Il 2025 si conferma un anno cruciale per comprendere le traiettorie del lavoro e dello sviluppo professionale. Viviamo un tempo segnato da trasformazioni profonde: tecnologiche, culturali, economiche, ambientali. In un contesto così fluido e sfidante, la capacità di anticipare i cambiamenti e investire sulle persone diventa una priorità ineludibile. Due report internazionali, diversi ma fortemente complementari, offrono strumenti preziosi per leggere il presente e prepararsi al futuro: il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum e il Workplace Learning Report 2025 di LinkedIn Learning. Il primo ci fornisce uno sguardo macro, sistemico, sulle dinamiche del lavoro su scala globale. Il secondo entra nel cuore delle organizzazioni, mettendo a fuoco la centralità dell’apprendimento continuo nei contesti aziendali. Insieme, delineano un quadro chiaro: per affrontare le sfide del futuro non basterà aggiornare strumenti o modelli operativi, servirà un cambio di paradigma che rimetta al centro la persona, la cultura organizzativa e la capacità di apprendere lungo l’intero arco della vita.
Dal WEF tendenze e skill gap
Il cambiamento tecnologico, la frammentazione geoeconomica, l’incertezza economica, i cambiamenti demografici e la transizione green – presi singolarmente e in combinazione – sono tra i principali fattori destinati a plasmare e trasformare il mercato del lavoro globale entro il 2030. Il Future of Jobs raccoglie il punto di vista di oltre 1.000 aziende a livello globale – che rappresentano complessivamente più di 14 milioni di lavoratori in 22 settori industriali e 55 economie nel mondo – per analizzare in che modo queste macrotendenze influenzano i lavori e le competenze, e quali strategie di trasformazione gli employer intendono adottare nel periodo compreso tra il 2025 e il 2030. Il report del WEF rappresenta da anni una delle principali bussole per orientarsi nel mercato. L’edizione 2025 conferma e radicalizza molte delle tendenze già emerse nei cicli precedenti. L’intelligenza artificiale generativa, la digitalizzazione accelerata, la transizione ecologica, le nuove geografie geopolitiche e i cambiamenti nei valori e nelle aspettative delle nuove generazioni stanno rivoluzionando non solo i mestieri ma il significato stesso del lavoro. Non è più solo una questione di tecnologie, ma di capacità umana, relazionale e culturale.
Il gap di competenze: un ostacolo all’evoluzione delle organizzazioni
L’indagine sottolinea un dato allarmante: il 63% dei datori di lavoro individua nei gap di competenze il principale ostacolo alla trasformazione aziendale tra il 2025 e il 2030. La velocità con cui evolvono le skill richieste è oggi superiore alla capacità di adattamento spontaneo delle persone e delle organizzazioni. In altri termini: ci stiamo muovendo troppo lentamente rispetto ai cambiamenti in corso. Di conseguenza, l’85% dei datori di lavoro intervistati intende dare priorità al miglioramento delle competenze della propria forza lavoro, con il 70% che prevede di assumere staff più preparato, il 40% che è propenso a ridurre il personale man mano che le competenze diventano meno rilevanti e il 50% che ha in programma di trasferire i dipendenti da ruoli in declino a ruoli in crescita.
Al centro, dunque, upskilling e reskilling. Secondo le stime del WEF, il 59% dei lavoratori avrà bisogno di formazione entro il 2030. Eppure, c’è un’altra percentuale che inquieta: l’11% rischia di non riceverla affatto. In altre parole, milioni di persone potrebbero trovarsi fuori dal mercato del lavoro per mancanza di strumenti adeguati, non per mancanza di valore. La posta in gioco è altissima, anche sul piano sociale.
Le competenze più richieste nei prossimi anni
Ma quali sono le competenze più richieste nel prossimo quinquennio? Certamente, non solo quelle tecnologiche. In cima alla lista ci sono infatti il pensiero analitico, la resilienza, la flessibilità, la capacità di influenzare e guidare. Sono competenze umane, difficilmente sostituibili, che diventano sempre più cruciali in un mondo dove le macchine sicuramente apprendono, ma non comprendono. Accanto a queste, il report segnala l’importanza della curiosità, della voglia di imparare, della capacità di lettura critica dei contesti tecnologici. Non si tratta più di “soft skill”, ma di competenze essenziali per la sopravvivenza professionale. Al contrario, le skill legate a mansioni manuali o ripetitive risultano in calo. Precisione, resistenza
fisica, abilità meccaniche restano importanti in alcuni ambiti, ma non sono più sufficienti. La sfida è farle evolverle per integrarvi nuove dimensioni, aprire spazi di crescita anche dove la tradizione sembrava regnare incontrastata.
LinkedIn Learning: il ruolo chiave della formazione
Se il World Economic Forum ci offre una fotografia ampia e prospettica, il Workplace Learning Report di LinkedIn Learning ci porta all’interno delle organizzazioni, mettendo in luce il ruolo strategico della formazione. È stato coinvolto un campione a livello globale di 937 professionisti della formazione e delle risorse umane con responsabilità nell’ambito dell’apprendimento e dello sviluppo (L&D), che hanno una certa influenza sulle decisioni di budget, e 679 lavoratori impegnati in attività di formazione. Le 10 competenze più preziose per l’azienda e più difficili da sostituire, ma che si perdono più facilmente a causa del turnover, sono: strategia aziendale; pianificazione strategica; gestione delle vendite; pianificazione dei progetti; gestione operativa; strategia di marketing; management; sviluppo del business; negoziazione e leadership di team.
La crescita delle persone è un must
Un dato emerge con forza: il 91% dei professionisti dell’apprendimento e dello sviluppo riconosce oggi che il life-long learning è fondamentale non solo per fare carriera ma per il successo dell’azienda. Non è più un tema riservato alle HR, ma una vera e propria leva di business. L’88% delle organizzazioni è preoccupato per la fidelizzazione dei dipendenti. Offrire opportunità di apprendimento è la strategia di retention numero uno. In un mercato segnato da dimissioni volontarie, alti livelli di mobilità e crescente disallineamento tra ruolo e aspettative, la formazione si rivela uno strumento potente per generare fiducia, motivazione e senso di appartenenza. Dove manca, aumentano turnover e insoddisfazione. Dove c’è, le persone restano, si sviluppano, fanno crescere l’organizzazione.
Personalizzazione, modelli ibridi ed esperienziali
Non sorprende allora che molte aziende stiano ridefinendo le proprie strategie formative, mettendo al centro percorsi personalizzati, modelli ibridi, apprendimento esperienziale e supporto continuo. Secondo il report, le competenze più a rischio oggi sono quelle legate alla strategia, alla pianificazione, alla gestione delle vendite e dei progetti. Si tratta di capacità complesse, che richiedono tempo per essere sviluppate, e che non possono essere delegate a soluzioni standardizzate. Servono ambienti di apprendimento che valorizzino il talento e creino opportunità di evoluzione reale.
Intelligenza artificiale: minaccia o opportunità?
L’intelligenza artificiale è qui per aiutare. Mentre l’IA sta rivoluzionando le competenze più richieste, sta anche offrendo una tecnologia di apprendimento dinamica, su richiesta e personalizzata, che consente alle organizzazioni di tenere il passo. Le aziende non devono più scegliere tra personalizzazione e scalabilità. E i professionisti dell’apprendimento e sviluppo (L&D) stanno adottando l’IA anche per le proprie attività quotidiane: il 71% sta esplorando, sperimentando o integrando l’intelligenza artificiale nel proprio lavoro.
I manager devono incoraggiare l’apprendimento continuo
Un altro tema che emerge con forza è quello del ruolo chiave dei manager. Le organizzazioni stanno cercando leader capaci non solo di gestire ma di ispirare, creare cultura, costruire contesti in cui l’apprendimento è parte della quotidianità. Una leadership che sappia dunque mettersi in discussione, che riconosca il valore del dubbio, che promuova la crescita come processo collettivo e continuo.