Tra le parole ed espressioni in voga negli ultimi mesi, c’è il quiet quitting, ossia un atteggiamento di graduale distacco da parte dei lavoratori dalla propria organizzazione, con una motivazione verso il lavoro sempre più bassa. Le persone non lasciano il proprio lavoro, ma non stanno facendo più il loro meglio.
Gallup ha individuato un fenomeno parallelo, altrettanto preoccupante, definito quiet firing, ovvero l’insieme di comportamenti “tossici” messi in atto da quei manager che non riescono a fornire adeguatamente coaching, supporto e sviluppo di carriera, il che si traduce in una lenta “espulsione” delle persone dalle organizzazioni. Nella peggiore delle ipotesi, il quiet firing avviene quando i manager consentono ai loro collaboratori di vivere esperienze fortemente negative come strategia per “spremerli”.
Naturalmente, siamo agli antitesi della leadership. Questi manager, tuttavia, non si comportano in questo modo di proposito, potrebbero infatti persino preoccuparsi dei loro team, ma sono di fatto più assenti che presenti, distratti dalle politiche organizzative anziché essere impegnati a costruire una squadra.
Secondo i dati incrociati di alcune indagini, Gallup ha rilevato che solo il 22% dei lavoratori è d’accordo sul fatto che i loro manager li supportino nel definire le priorità di lavoro, mentre solo il 43% dei manager ritiene che stiano facendo tutto il possibile per aiutare i loro collaboratori a definire le loro priorità.
Nell’analisi dell’istituto di ricerca, sono 3 i macro errori che andrebbero evitati.
Errore n. 1: i manager non discutono sistematicamente dei progressi degli obiettivi e non forniscono feedback sulle performance (si potrebbe partire dalle semplici domande “Ho avuto di recente una conversazione significativa con ciascun collaboratore sul suo lavoro? Coinvolgo attivamente le persone del team che coordini nella definizione dei loro obiettivi?).
Errore n. 2: i manager frenano lo sviluppo personale. Solo il 37% dei manager concorda fortemente di investire nello sviluppo dei propri dipendenti, e ancora meno lavoratori (25%) concordano fortemente sul fatto che il proprio manager investa nel loro sviluppo professionale. La percentuale di lavoratori ibridi e completamente da remoto di età inferiore ai 35 anni che sono fortemente d’accordo sul fatto che qualcuno incoraggi il loro sviluppo sul lavoro è diminuita di 12 punti dal 2019 al 2022. La domanda di partenza è “Ogni mio collaboratore ha un piano di sviluppo personalizzato e un percorso di carriera definito?”.
Errore n. 3: i manager non forniscono un riconoscimento individuale personalizzato. Solo il 34% dei lavoratori è fortemente d’accordo sul fatto che il proprio manager offra loro un riconoscimento quando portano a termine un buon lavoro. Solo 6 manager su 10 ritengono di fare un buon lavoro nel fornire un feedback positivo. Quando le persone riconoscono di aver ricevuto riconoscimenti o elogi nell’ultima settimana, hanno il 39% in meno di probabilità di cercare un lavoro diverso e il 47% in meno di probabilità di provare esaurimento sul lavoro. In questo caso, la domanda da porsi è: In che modo le persone del mio team desiderano ricevere riconoscimenti? Il riconoscimento più potente è tempestivo, specifico e autentico.