Oggi i quadri hanno mercato?
Fabio Ciarapica (managing director PraxiAlliance) «Sì, sono ripartiti anche gli investimenti nelle risorse umane e i quadri sono un buon compromesso qualità/prezzo. Sono anche il più facile primo approccio delle pmi familiari alla gestione manageriale esterna».
Francesca Contardi (managing director Page Personnel Italia) «I quadri hanno sempre avuto mercato, purché siano disposti a essere al passo con i tempi e flessibili nell’approccio. Essere aggiornati oggi è un must per tutti».
Giovanni Pedone (country manager di Lee Hecht Harrison I DBM) «Quello che discrimina nell’avere mercato è lo standing professionale e i quadri italiani oggi ne hanno».
Francesco Tamagni (managing director Intermedia Selection e partner Key2People) «Sì, perché c’è una piccola ripresa e permettono di portare dentro manager con esperienza e potenziale con un costo aziendale accettabile».
Dal vostro punto di vista, com’è percepita e utilizzata questa figura in azienda?
Ciarapica «In molti settori è semplicemente uno status/step di crescita più che un ruolo organizzativo ben definito. Ci sono quadri che sono “super professional” e individual contributor (nella r&d, nell’It…) e altri con ampie responsabilità di budget o people management (realtà produttive o commerciali) e di reporting gerarchico oltre che funzionale».
Contardi «Il quadro può essere il giovane di talento a cui si dà particolare attenzione o il profilo solido su cui l’azienda poggia la sua storia e le sue competenze». Pedone «È una figura destinata a profili ad alto potenziale di crescita professionale con ruoli manageriali, di alta specializzazione o con un mix delle due».
Tamagni «Stanno coprendo responsabilità e aree nuove, anche perché hanno professionalità di recente evoluzione tipo compliance e digital, quasi unicamente reperibili in under 35-40. Poi sono la futura classe dirigente».
E per voi che li cercate e li piazzate, che lavoratori sono?
Ciarapica «Sono profili che necessitano di grande attenzione consulenziale perché spesso fanno la differenza, soprattutto nelle medie imprese italiane. Nelle medie aziende sono spesso l’oggetto principale delle nostre ricer- che: persino i primi riporti dell’imprenditore e della direzione generale sono spesso quadri. Ma si tratta tendenzialmente di junior manager, eventualmente in una fase di passaggio verso la dirigenza».
Contardi «È un profilo interessante che richiede di essere valutato bene. Spesso ha accesso a informazioni confidenziali e rico- pre ruoli chiave. Perdere un quadro a volte fa più male di un dirigente».
Pedone «Sono generalmente bravi e costano meno…».
Tamagni «Sono una “merce” da coltivare perché vanno a coprire ruoli chiave, e quelli di mag- giore potenziale sono la futura classe dirigente».
Il Jobs act ha avuto impatto sui
quadri?
Ciarapica «Temevamo incidesse di più in negativo sulla mobilità, mentre solo nel 10% dei casi i quadri ai quali offrivamo nuove opportunità ci hanno posto la questione».
Contardi «Sui profili più senior e con posizioni stabili abbiamo riscontrato un po’ di reticenza al cambiamento. Su chi è alla ricerca di una nuova opportunità invece è un vero e proprio acceleratore».
Pedone «Può essere un’arma per chi, dovendosi ricollocare, trova nella maggiore flessibilità del contratto a tutele crescenti un’arma in più anche per entrare come quadro».
Tamagni «Non ha inciso in modo rilevante sulle richieste di professionalità da inserire come quadri, anche se il contratto a tutele crescenti è per l’azienda un buono stimolo. Ha forse inciso di più sulla mobilità degli attuali quadri, visto che alcuni temono la minor protezione dell’eventuale nuovo contratto».
I quadri oggi apprezzano questo inquadramento professionale meno o più di prima?
Ciarapica «Per alcuni quadri è un passaggio verso la dirigenza, ma è anche un importante punto di arrivo per chi, magari diplomato e non laureato, magari donna con figli, si è sempre percepito come impiegato di buon livello ma non pienamente manageriale e si autogratifica con un “livello” di riconoscimento, accede a rimborsi sanitari, strutture di formazione manageriale, orario forfetizzato, qualche responsabilità nella gestione di risorse ecc.».
Contardi «Il quadro porta con sé maggiori coperture assicurative, come quelle sanitarie, e rappresenta il gradino tra l’impiegato e la dirigenza. Quindi l’apprezzamento è lo stesso, anzi, viste le migliorie apportate, direi anche più di prima».
Pedone «È un inquadramento molto apprezzato perché conferma il riconoscimento dell’alta professionalità e questo è un dato a mio avviso in aumento. In alcune aziende i quadri hanno stipendi ben superiori ai minimi contrattuali dei dirigenti».
Tamagni «Oggi diventare quadro rappresenta un obiettivo fondamentale perché significa raggiungere una posizione di responsabilità e può rappresentare il passaggio naturale per una futura dirigenza».
C’è comunque sempre e forte la tendenza a fare il salto verso la dirigenza?
Ciarapica «Sì, in particolare in alcuni settori (professional service, financial service), per i talenti più giovani e dinamici, entro i 40. Tendenza per cui lo status di quadro per certi aspetti/ruoli è un po’ un limbo, una zona di confine nell’assunzione di responsabilità di risorse, budget, persone. Quindi, lo status dirigenziale è ancora un target per i laureati in economia con percorsi lineari e magari alle spalle genitori manager baby boomer. Ma la tendenza alla dirigenza e al suo “mito” di status sociale anno dopo anno è un po’ mitigata, anche perché è sempre più facile subire l’espulsione nei casi sempre più frequenti di ristrutturazioni, m&a».
Contardi «Tutti vogliono diventare dirigenti, per status, stipendio potenziale, per coperture sanitarie e quanto connesso all’inquadramento o al vissuto storico. Devo ancora incontrare qualcuno che rifiuti un passaggio di questo genere».
Pedone «Solo in parte, considerando che oggi ciò che rappresenta la differenza tra i due inquadramenti è il perimetro di ruolo e di responsabilità, che per i quadri è in aumento orizzontale, per i dirigenti sempre più selettivo e orientato a posizioni apicali. In altre parole, sempre più spesso i quadri possono coprire posizioni di middle management, al confine quindi con inquadramenti dirigenziali, viceversa, per i dirigenti, è necessario muoversi in modalità verticale e su posizioni/ruoli di vertice».
Tamagni «Il salto alla dirigenza è meno automatico rispetto a circa dieci anni fa. Solo i migliori e quelli di potenziale possono ambire all’agognato obiettivo della dirigenza».