Settimana del Lavoro Agile: zainocrazia

Torna l'iniziativa del Comune di Milano per puntare i riflettori sul lavoro flessibile, senza vincoli di orario e di spazio. Una ricerca di Doxa evidenzia i trend di questo modello organizzativo

Il lavoro flessibile, in termini di orario e di luoghi, è una realtà in molte aziende e paesi. Anche in Italia si sta diffondendo. Il vantaggio è duplice: la produttività cresce così come il benessere del lavoratore. 

Il Comune di Milano rinnova anche quest’anno l’iniziativa della Settimana del Lavoro Agile. Fino a venerdì 238 imprese, enti, sindacati e spazi di coworking hanno aderito. Tra le aziende che hanno scelto di partecipare ci sono Doxa, Fastweb, il gruppo Peugeot Citroen, Mars Italia, Mellin, Sanofi, Siemens, Philips, Tamoil, Tim, Vodafone, Unicredit e Nestlè. Aderiscono inoltre tutte le società partecipate del Comune, da MM a Sea e Atm.

Tre le modalità di partecipazione, si può sperimentare il lavoro agile direttamente nella propria azienda, offrendo ai dipendenti la possibilità di provare per un massimo di cinque giorni a lavorare al di fuori della sede abituale con una flessibilità oraria o attraverso una postazione di coworking. Oppure ci sono alcune aziende che svolgono la funzione di tutor nei confronti di altre società interessate a sperimentare questa nuova modalità lavorativa. C’è infine chi aderisce organizzando un evento presso la propria sede o uno spazio comunale per diffondere il lavoro agile.

La ministra della Funzione pubblica Marianna Madia alla presentazione dell’iniziativa ha annunciato l’arrivo della direttiva sul lavoro agile anche nella pubblica amministrazione “che presenteremo in conferenza unificata il 25″ maggio e che prevede che almeno il 10% dei lavoratori che lo chiedono potranno sperimentare forme di smart working senza penalizzazioni nella loro professionalità e nell’avanzamento di carriera”.

Parola d’ordine: zainocrazia

In occasione della Settimana del Lavoro Agile,
Doxa, ideatrice delle ricerche di mercato in Italia, si fa interprete di una tendenza destinata a rivoluzionare la vita professionale (e non solo) di tutti noi. Oggi sono
oltre 250mila i lavoratori agili in Italia, ossia coloro che godono di
discrezionalità nella definizione delle modalità d’impiego in termini di luoghi, orari e
strumenti utilizzati per svolgere al meglio le proprie mansioni. E sono pari al 7% di
tutti gli impiegati, quadri e dirigenti. Lo dice l’Osservatorio sullo smart
working del Politecnico di Milano, curato proprio da Doxa. «Si tratta di persone
assunte all’interno di aziende perlopiù medio-grandi e grandi, dislocate
prevalentemente nel Nord Italia, in quasi 7 casi su 10 sono uomini (a sorpresa!) e
hanno un’età media di 41 anni» specifica Vilma Scarpino, amministratore delegato di Doxa.

Vantaggi per tutti

Fare lavoro agile significa rimettere in discussione stereotipi relativi a luoghi, orari e strumenti di lavoro consentendo alle persone di
raggiungere una maggiore efficacia professionale e un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Con vantaggi per tutti:


  • imprese, che godono di una attrattività migliore a fronte di un aumento della produttività, di una riduzione dell’assenteismo e degli straordinari e in definitiva di una riduzione dei costi;
  • lavoratori, che a fronte di una maggiore flessibilità si dichiarano più motivati e soddisfatti del proprio work-life balance; seppure lavorino di più: 9 ore al giorno in media contro le canoniche 8 (altra sorpresa!);
  • società, che grazie alla riduzione degli spostamenti dei singoli e del minore impatto ambientale prodotto dalle società ne trae ovvi benefici.

Cosa dice la legge

Nel Jobs Act Autonomi, approvato il 10 maggio scorso
con il via libera in terza lettura dal Senato, riflettori accesi anche sul lavoro agile o smart working. Finora il tutto era regolato dalla contrattazione individuale o aziendale e dunque di secondo livello. Ora c’è una normativa nazionale, che tra le altre misure garantisce stesso stipendio, parità contrattuale e diritto alla disconnessione a chi lavora in remoto. E in molti sono pronti a scommettere che farà da volano allo smart working. Incentivando tassi di crescita ancora più forti rispetto a quelli registrati finora: +40% negli anni tra il 2013 e il 2016.

Largo alla zainocrazia

Ma la zainocrazia va oltre il concetto stesso di
lavoro agile e fotografa un vero e proprio modo d’essere. Quello del nomade
professionale che si districa tra luoghi e mansioni. Anche in qualità di imprenditore
di se stesso, cogliendo le opportunità offerte dal mercato del lavoro. Ovunque
esse si trovino. E, con questa accezione, i 250mila «lavoratori agili» diventano molti,
molti di più. Quanti? Difficile stimarlo. Anche perché non ci sono parametri adeguati
per fare i calcoli. Avere la partita Iva non basta. Quelle attive in Italia stando proprio
al Giornale delle Partite Iva sono 6,2 milioni. Ma il focus non è su quelle. Parola di
Leonardo Previ, docente di Gestione delle Risorse Umane all’Università Cattolica di Milano e autore di «Zainocrazia» (in fase di pubblicazione): «Gli
zainocrati sono i nostri figli, coloro che con l’aiuto di uno zaino sono in grado di affrontare al meglio la volatilità, l’incertezza, la complessità e l’ambiguità dell’odierno mercato del lavoro sfruttando al meglio le proprie capacità fisiche e mentali». E sugli oggetti da mettere nello zaino Previ è categorico: «un mazzo di tessere per i mezzi pubblici, un taccuino, un computer molto leggero e… abbondanza di spazio vuoto».

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