“Sempre più spesso le persone si sentono stanche e sole al lavoro. Ma non c’è nessun manager che voglia che i membri della sua squadra si sentano disconnessi e disimpegnati. Potete aiutare a contrastare tali sensazioni incoraggiando il vostro team a creare forti rapporti tra i colleghi. Dite loro quanto sia importante avere un network capace di svilupparsi: un piccolo gruppo di persone cui rivolgersi di tanto in tanto per aver un consiglio o un sostegno emotivo. Mettete i dipendenti a contatto con coach e colleghi e assegnate a ogni nuovo entrato un mentore. Offritevi di presentare gli uni agli altri dei dipendenti che possano avere delle caratteristiche comuni, come degli hobby o degli interessi lavorativi”.
Il libro di Emma Seppala e Marissa King “Burnout at Work Isn’t Just About Exhaustion. It’s Also About Loneliness” punta i riflettori su un aspetto spesso minimizzato negli ambienti di lavoro: la solitudine. Le due autrici evidenziano come la sensazione di essere soli rende disconnessi dal proprio lavoro, porta alienazione e ha ricadute pesanti sulla produttività. Non ha tanto a che fare con il lavoro flessibile e da remoto, ci si può sentire isolati anche negli uffici open space oggi di moda e i manager stessi possono soffrire di solitudine se i componenti dei loro team non confermano il loro ruolo.
L’approccio dovrebbe essere razionale e dinamico e prevedere un vero piano di gestione del personale che favorisca lo scambio continuo e, laddove possibile, che metta in relazione profili che potrebbero avere background simili e punti di contatto. Il vero problema è che nessuno può scegliersi i colleghi di lavoro, ma le differenze di personalità non devono pregiudicare la condivisione. Il manager in questo senso dovrebbe cogliere segnali di malessere e dare tutto il suo supporto sia per creare legami di valore sia per far sì che professionisti come counselor e coach possano facilitare i rapporti umani tra colleghi.