziende. Come è il caso di Mercedes-Benz, che a fine 2016 con Google e Gruppo Roncaglia ha commissionato un romanzo a Gianrico Carofiglio, che ha scritto La forma delle nuvole, una “adaptive story” in grado di cogliere, attraverso il device del lettore, informazioni come il tempo, il luogo, l’ora, il giorno integrandole nel racconto. Il progetto ha raccolto importanti riconoscimenti in Italia, come la Best holistic campaign agli NC Awards e il Grand Prix Advertising Strategies nella categoria ‘intraprendente’.
Le prospettive offerte dalla realtà virtuale
L’innovazione tecnologica porterà a un’ulteriore espansione del settore del branded content & entertainment: penso alle esperienze della realtà virtuale (VR), che in futuro potranno permettere l’introduzione di applicazioni sempre più personalizzate a partire dalle informazioni sugli utenti. Anche il live streaming mostra la sua forza per la sua capacità di situare l’utente in un contesto “hic et nunc”, irripetibile e vivo, un vero e proprio evento, veicolando un valore importante: la sicurezza di un brand che non ha necessità di nascondersi e che non teme un contatto diretto con il proprio pubblico.
Perché un manager dovrebbe inserire un progetto di BC&E all’interno della propria strategia di marketing
Il branded content & entertainment è uno strumento di marketing utile nella costruzione della relazione tra consumatore e brand che deve essere inserita in una strategia di medio-lungo periodo. Come per ogni strategia, fondamentali sono la definizione del target (il branded content & entertainment può funzionare con alcuni consumatori – se il ruolo che il brand gioca nel contenuto è ben chiaro, ma non è adatto a tutti), la definizione dei tratti dell’identità di marca che costituiranno la narrazione, e la conseguente appropriazione dei principi base dello storytelling. Le aziende che sapranno comunicare i propri valori e la propria “anima” attraverso soluzioni creative e coinvolgenti di racconto potranno fare la differenza sia in termini di immagine che di vendite e fatturato. E il branded content & entertainment si dimostra uno strumento di comunicazione estremamente efficace per raccontarsi attraverso gli occhi di chi alla fine sceglie.