Lavoro: come affrontare la tempesta perfetta

Le nostre organizzazioni devono prepararsi per fronteggiare le principali sfide nel mondo del lavoro. Un prontuario a uso e consumo dei manager
Persone che chiacchierano durante un meeting

Le principali sfide del mondo del lavoro “The future is already here but it’s not evenly distributed”: la citazione di William Gibson, pur legata al tema della fiction, è un buon punto di partenza se vogliamo interrogarci sui modelli organizzativi del futuro. Come sostiene il famoso scrittore statunitense, infatti, basta guardarsi intorno per cogliere già in alcune aziende di oggi le caratteristiche che diventeranno la norma nelle organizzazioni di domani. Il futuro è già in mezzo a noi, è solo inegualmente distribuito.

Sette mega-trend: organizzazioni, siete pronte? L’effetto combinato delle seguenti sette tendenze globali sta esercitando una pressione senza precedenti sia sulle organizzazioni globali che sulle aziende a carattere più locale, fino a toccare le piccole e medie imprese:

  1. l’adozione del lavoro ibrido e il superamento definitivo della presenza fisica richiesta per le attività non strettamente legate alla produzione. Nei contesti organizzativi caratterizzati dal lavoro ibrido, il tema è dove e quando lavorare;
  2. great resignation and quiet quitting. La domanda non è in questo caso dove e quando ma perché e come lavorare. È venuta meno la disponibilità ad accettare qualunque compromesso nell’identificazione con i valori aziendali e nella relazione con il proprio capo diretto. Sono sempre di più coloro che scelgono di dimettersi o di limitare al minimo indispensabile il proprio contributo in un contesto organizzativo in cui non si riconoscono;
  3. impatto delle tecnologie innovative. Tutti parlano di IA, blockchain/Web3 o di quantum computing, ma al di là della fascinazione tecnologica, stiamo ancora comprendendo il loro impatto sui processi, sulla governance e sulle competenze richieste alle aziende;
  4. crescente pressione regolatoria. Uso dei dati, marketing, supply chain, impiego delle tecnologie: non esiste un ambito aziendale o un settore che non sia fortemente normato e soggetto a crescenti adempimenti legati alla compliance;
  5. aspettative verso modelli di business sostenibili e circolari da parte delle istituzioni, consumatori, dipendenti e azionisti. Le aziende con modelli sostenibili sono meglio gestite da un management lungimirante e quindi attraggono maggiori investimenti;
  6. squilibrio del rapporto di domanda e offerta in determinati segmenti del mercato del lavoro. Le organizzazioni si contendono alcune professionalità chiave (e.g. di quanti “data scientist” si ha bisogno e quanti sono effettivamente disponibili)?
  7. volatilità geopolitica ed economica. I conflitti e la spirale inflazionistica mettono in crisi le supply chain di molte aziende e generano smarrimento.

Quattro sfide da cogliere per manager e aziende
Non si tratta solo di sopravvivere, ma di prosperare in un contesto così esigente e imprevedibile. I manager, veri “architetti sociali”, devono perciò progettare le organizzazioni per rispondere a quattro domande chiave:

  1. come riesco a mantenere una motivazione profonda in azienda, così che tutti trovino il senso per assicurare un contributo fuori dall’ordinario?
  2. come riesco a combinare la focalizzazione sull’innovazione con quella sull’efficienza? Come innesco una spinta verso il nuovo e al tempo stesso riduco i costi e gli sprechi? Come sviluppo nuovi modelli di business e operativi capaci di integrare al meglio le esigenze di clienti con quelle delle persone che ci lavorano, massimizzando produttività e competitività dell’azienda?
  3. come costruisco un’organizzazione che superi la centralità di burocrazia e regole, sostituendola con quella delle persone (Hamel e Zanini la definiscono “humanocracy”)? L’obiettivo è andare al di là di obbedienza ed esperienza e sviluppare competenze diffuse di iniziativa, creatività e coraggio.
  4. come rendo un’organizzazione resiliente a tutto tondo, con riferimento cioè ai processi, alla supply chain, ma, soprattutto, agli atteggiamenti dei dirigenti e del personale?

Saper affrontare e risolvere queste sfide non sarà più una scelta ma una necessità. Per riuscirci crediamo che le organizzazioni del futuro dovranno esprimere un livello di eccellenza in tre caratteristiche distintive. Le abbiamo battezzate “superpoteri” organizzativi.

I tre “superpoteri” delle organizzazioni del futuro

I tre “superpoteri” sono altrettanti criteri di progettazione dei modelli organizzativi del futuro. Le scelte sulle strutture, sui ruoli, sui processi, sulla governance e sulle competenze del personale saranno infatti ispirate da tre fondamentali caratteristiche:

  1. il potere del “purpose”: la capacità di unire un’ecosistema di dipendenti, clienti e fornitori intorno a una missione, un significato in cui tutti si riconoscano. Il “purpose” agisce da collante, abilitando una rete di relazioni di fiducia e rafforzando la volontà di percorrere insieme territori inesplorati;
  2. il potere della collaborazione e della diversità: stimolare integrazione, rimuovendo le barriere e i silos organizzativi. La diversità introdotta “by design” garantisce il superamento dei paradigmi aziendali e di settore e l’attenzione ai segnali deboli nel proprio contesto competitivo, generando innovazione;
  3. il potere dell’ownership diffusa e dell’agilità: un’organizzazione che spinga la delega reale al più elevato livello possibile, offrendo tangibili opportunità a tutte le risorse di agire in autonomia, di incidere sui risultati dell’azienda e di rimuovere la complessità inutile. L’investimento sulle competenze conduce a responsabilizzazione, coraggio e leadership diffusa.

Le variabili dei modelli organizzativi del futuro
Riflettendo sulle organizzazioni del futuro, occorre non limitarsi alla struttura organizzativa, ma considerare il sistema dei ruoli, i processi, le competenze e i profili delle risorse, i meccanismi di performance management, le tecnologie impiegate, lo stile di leadership e la cultura aziendale. Le aziende del futuro saranno ispirate dai tre “superpoteri” organizzativi come di seguito (fig. 1):

strategia: le priorità strategiche delle aziende saranno sempre più legate all’acquisizione e monetizzazione dei dati o alla definizione di alleanze con altri attori del proprio ecosistema, per produrre insieme innovazione (da “Open Innovation” a “Federated Innovation”). La spinta verso la sostenibilità trasformerà gran parte dei modelli di business;

struttura: cresceranno decentramento e responsabilizzazione, introducendo strutture organizzative a rete. Ove possibile, le unità organizzative o produttive verranno trasformate in micro-aziende, con la facoltà di individuare e realizzare innovazioni per migliorare la propria profittabilità. Gli staff e le funzioni centrali, se espressione di una burocrazia senza valore aggiunto, verranno messi in crisi e declineranno come dimensione e impatto. In generale, verrà ridotto il numero di livelli gerarchici, rafforzando la tendenza verso le organizzazioni piatte.

people: quale sarà lo stile di leadership che incarna i tre “superpoteri”? Il modello della “servant leadership” basato sulla soddisfazione dei bisogni dei lavoratori, sul coinvolgimento, l’empatia, l’etica e la gentilezza, sarà finalmente dominante. Una delle principali competenze organizzative da diffondere sarà quella della gestione dei paradossi, trovando soluzioni creative a trade-off apparentemente irrisolvibili;

performance management: la tendenza verso il decentramento organizzativo e il valore della collaborazione si tradurrà nella sostituzione dei sistemi di performance management tradizionali, con meccanismi di feedback continuo e provenienti da molteplici attori. La spinta verso le strutture a rete farà crescere la rilevanza di meccanismi di riconoscimento che stimolino l’assunzione di responsabilità imprenditoriale per migliorare i risultati e che determinino una parziale condivisione (anche a livelli operativi) dei profitti generati localmente;

processi: verrà data priorità all’agilità, progettando processi che spingano la delega al livello più operativo possibile, compatibile con la remotizzazione delle attività. Collaborazione e imprenditorialità diffuse avranno bisogno di meccanismi di integrazione tra funzioni non legati alla mediazione del superiore o alle procedure, ma alla fiducia reciproca tra pari, fino alla stipula di veri e propri contratti fondati sull’impegno per il conseguimento di risultati comuni;

tecnologia: le organizzazioni accelereranno la digitalizzazione dei processi e la diffusione di soluzioni digitali per il momento solo emergenti (e.g. IA, blockchain). Il tutto però sarà connotato dal consolidamento di leadership skill e di modelli operativi adeguati a un uso responsabile e consapevole della tecnologia.

Le organizzazioni di oggi in diversi settori che si avvicinano al modello organizzativo presentato in questo articolo (e.g. Haier, Nucor, Southwest Airlines, Vinci) esprimono una performance ampiamente superiore alla concorrenza. Creare un ambiente organizzativo centrato sul “purpose”, sulla collaborazione e sulla responsabilizzazione diffusa non è perciò solo un imperativo etico, ma la via giusta per assicurare risultati economici sostenibili.

Per un approfondimento, “Humanocracy: creating organizations as amazing as the people inside them”, Gary Hamel, Michele Zanin, HBR Press 2020.

Edoardo Monopoli sarà l’ospite del prossimo 30 minuti con… insieme al presidente di Manageritalia Mario Mantovani. Online sui canali social di Manageritalia, giovedì 18 gennaio dalle 12:30 alle 13.

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