Il talento è mio e lo gestisco io

Giusto, ma bisogna prima trovarli, poi motivarli e infine tenerli. Ma non in gabbia. Diciamolo: quello che i manager dovranno essere in grado di fare in futuro in tema gestione risorse umane è tanta roba

Nuove tendenze – Termini di moda
Mentre il purpose perde appeal, tre termini prendono quota in questo pazzo, pazzo mondo dei trend delle risorse umane. Iniziamo dal primo. Employee Experience (EX), che si riferisce all’esperienza del collaboratore o, meglio, di tutto ciò che si sperimenta sul posto di lavoro.

Viene valorizzato abbastanza?
Attualmente, 
negli Stati Uniti si sta formando un movimento attorno all’abbreviazione EX. I sostenitori di Exmanifesto affermano perentori: in futuro, i dipendenti devono essere al primo posto perché sono la risorsa scarsa, non i clienti. Poi abbiamo l’offboarding: in futuro sarà sempre più importante che questa partenza avvenga in modo positivo e apprezzato poiché investire in questo processo produce maggiore fidelizzazione dei talenti e, sì, anche riassunzione dei cosiddetti dipendenti boomerang (che vanno e poi tornano). Infine, abbiamo la Neurodiversità. Curioso termine che, al pari della biodiversità, indica la convivenza e differenziazione delle differenze cognitive dei dipendenti. Non esistono due cervelli uguali e dunque il manager moderno deve usare differenti approcci. Per dire: un nuovo dipendente preferisce leggere il wiki dei dipendenti, un altro vuole che le attività siano spiegate da un mentore.

Talenti in fuga? – Attiva le giuste barriere
1) Riportare la calma in ufficio. E il silenzio. Negli ultimi due anni molte aziende hanno inaugurato nuovi uffici, dove i lavoratori in remoto e i colleghi dovrebbero incontrarsi. Tutto bene, ma spesso il livello di rumore aumenta perché i nuovi locali sono più aperti e c’è più andirivieni. Secondo un sondaggio di HR Magazine, il 52% dei lavoratori teme che il rumore in ufficio li renda improduttivi. Intervenire.

2) Creare più spazio di coworking. Fra gli smart worker, il tasso di turnover è elevato. Il motivo: manca un vero contatto umano e il legame sociale con l’azienda si spezza. Investite in gradevoli spazi di coworking dove i professionisti in remoto possano socializzare e scambiare idee. Consiglio forse banale ma utile dopo l’isolamento pandemico.

3) Pagare retention bonus, moderatiMolte aziende incentivano i loro top performer con bonus una tantum. In singoli casi può avere senso, ma non su larga scala, soprattutto perché se alcuni ricevono un pagamento speciale e altri no, questo provoca insoddisfazione nel team.

4) Ottimizzare il design degli uffici. Durante la pandemia, molti dipendenti hanno imparato ad apprezzare un ambiente di lavoro piacevole a casa e non vogliono tornare in uffici mal progettati. Un buon design prevede: aree per tenere riunioni spontanee, aree per il lavoro concentrato (deep work) e zone di transizione per passare dall’ufficio open space all’area con le cellule pensanti. Banale dirlo, ma bisogna riportare le piante d’appartamento, perché il verde in ufficio abbassa i livelli di stress e la luce del sole in tutte le aree di lavoro. Infine, le forme. Più l’ufficio è “rotondo” meglio è, giacché la sola vista di mobili o elementi decorativi spigolosi produce nel cervello l’ormone dello stress, il cortisolo.

Caccia al candidato – Mi paghi, ma quanto mi paghi?
Cosa c’è da guadagnare qui? Ai giovani candidati della Generazione Z piace andare al sodo e si aspettano un messaggio chiaro al riguardo. Ma non solo loro. L’82% di tutti i dipendenti ritiene che un datore di lavoro debba almeno indicare una fascia di retribuzione in un annuncio di lavoro, mentre il 31% addirittura la cifra esatta. Questo è il risultato di un sondaggio condotto dalla piattaforma di valutazione dei datori di lavoro Kununu in Germania. Insomma, il voto dei candidati è chiaro: basta con la segretezza degli stipendi. La trasparenza salariale è in pieno trend: una misura semplice che porta subito a un maggior numero di candidati quando si fanno inserzioni per ricerca personale.

Strategie di recruiting – Vendere jobs come libri su Amazon
Rendere la ricerca di un posto facile come lo shopping online: questa è la linea guida per il futuro. Molte aziende stanno cambiando radicalmente la propria strategia per il processo di reclutamento copiando le dinamiche e le logiche dell’e-commerce. I posti di lavoro vengono venduti con gli stessi mezzi e modalità con cui Amazon vende libri e Booking vende camere d’albergo. In fondo è semplice: bisogna semplificare le cose per i candidati e sì, trovare un lavoro deve essere facile e intuitivo come trovare un volo su EasyJet. In Germania, molte imprese usano ora servizi come JobShop del provider Talentsconnect che funzionano come un negozio online. Tutto è orientato alla cosiddetta conversione, cioè a trasformare il visitatore in un candidato.

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