Parlare di Qualità presenta sempre diverse insidie, legate soprattutto all’oggettiva difficoltà di circoscrivere l’ambito della discussione e di porre dei vincoli e confini a una materia che, per natura, non ha limiti. La qualità pervade i processi aziendali trasversalmente, dalla Ricerca e Sviluppo fino a quando il prodotto è nelle mani del cliente o utilizzatore finale, ed esce dai confini aziendali aprendosi verso l’esterno: non solo verso i clienti e i fornitori, ma più in generale verso tutti gli stakeholder e la società in senso lato (pensiamo ad esempio al macro trend della green economy).
Faccio riferimento alla definizione di qualità più ampia, ma purtroppo anche la più generica possibile, data dalla UNI EN ISO 9000:2015, come grado secondo cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa dei requisiti. La norma fornisce poi, sempre con una definizione di ampio respiro, la definizione di caratteristica, come proprietà distintiva (declinata in tutte le sue sfaccettature) e di requisito, come bisogno o aspettativa prestabilita, obbligatoria, ovvero ritenuta comunemente implicita.
Nell’approccio e nella gestione della qualità in azienda si incontrano molti errori ricorrenti, comuni ad aziende di dimensioni molto diverse tra loro, dalle multinazionali alle piccole e medie imprese padronali e operanti nei settori più disparati. Ecco i sette più frequenti.
1) Confondere il monitoraggio dei KPI con l’avere un sistema di gestione delle qualità. Un primo errore ricorrente è quello di impostare un cruscotto di indicatori molto articolato e dettagliato o limitarsi al solo monitoraggio dei KPI, perdendo di vista il fatto che misurare un problema è solamente il primo passo, e solitamente anche il più facile, per risolvere un problema. Possedere un sistema di raccolta dati e di analisi puntuale ed efficace è condizione necessaria, ma non sufficiente per il miglioramento. Allo stesso modo il monitoraggio dei Cost of Poor Quality (COPQ) di per sé dà una misura di quanto sia alta l’erba in giardino, ma intanto l’erba continua a crescere.
2) Incapacità di introdurre il miglioramento continuo in modo permanente in azienda. Molte aziende, pur avendo un sistema di monitoraggio dei processi aziendali e delle difettosità dei prodotti molto preciso, non riescono a cambiare la propria cultura e a far sì che approcci ormai estremamente consolidati e maturi al miglioramento continuo, come il ciclo PDCA (Deming) e le sue varianti proposte in letteratura (ad esempio il metodo 8D) permettano di far fare un salto di qualità, innescando veramente un circolo virtuoso di miglioramento. In modo analogo un errore di alcuni manager è quello di non guidare questo cambiamento culturale o di ricondurlo a un mero problema di comunicazione, oppure ancora di declinarlo a consulenti esterni.
3) Sottovalutare l’importanza dei processi. Un terzo errore, sicuramente più comune nelle piccole e medie imprese, ma non per questo assente nelle grandi multinazionali, è quello di essere ancorati al “fare” più che al “gestire”, nella convinzione che sia sufficiente la buona volontà e la buona fede dei singoli a garantire la qualità dei propri prodotti e servizi. Su questo punto giocano un ruolo importante anche la cultura italiana e quel tratto dal sapore romantico che la contraddistingue di gettare il cuore oltre l’ostacolo, facendo saltare regole e processi, nonché la refrattarietà tipicamente italiana a quegli standardized works tanto cari a chi si occupa di lean, sia in ambito produttivo che progettuale.
4) Assegnare risorse inadeguate alla qualità. Alcune aziende, poi, assegnano all’ente qualità risorse insufficienti sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Se è vero che la qualità deve essere nelle corde di tutti i collaboratori aziendali in quanto ognuno è contributore e responsabile della qualità, è altrettanto vero che la presenza di Green e Black Belt Six Sigma nelle imprese è ancora molto basso.
5) Mancata estrazione tecnica dei tecnici della qualità. Troppo spesso gli addetti e i tecnici della qualità in azienda non hanno un’estrazione tecnica e/o non hanno maturato alcuna esperienza nell’area tecnica, con il risultato di non avere una conoscenza intima e approfondita dei processi industriali, ma, cosa ancor più grave dei prodotti. Questo aspetto è spesso il risultato di un baricentro troppo spostato verso l’area commerciale a discapito di quella tecnica.
6) Mancato coinvolgimento dei fornitori. Molte imprese non coinvolgono in modo adeguato i fornitori, sia durante le attività di scouting di nuove tecnologie, sia durante le fasi più esecutive di sviluppo prodotto. La frammentazione internazionale dei processi produttivi e la conseguente perdita di significato del “made-in” impongono un coinvolgimento dei fornitori puntuale su temi specifici, ma soprattutto continuo nell’arco dell’intero sviluppo prodotto. Metodologie estremamente consolidate e mature come il DFMA possono ancora dare molto e la vera sfida è applicarle su prodotti con una forte componente di outsourcing. Il costo non può e non deve essere l’unico driver di scelta dei fornitori, anche in un’economia a crescita bassa, nulla o negativa.
7) Mancato coinvolgimento dei clienti. In maniera diametricalmente opposta al punto precedente, il mancato coinvolgimento dei clienti può comportare non solo difficoltà intrinseche a livello qualitativo, ma anche un problema di over quality e parallelamente di over cost. Il vero salto di qualità sarebbe non solo coinvolgere il cliente fin dalle prime fasi di sviluppo prodotto, ma cercare di vivere la sua stessa vita e le sue esperienze d’uso dei prodotti e servizi offerti dall’azienda.
Torniamo ai principi
Di fronte a un tema molto ampio o a un problema di elevata complessità, un approccio che di solito funziona è quello di ripartire dalle basi, dai fondamentali, ovvero da cosa dicono i “sacri testi” del management e i modelli teorici. In questo caso è sufficiente tornare alle norme e in particolare ai principi di fatto stabiliti dalle ISO 9000 e ISO 9001: orientamento al cliente, leadership, coinvolgimento delle persone, approccio per processi, miglioramento, decisioni basate su evidenze e gestione delle relazioni. Molti degli errori comunemente commessi in azienda relativamente alla qualità e descritti sopra sono proprio il risultato di una mancata applicazione delle norme. Restano esclusi due punti, che forse le norme, nella loro asettica generalità, non trattano esplicitamente e danno probabilmente per scontati, ovvero la frequente inadeguatezza delle risorse della qualità e la mancata estrazione tecnica di molti tecnici qualità. Combinare la teoria generale con le evidenze del campo, adattare i modelli e principi delle norme e della letteratura continuano ad essere le uniche leve per effettuare il cambiamento e innalzare il livello delle prestazioni.